Ci fidiamo di un uomo qualunque e non vogliamo fidarci di Dio? – Lc 9, 59-62

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

DIO CONTINUA A CHIAMARE

(Lc 9, 59-62)

I. perché l’uomo non sempre risponde alla chiamata di dio

 Il primo problema che ci poniamo è questo: Dio chiama, e su questo non c’è da discutere.

Questo vangelo è applicabile alla chiamata universale alla salvezza, alla santità, ma anche alla vocazione specifica. Io vi parlo della vocazione specifica.

Se il Signore chiama, perché sono pochi quelli che rispondono alla chiamata di Dio?

In questo vangelo Gesù dice che non tutti rispondono alla sua chiamata.

Le ragioni della mancata adesione alla chiamata sono due: gli uomini sono poco generosi, e inoltre ragionano troppo.

Con Dio non si ragiona, e bisogna essere generosi.

  1. L’uomo ragiona troppo

 Non dovete credere che il Signore non chiami. Le parole che disse san Giovanni Bosco: su tre persone, due sono chiamate e una no, sono vere. Il 66% è chiamato, però in realtà chi risponde alla chiamata è appena il 5%. Perché ? Perché si ragiona. L’uomo ha l’intelligenza e vuole misurare le cose di Dio col suo metro e pensa: Se faccio questo passo come sarà la mia vecchiaia? Quando cadrò ammalato, che cosa succederà? Se rinuncio alle ricchezze, come farò? Se poi viene l’occasione di sposarmi?

Questi tentennamenti dell’uomo sono contenuti nel vangelo. Quando quell’uomo disse a Gesù: Lascia che io vada a seppellire mio padre, il Signore non glielo concesse. Quando quell’altro gli disse: Permettimi che io vada a salutare mio padre, Gesù non glielo concesse.

Su queste cose l’uomo ragiona e dice: Perché non devo andare a salutare mio padre e mia madre? Se ho le ricchezze, perché le devo lasciare?

  1. L’uomo non è generoso

 Il Signore è drastico, è senza compromessi, e all’uomo chiede tutto, però l’uomo non è generoso e non lo segue. Dio chiede tutto, dice di lasciare papà, mamma, fratelli, sorelle, case, affetti, per dedicarsi soltanto a lui. Questa generosità è di pochissimi. L’uomo pensa che è meglio gustare e vedere quello che ha, anziché sospirare quello che non ha, e allora non risponde a Dio, non perché Dio non l’ha chiamato, ma perché ragiona e non è generoso.

Se farete tutti gli esami psicologici sulla chiamata di Dio e, soprattutto sulla risposta dell’uomo, vedrete che egli non risponde affermativamente all’invito di Dio a seguirlo perché ragiona troppo e perché è poco generoso.

II. cosa comporta la risposta alla chiamata

La risposta alla chiamata di Dio comporta, prima di tutto, rinunzia, poi generosità nella donazione. Questi atti non sono soltanto del primo momento, ma sono di sempre e devono essere sempre mantenuti per mezzo della perseveranza.

  1. Rinunzia

 Quando decidete di seguire Gesù, non rinunziate solo all’inizio a determinate cose per poi riprendervele, ma vi rinunziate per sempre, e dovete rinunziare sempre. Quindi, una volta che generosamente abbiamo donato tutto al Signore, questa donazione e questa rinunzia devono continuare, altrimenti si tradisce la risposta affermativa alla chiamata di Dio.

Ce lo ha detto con tanta chiarezza il Signore: Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso. Chi vuol venire dietro di me deve rinunziare a suo padre, a sua madre, ai suoi fratelli, ai suoi figli e ai suoi nipoti, a tutto ciò che ha, a se stesso, altrimenti non può essere mio discepolo. Va’, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi.

Gesù ci parla di rinunzia, ci dice di rinunziare a tutto quello che abbiamo, infatti se rinunzieremo a tutti i beni e a noi stessi, avremo Dio, avremo l’amore. Quindi la rinunzia iniziale, così come la donazione, deve continuare per tutta la vita.

  1. La donazione

 La donazione non deve riguardare solo i beni esterni, ma anche quelli interiori come la volontà, l’intelligenza, il cuore e tutto se stessi. Non bisogna lasciare per se stessi niente. La donazione deve essere totale e generosa, cioè non deve avere limiti. Come l’amore di Dio verso l’uomo non ha limiti, così la risposta dell’amore dell’uomo verso Dio non deve avere limiti.

Io capisco che chi ha detto al Signore: Io dono tutti i miei averi e tutto me stesso a te, possa peccare, però deve poi dire: Signore, abbi misericordia di me! Deve riconoscere di non essere stata in linea per un minuto, per una giornata, per dieci giorni, per un anno con Dio. Io capisco il peccatore, ma non ho mai capito la giustificazione del peccato, così come non la capisce Dio.

Dio non accetta che l’uomo sbagli e non chieda perdono a nessuno, né agli uomini, né a Dio. Quindi, che noi possiamo peccare, pur avendo detto al Signore: Ti dono tutto, è umano; però se la nostra donazione non è stata totale, non dobbiamo giustificare questa nostra mancanza.

Giustificare gli atteggiamenti sbagliati è contro il Vangelo, è contro Dio, è contro Gesù; ecco perché poi Dio abbandona l’anima. La strada dell’uomo e quella di Dio diventano immediatamente non soltanto divergenti, ma opposte: l’uomo se ne va a Nord e Dio segue la sua via verso Sud; l’uomo va verso Est e Dio va verso Ovest. E poi finiamo col non capirci più.

Gesù non ha detto: Io verrò appresso a te, ma ha detto: Se tu vuoi venire appresso a me! Non tu devi dettare le leggi a me, ma io devo dettare le leggi a te! Non tu devi mettere le condizioni a me, ma io devo mettere le condizioni a te!

Ecco perché la realizzazione della vocazione è donazione, ma è anche rinunzia; è sempre rinunzia. Noi ci troveremo sempre nella rinunzia, fino alla morte.

Se una volta avete gustato la donazione nella gioia, e io mi auguro che l’abbiate gustata più di una volta nella gioia, non dovete credere che la vedrete sempre nella gioia. Tante volte la vedrete nella pena. Però sappiate che la sofferenza della rinunzia deve essere offerta a Dio, così diventerà un amore sofferto, un amore accetto al Signore, che si tradurrà in abbondanza di grazie sull’anima che ha rinunziato e accettato.

La donazione deve essere totale e senza restrizioni, quindi il Cristo deve essere seguito incondizionatamente e totalmente. Potremo peccare, però, con la stessa semplicità con cui abbiamo peccato, dobbiamo poi dire: Signore, misericordia!

CONCLUSIONE

Oggi noi abbiamo cantato l’inno della misericordia di Dio e sappiate che il Signore dimentica tutto, ci perdona e ci considera sempre suoi figli, perché ci ama di un amore infinito. Egli ci dà la mano come se niente fosse stato. Non dovete pensare che, dato che pecchiamo, diminuisce il suo amore verso di noi. No, quando contestiamo, quando mettiamo le condizioni a Dio, egli continua ad amarci, ma noi facciamo sì che il flusso di amore e di misericordia di Dio, che dovrebbe inondare la nostra anima, trovi un ostacolo, che è l’ostacolo della nostra tirchieria, della nostra volontà, del nostro peccato. E allora, anche se Dio continua ad amarci, noi non riceviamo questo suo amore.

Si diventa santi, grandi santi, peccando e chiedendo perdono a Dio mille volte al giorno; invece chi si ferma al suo peccato, dicendo: La vita spirituale non è fatta per me, si dispera e i disperati vanno a finire come Giuda impiccati. Lo sconforto è un atto di sfiducia, e la sfiducia lega le mani all’onnipotenza divina. Noi niente siamo; se saremo qualche cosa lo saremo per grazia di Dio, però Dio vuole il nostro sì.

È vero che la santità dipende da Dio, però tu devi dire il tuo sì al Signore e devi collaborare con lui. Per avere la luce, che c’è, devi solo premere l’interruttore, non devi aspettare senza far niente, che Dio ti salvi. Che aspetti? Non ha detto Gesù che tutto dipende da lui, se tu vuoi? Quindi, questo atto iniziale di volontà, che ogni giorno devi ripetere, è tuo, è tutto tuo; è la collaborazione. Quando questa collaborazione non è totale, deve diventare totale, almeno nell’aspirazione. Quando sbagliate dite: Signore, perdonami!

Abbiamo tanta strada da percorrere. Fino a quando non morremo avremo sempre la possibilità di tendere verso la totalità. E ricordatevi: non mettete condizioni a Dio, la sequela è senza condizioni, la cambiale è firmata in bianco. È lui che vi darà la perfezione; è lui che ci dirà che cosa vuole giorno per giorno da noi. A noi interessa dire soltanto: Signore, io farò quello che tu mi dici!