Noi uomini amiamo il peccato ma condanniamo il peccatore… Dio ama i peccatori ma detesta il peccato! – Mt 18, 3

da un ritiro ai terziari minimi tenuto da P. Francesco Chimienti O.M.

Cassano  07.10.1990

LA PENITENZA

“Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”            

(Mt 18, 3)

introduzione

Mi è stato detto di parlarvi della spiritualità minima. È un argomento colossale! Immaginate se si può parlare in tre meditazioni! Io le chiamo meditazioni e non conferenze, perché non sono né conferenze né istruzioni, sono meditazioni. Sono venuto per darvi una parola di salvezza, una parola di fede, perché dobbiamo cambiare la vita. Non sono venuto a darvi nuove idee! La prima cosa che vi voglio dire come introduzione, è questa: La spiritualità del terziario è la spiritualità minima. Così si chiama la spiritualità di san Francesco di Paola, perché è un fondatore, ha lasciato un’orma, ha tracciato una strada per arrivare al cielo. È una strada diversa da quella dei Francescani, dei Domenicani, dei Gesuiti, dei Passionisti. Questa strada è l’esercizio del carisma, del dono, della virtù della penitenza.

Il Minimo arriva al cielo esercitandosi soltanto nella virtù della penitenza, il Benedettino esercitandosi nella virtù dell’obbedienza, il Francescano nella virtù della povertà. Questo si deve considerare, quando si deve fare una scelta di spiritualità, come l’ho fatta io. Veramente l’ho fatta perché Dio mi ha chiamato, non l’ho fatta perché l’ho voluto io. L’ha voluto Dio, mi ha portato sulla strada di san Francesco di Paola, poi ho camminato. Adesso da grande ho capito che cosa Dio voleva da me. Mi è piaciuta, l’ho percorsa, la sto percorrendo e voglio arrivare anch’io, attraverso la penitenza, alla meta della carità.

La carità è una virtù che deve essere esercitata da tutti gli uomini, da tutti gli Ordini religiosi, da tutte le Congregazioni, perché non si distinguono per la carità. Noi Minimi vogliamo la carità! Ma anche i Gesuiti vogliono la carità, anche i Francescani vogliono la carità, perché Dio è carità. Quindi tutti dobbiamo raggiungere la meta della carità, che è Dio, il possesso di Dio nel paradiso, dove saremo eternamente felici.

Nel medesimo tempo però la carità non è solo una meta, perché si confonde con Dio stesso che è carità, ma è anche una strada. Questa strada e questa virtù della carità, la devono esercitare tutti, quindi anche il Minimo, anche se il Minimo deve esercitarsi in modo specifico nella virtù della penitenza. Questa è la strada che noi abbiamo preso.

Mi potreste dire: perché voi frati Minimi dite continuamente che le virtù di san Francesco di Paola sono tre: l’umiltà, la penitenza e la carità?

Per farmi capire vi porterò l’esempio dell’albero. L’albero ha delle radici, ha un tronco con dei rami e poi ha dei frutti.

La penitenza, per san Francesco di Paola, è un albero che affonda le sue radici nella virtù dell’umiltà. Se non c’è l’umiltà non ci può essere il tronco della penitenza. Il tronco a sua volta ha tre rami, perché la penitenza è una virtù che il cristiano deve esercitare per togliere il peccato, per custodirsi dal peccato e per riparare il peccato.

Il primo ramo è la conversione: lasciare il peccato. La prima penitenza è lasciare il peccato.

Il secondo ramo è la mortificazione: custodirsi dal peccato. Ho lasciato il peccato e non lo voglio fare più, perché se lo lascio e lo ripiglio, sto sempre allo stesso punto, non faccio penitenza. Invece mi mortifico e riduco il mio corpo in schiavitù, diceva san Paolo, affinché non avvenga, che dopo aver predicato agli altri di lasciare il peccato, cada io nel peccato. Il Minimo non solo lascia il peccato, ma si custodisce dal peccato per mezzo dell’altro ramo della penitenza che è la mortificazione.

Il terzo ramo è la riparazione: pagare per il peccato. Ogni debito si paga, perché chi rompe paga! Ho peccato, devo pagare! Il peccato si paga per mezzo della riparazione. Ho peccato io, e riparo io! Ha peccato un mio fratello, e per un atto di carità verso il mio fratello che ha peccato e non vuole riparare, ha dei debiti e non vuole saldarli, pago io col mio portafoglio, con i miei meriti, le mie mortificazioni. Il Signore ha misericordia del mio fratello, perché io ho pagato.

L’albero deve portare il frutto. Il frutto dell’albero della penitenza è la carità. Il Minimo fa penitenza perché in questo modo ama Dio e ama i fratelli.

La riparazione è il massimo dell’amore dell’uomo nei riguardi di Dio, soprattutto del Dio incarnato, del Dio crocifisso.

Nel 1700 il Crocifisso, sotto l’aspetto del Cuore di Gesù, apparve a S. Margherita Maria Alacoque e le disse: Figlia mia, tutti mi crocifiggono, ripara almeno tu!

Chi si mette sulla linea della riparazione – e noi Minimi ci dobbiamo mettere sulla linea della riparazione – la prima cosa che deve fare è consolare il Cuore di Gesù. Gesù continua a soffrire nel Getsemani e dice a Pietro, a Giacomo, a Giovanni e agli altri apostoli che ha lasciato nella grotta: Figli miei, aiutatemi almeno voi! Aiutatemi, perché la mia anima è triste fino alla morte!

Consolare il Cuore di Gesù, non è amore? Pregare e riparare per i fratelli non è amore? È il massimo dell’amore: è salvare il fratello che non vuole salvarsi, è pagare il debito che il mio fratello non vuole pagare. Dire fratello significa dire: il marito, la moglie, il figlio, la figlia, la nuora, il cognato, il nonno, la nonna. Non pensate alla Cina, ma a casa vostra! Non è amore questo? Quindi il frutto della penitenza è l’amore.

Chi fa penitenza, vive nell’amore, spende la sua vita nell’amore di Dio e del prossimo.

Noi Minimi vogliamo testimoniare la penitenza: che è lotta, conversione, morte al peccato; che è mortificazione, per non permettere al peccato che è uscito dalla porta di entrare dalla finestra; che è riparazione del peccato, sia per noi e sia per i nostri fratelli.

Ecco l’albero: la radice è l’umiltà; il tronco è la penitenza, che si manifesta con questi tre rami: conversione, mortificazione e riparazione; i frutti sono le opere di carità verso Dio e verso il prossimo.