Gesù, mite e umile di cuore, rendi il mio cuore simile al Tuo – Mt 13, 18-23

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

27.07.1990

 

LA PAROLA DI DIO

DEVE ESSERE CAPITA E TESTIMONIATA

PRIMA DI ESSERE ANNUNZIATA

(Mt 13, 18-23)

Nella parabola del seminatore Gesù sottolinea che da parte degli ascoltatori la sua parola può essere compresa o non compresa.

 

  1. La strada sono coloro che non comprendono la Parola

La parola “comprendere” comporta: la partecipazione dell’intelligenza per capire la Parola di Dio, e la partecipazione della volontà, perché dopo averla capita va messa in pratica

Non comprendere significa ascoltare la parola e non capirla. E Gesù in questa parabola dice che lo fa apposta a non farsi capire, quindi l’uditorio non ha colpa, perché lui parla in una forma tale che l’uditorio non deve capire.

L’uditorio quando non capisce può avere due atteggiamenti: o non capisce la Parola e non si dà da fare per capirla, dunque non la potrà mai mettere in pratica; o non la capisce e si dà da fare per capirla, e allora interroga o studia.

Il vero discepolo capisce la Parola e la fa; il discepolo falso, capisca o non capisca la Parola, non la mette in pratica.

 

  1. Il terreno sassoso sono gli incostanti a causa della tribolazione

Molti incominciano l’azione ma non la finiscono perché sono incostanti. La difficoltà dell’incostanza è data proprio dal problema del dolore, dal problema della sofferenza.

Io non sono ancora arrivato alla mentalità di Dio, il quale dice: Beati coloro che soffrono! Io ho ancora la mentalità del mondo che dice: Povero te, che soffri! Quindi non considero la tribolazione, l’afflizione, il dolore come un dono di Dio, ma come una maledizione di Dio, di un Dio che mi perseguita perché ho peccato, e questo peccato non me lo perdona mai, perché mi fa sempre soffrire. Lui ha detto che me lo perdona, ma praticamente mi bastona continuamente.

Perché sono incostante? Perché quando le cose vanno bene, ascolto la Parola e la faccio, ma non appena le cose non vanno bene, cioè viene una tribolazione, una sofferenza, una persecuzione, il dolore, lascio tutto perché sono convinto che Dio benedice coloro che lo servono. Poiché la sofferenza non è una benedizione di Dio, secondo la mia mentalità, allora lascio tutto.

È qui che dobbiamo capirci. Non è Dio che cambierà, egli ha detto: Beati coloro che soffrono!, e lui non cambierà la frase; non cambierà né la frase né il contenuto della frase.

 

  1. Il terreno spinoso sono coloro che sono soffocati dalle preoccupazioni del mondo

Il mondo è sempre posto nel maligno. Tutto ciò che è nel mondo, dice san Giovanni: è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita. Questo è il mondo. Quindi il mondo sono tutti coloro che seguono le massime del mondo, che sono in contrapposizione col vangelo. Essi dicono: Beati i ricchi; mentre Gesù dice: Beati i poveri! Beati coloro che godono; invece Gesù dice: Beati coloro che sono afflitti!

Il mondo quando si trova dinanzi ai discepoli del Cristo, subito prende un atteggiamento di persecuzione. La paura di essere perseguitati da coloro che non condividono il nostro pensiero non ci fa mettere in pratica la Parola di Dio. Questa è la preoccupazione del mondo, la prima preoccupazione: evitare la persecuzione.

Come pure il mondo per assimilarci a sé c’incensa, ci accarezza, ci stima, ci loda. Se tu invece non fai come dice il mondo, ecco allora la preoccupazione di perdere la stima, il fumo della vanità. Tutto ciò non ci fa mettere in pratica la Parola di Dio.

Un altro modo con cui il mondo ci attanaglia è la derisione. Per non essere derisi nel fare il segno di croce prima di mangiare, per non essere derisi per la parola del vangelo detta, per non essere derisi, non parliamo, non diciamo, non facciamo. Questa è la preoccupazione del mondo.

Vi sono certi momenti in cui per non essere derisi non mettiamo in pratica la Parola di Dio.

 

  1. Il terreno buono sono coloro che comprendono la parola e la mettono in pratica

Coloro che ascoltano la parola di Dio e la comprendono producono ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta. Queste parole mi consolano! Al Signore non interessa che io produca cento, cioè la quantità. Non ci darà la ricompensa per la quantità, ma per il bene fatto. Infatti sia quello che ha portato cinque, quattro, tre, due, tutti hanno avuto la stessa ricompensa. Se è stato biasimato qualcuno lo è stato colui che non ha portato niente.

 

CONCLUSIONE

Una cosa sola io vi chiedo: impegnatevi non solo nell’ascolto della Parola di Dio, ma nel capire la Parola di Dio, perché sulla vostra volontà sincera di fare ciò che Dio vuole, io ci conto.

La parola deve essere capita, voluta e amata, cioè fatta passare per il cuore. Solo allora la dovete portare sulla bocca, perché la parola capita e voluta è fredda, ma la parola voluta, capita e amata è calda, tanto calda che porta nell’altro la facilità di farla. Se questi e quelli l’hanno fatto, perché non posso farlo anch’io?

È nella meditazione che noi approfondiamo ogni singola parola di Dio, la vogliamo e l’amiamo. Dopo che l’avete fatta passare per il cuore, cacciatela fuori nell’annuncio, perché quell’annuncio sarà veramente annuncio divino, perché Dio è amore.

Annunciate la Parola di Dio con lo stesso amore con cui Dio l’ha data a noi.