Ger 14, 17-22 – A Te, Signore apro l’anima mia

Ger 14, 17-22 – Domandiamo al Signore il perchè dei nostri fallimenti

Martina Franca 27.07.1982

COME SI PREGA

(Ger 14, 17-22)

 

 

Questa mattina ci fermeremo sul passo della S. Scrittura del profeta Geremia, che prendo come modello di preghiera. Attraverso questo passo vedremo cosa dobbiamo fare quando preghiamo e cosa dobbiamo dire.

Divido questo passo in due parti: nella prima parte il profeta, rivolgendosi al Signore, espone la situazione in cui si trova; nella seconda parte prega.

 

I. Esporre la situazione in cui ci si trova

 Quando preghiamo dobbiamo presentarci a Dio ed esporre la situazione attuale dell’anima nostra.

In questo brano il profeta presenta a Dio lo stato di abbandono in cui versa il popolo d’Israele. Gerusalemme non era stata conquistata dai nemici, ma era stata circondata e assediata. Il profeta si presenta al Signore e gli dice: siamo circondati, assediati dai nostri nemici, non c’è acqua perché ce l’hanno tolta, non c’è mangiare perché rifornimenti non ne arrivano!

          “I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti  di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame”  (Ger 14, 17-18). Pensate che i genitori uccidevano i bambini piccoli e se li mangiavano!

          “Anche il profeta e il sacerdote (nei quali il popolo aveva messo tanta fiducia) si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare” (Ger 14, 18).

C’è la desolazione, non sanno che cosa dire.

Ecco la nostra preghiera! Esponi al Signore la situazione in cui ti trovi, non aver vergogna di raccontargliela e non ripiegarti sul fatto che il Signore sa tutto. La preghiera è un colloquio con Dio, per cui devi parlare con Dio, devi dire le tue cose, ciò che oggi ti attanaglia, ciò che oggi ti preoccupa.

II. Pregare

 Il secondo aspetto non è più l’esposizione dei fatti, ma è la preghiera.

Per ottenere da Dio bisogna fare pressione e mettere in evidenza determinati suoi attributi.

Ecco il modo di procedere del profeta, che noi possiamo prendere come modello. Se le nostre cose vanno male, dice Geremia, la causa può essere duplice: o è del Signore o è nostra. Certamente non è del Signore, perché per fede il profeta e noi sappiamo che Dio è Amore, e poiché è amore ama sempre.

Il profeta non mette in dubbio l’amore di Dio, quindi la causa di questo male non è sua.

          “Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion?”. La risposta è negativa, perché Dio ci ama, ci amava e ci amerà.

          “Perché ci hai colpito, e non c’è rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, l’ora della salvezza ed ecco il terrore!” (Ger 14, 19).

Poiché non dipende da Dio, la causa siamo noi. Il profeta riconosce subito che quando c’è interruzione di acqua, di abbondanza di grazia tra la sorgente, Dio, e il prato, che siamo noi, certamente è guasto l’acquedotto. Esclude che si sia esaurita l’acqua della sorgente, perché Dio è amore e continua ad amarci, per cui se questo amore non arriva a noi, la colpa non è sua, ma è nostra, non è della sorgente, ma dell’acquedotto che è stato interrotto. L’abbiamo rotto noi per mezzo del peccato. E allora, affinché la benedizione di Dio torni a scorrere attraverso l’acquedotto e giunga a noi, dobbiamo ripararlo. Dobbiamo riparare il peccato.

La prima riparazione è riconoscere il peccato, poi chiedere perdono.

Il profeta dice: “Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità, l’iniquità dei nostri padri” (Ger 14, 20).

Basta riconoscere? No, perché il peccato deve essere scontato da qualcuno. Abbiamo peccato contro di te, ti chiediamo perdono!

          Una volta riconosciuta la causa dell’interruzione, il profeta prega il Signore, facendo leva su alcuni attributi di Dio, e li elenca:

 

1. La fedeltà:

“Signore, per il tuo nome non abbandonarci, non rendere spregevole il trono della tua gloria. Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi” (Ger 14, 21).

Tu sei un Dio fedele, e allora mantieni la parola che hai dato a questo popolo.

 

2. Il secondo attributo sul quale il profeta fa leva nella preghiera è la signoria universale di Dio su tutte le creature.

          “Forse fra i vani idoli delle nazioni c’è chi fa piovere? O forse i cieli mandano rovesci da sé? Non sei piuttosto tu, Signore nostro Dio?” (Ger 14, 22).

Tu sei Dio e Signore, tutto dipende da te, perché tu sei il Signore!

 

3. Noi abbiamo fiducia in te perché oltre ad essere Signore, sei il Creatore, l’Onnipotente.

          “In te abbiamo fiducia, perché tu hai fatto tutte queste cose” (Ger 14, 22).

Il profeta non insegna a Dio, né gli suggerisce quello che deve fare, ma soltanto lo stuzzica, dicendo: Tu ci ami! Noi abbiamo peccato e ti chiediamo perdono, ma tu sei fedele, sei Signore, sei Creatore. Noi abbiamo fiducia in te; quello che tu disponi sarà sempre per il nostro bene, e noi avremo di nuovo tutti quei benefici che una volta ci hai dato.

Questa è la preghiera: schematicamente esporre le proprie necessità del giorno. La nostra preghiera di ogni giorno cambia, perché la situazione di un giorno è diversa dalla situazione del giorno precedente.

Poi far pressione, togliere la causa dell’inimicizia tra l’uomo e Dio, che è il peccato, chiedere perdono.

Diciamogli: Signore, ti riconosco Creatore e ti adoro; ti riconosco Signore e ti ringrazio; ti riconosco fedele alla parola data e aspetto da te tutto ciò che nel tuo amore crederai buono per me. Signore, confido solo in te. Se c’è da aspettare aspetterò, se c’è da avere avrò, se c’è da non avere non avrò, ma certamente tu mi vuoi bene. Da te aspetto ogni cosa.

 

III. Alcuni esempi di preghiera

Nella S. Scrittura troviamo due esempi di preghiera: il Padre nostro e la preghiera sacerdotale di Gesù.

Il Padre nostro Gesù lo insegnò agli apostoli quando gli chiesero: Signore, cosa dobbiamo chiedere al Padre? Come dobbiamo pregare? E Gesù insegnò, con un tocco della sua sapienza infinita, a esporre le esigenze di ogni giorno, sia verso Dio, sia verso se stessi, sia verso il prossimo. Ecco perché si chiama preghiera universale!

Ci sono delle istanze che l’uomo deve presentare a Dio nell’interesse di Dio, e delle istanze che deve presentare a Dio nell’interesse suo e del prossimo.

Istanze di ogni giorno sono: venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà; sia santificato il tuo nome! Come pure sono istanze di ogni giorno: dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori; non ci indurre in tentazione; ma liberaci dal male. Sono le esigenze di ogni giorno dell’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Un uomo, in qualsiasi parte del mondo si trovi, deve sempre dire: dammi da mangiare, perdona il mio peccato, allontana da me il male e fammi fare sempre il bene.

          Il secondo esempio di preghiera è quella che Gesù ha fatto nell’ultima cena, con cui ci ha insegnato a chiedere, oltre alle esigenze di carattere universale, le esigenze del momento. Poiché lasciava la terra e andava al cielo, compiva la missione e lasciava gli apostoli, Gesù ha presentato al Padre nella preghiera la tristezza sua, la tristezza dei suoi apostoli, le preoccupazioni del presente, le preoccupazioni del futuro, il ringraziamento per la missione compiuta e i suoi desideri nel tempo. Questa è la preghiera.

Rendete attuale la vostra preghiera, elevate la vostra mente a Dio, chiedendo non delle cose astruse, ma quelle cose che oggi vi preoccupano, quelle cose di cui oggi avete estremo bisogno.

 

          CONCLUSIONE

L’attualità della preghiera non consiste nel prendere un libro e leggere una determinata formula, ma nell’elevare a Dio la propria mente, nel presentare la propria situazione, la propria posizione e nel chiedere la soluzione di quei problemi di cui si sente la necessità.

          Ci sono delle preghiere che la Chiesa ha messo sulla bocca di tutti i fedeli e che noi recitiamo a memoria ogni giorno, perché riguardano esigenze universali di tutti gli uomini che stanno in tutti i luoghi della terra e di tutti i tempi. Ecco perché possiamo farle ogni giorno senza cambiarle mai. A questa categoria appartiene il “Padre nostro”, mentre con la preghiera spontanea, presentiamo a Dio le esigenze particolari.

Un consiglio posso darvi: quando recitate quelle preghiere che sapete a memoria e che ripetete ogni giorno, dove ci sono le esigenze universali, cercate di applicare la mente alle parole che dite, perché non siano soltanto delle parole, ma abbiano un contenuto.