La sofferenza ti cambia: in meglio o in peggio: decidi! – 1Cor 1, 17-25 – Mt 25, 1-13

Mt 25, 1-13 – Le vergini sagge

Mt 25, 1-13 Le dieci vergini

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Grottaglie, 16. 9. 1990

 

l’esaltazione della croce

Le due concezioni della croce o della sofferenza

 

“Noi predichiamo Cristo crocifisso,

scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani….

mentre è potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 23-24)

 

  I. la sofferenza è da rifiutarsi perché ripugna all’uomo

 

  1. La sofferenza ripugna all’uomo

          Il primo concetto che dovete avere è che la sofferenza ripugna all’uomo, per cui quando vi lamentate della sofferenza, non fate altro che dimostrare di essere uomini, perché questa ripugnanza è secondo natura.

È contro natura dell’uomo soffrire e morire, ma soprattutto morire in croce.

è contro natura perché Dio non ci aveva creato per soffrire, né per morire. Infatti c’è un passo della sapienza che dice: “Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita” (Sap 11, 26).

Vi dico questo per consolarvi perché, di tanto in tanto, mi venite a dire: Padre, io non ho accettato la sofferenza con gioia.

E chi l’accetta con gioia? è contro natura soffrire! Chi è eroica, o è un angelo, può dire: Accetto la sofferenza con gioia!

La sofferenza e quindi la morte, è venuta sulla terra per intervento del demonio, come ci ha rivelato la S. Scrittura.

Adamo ed Eva, le prime due creature create da Dio, erano felici. Il demonio, per invidia, tentò l’uomo al male e lo fece peccare, per cui Dio è intervenuto e l’ha punito.

Dio aveva detto all’uomo:-  Se tu trasgredisci il mio comando, morrai.

Adamo ed Eva trasgredirono il comando di Dio e morirono               (cf Gen 2, 3).

La morte è stata la punizione del peccato.

Per il diavolo, che è la causa remota, è venuta la morte; ma la causa prossima della morte è il peccato. Infatti per il peccato è venuta la morte.

Quando vedete morire qualcuno dovete dire: Ha peccato e deve morire. Due soltanto non dovevano morire: Gesù e Maria; due soltanto non dovevano soffrire: Gesù e Maria, però essi, per la nostra salvezza, per riparare il nostro peccato, accettarono la nostra sorte, che è la sofferenza e la morte.

La sofferenza e la morte sono la conseguenza logica del peccato, per cui vi potete lamentare solo a una condizione: che non abbiate peccato. Ma se avete peccato dovete accettare la sofferenza e la morte come punizione di Dio, dovuta a chi ha trasgredito il suo comando.

 

  1. La sofferenza è stata ripugnante anche per il Cristo

 È  il secondo pensiero di consolazione che vi do.

Non pensate che Gesù fosse allegro, quando soffriva. La sofferenza e la morte furono ripugnanti anche per Cristo che è Figlio di Dio, ma anche vero uomo.

Dice la S. Scrittura che nell’orto del Getsemani, durante l’agonia, quando Gesù soffriva sofferenze immense, soprattutto nella previsione della morte in croce, “cominciò a provare tristezza e angoscia”(Mt 26, 37).

“Cominciò a sentire paura e angoscia” (Mc 14, 33).

“In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”(Lc 22, 44).

 I tre evangelisti parlano di angoscia. Se Gesù ha avuto paura della morte e della sofferenza, se ha provato l’angoscia per la sofferenza e la morte, se è stato preso da grande tristezza per la sofferenza e la morte, che meraviglia dovete avere voi se avete paura di morire? Se siete prese dall’angoscia o dalla tristezza, quando vi viene il pensiero della morte?

 

  1. Il Cristo crocifisso è scandalo per i Giudei

          I Giudei non hanno accettato il servo sofferente di Jahve, di cui parla Isaia al capitolo 50.

Essi non hanno accettato il Figlio di Dio crocifisso, perché dicevano: è uno scandalo che il Figlio di Dio sia crocifisso! Non è possibile che ciò avvenga!

 

Ricordo che quando ero giovane e studiavo filosofia, venne all’Angelicum di Roma, un ebreo convertito, Zolà, che ci fece una conferenza su come si era convertito al cristianesimo. Aveva creduto al Cantico del servo sofferente di Jahve.

Egli diceva: Ciò che è stato descritto dal profeta Isaia si è avverato in Cristo, come si racconta nel Vangelo.

Quello che aveva detto, ottocento anni prima della nascita di Gesù, Isaia, si è avverato in Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria.

 Neppure Pietro voleva accettare il Cristo crocifisso; infatti quando Gesù parlò della sua crocifissione, perché disse: Andremo a Gerusalemme e il figlio dell’uomo sarà preso, flagellato, coronato di spine, crocifisso, ma al terzo giorno risusciterà (Cf Mt 16, 21), Pietro esclamò: Dio te ne scampi, Signore, questo non ti accadrà mai” (cf Mt 16, 22).

 Neanche i due discepoli di Emmaus avevano accettato il Cristo crocifisso; infatti, la mattina della domenica della risurrezione dopo aver lasciato il Cenacolo per ritornare ad Emmaus, quando incontrarono il Cristo, come viandante sconosciuto, dissero: Noi credevamo che Gesù fosse il Figlio di Dio e lo abbiamo seguito perché doveva restaurare il regno di Israele, ma purtroppo l’hanno preso, l’hanno crocifisso, è morto, è stato sepolto e sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute (cf Lc 24, 21).

 La sofferenza non si accetta, per cui quando entra o nell’anima nostra o prende il nostro corpo o entra nella nostra famiglia, diventa scandalo e diciamo: Come mai il Signore permette la sofferenza a casa mia? E nella preghiera diciamo: Signore, non avvenga mai che la sofferenza entri in me o a casa mia!

 

4. Il Cristo crocifisso è stoltezza per i pagani

          Per coloro che non avevano la S. Scrittura, e che non avevano sentito parlare del servo di Jahve, cioè del Figlio di Dio che si doveva incarnare per salvare il popolo d’Israele, che rappresentava tutta l’umanità, la crocifissione del Figlio di Dio, per salvare gli uomini e restaurare la giustizia e la carità, era stoltezza. Per i pagani la morte in croce del Cristo non era scandalo, ma stoltezza, perché pensavano:- è da sciocchi agire così, perché non si vince l’avversario umiliandosi, ma lo si vince combattendo; non si comanda agli altri ubbidendo, ma si comanda facendo eseguire ciò che si pensa e si vuole anche con la forza; non si vincono le
battaglie con le sconfitte, ma con la potenza e la prepotenza.

In altri termini, non si vince con l’impotenza, ma si vince con la prepotenza. Non ci si impone agli altri subendo le umiliazioni; ma ci si impone imponendo le umiliazioni! Per cui, quando hanno saputo che il Cristo si è umiliato fino alla morte e alla morte di croce, e che umiliandosi ha obbedito, e dinanzi ai suoi nemici non ha reagito, anzi si è fatto prendere, si è fatto incatenare ed ha subito gli schiaffi, gli sputi e l’incoronazione di spine, hanno detto: Questi non è il Figlio di Dio, è uno sciocco! Se, avendo in mano tutte le armi per annientare l’avversario, si è fatto annientare è stato uno sciocco!

 

 II. la sofferenza è da accettarsi

         La fede ha cambiato la sofferenza, che ripugna all’uomo, in strumento di consolazione e di merito.

Abbiamo visto che la sofferenza, secondo natura, ripugna, quindi non vi spaventate se vi ripugnano la sofferenza e la morte, sia vostra che dei vostri parenti, però adesso la fede ci dice che questa sofferenza diventa strumento di consolazione e di merito, dunque si deve accettare.

Gesù a Pietro che alla manifestazione della sua passione e morte diceva: “Mai sia, Signore” rispose. “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”(Mt 16, 23).

La prima concezione della sofferenza, che essa è scandalo e stoltezza, è la concezione degli uomini; la seconda concezione, che la sofferenza è strumento di consolazione e di merito, è la concezione di Dio. Bisogna fare una scelta: schierarsi o con gli uomini o con Dio. Le parole di Gesù ai due discepoli di Emmaus sono state: “Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti”.

La parola dei profeti è luce sul nostro cammino; è una parola vera ed eterna. Chi l’accetta è saggio, chi non l’accetta è stolto. Chi l’accetta è docile di cuore, chi non l’accetta è testardo di cuore.

“Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24, 25-26).

In poche parole Gesù li chiama stolti e tardi di cuore nel credere e poi aggiunge che per entrare nella gloria dei cieli, nel Paradiso, è necessaria la sofferenza. Poiché Gesù voleva entrare nella gloria dei cieli, ha accettato la sofferenza; poiché voi volete entrare nella
gloria dei cieli, dovete accettare la sofferenza. Non c’è gloria senza sofferenza.

Diceva S. Agostino: “Per crucem ad lucem”, cioè accettando la sofferenza della croce, si entra nella gloria del Paradiso.

 La fede ci dice: “Beati gli afflitti, perché saranno consolati” (Mt 5, 4).

”Beati voi, quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”(Mt 5, 11-12).

Se soffrirete sarete consolati e avrete dei grandi meriti in cielo.

 

         conclusione

 La Missionaria è una Minima che vive di fede.

Se non vive di fede è un’attrice, è una buffona, è una pagliaccia. Mi dovete scusare, ma non vi dico queste cose per offendervi; ve le dico con sincerità. Siamo tutti cristiani, ma tutti ci guardiamo bene da vivere da cristiani. Io, che su determinate verità dico di essere seguace di Gesù Cristo, quindi cristiano, vivo come seguace di Cristo? Devo rispondere di no, perché ho diversi problemi da risolvere come l’amore ai nemici, che io ancora non accetto! Sono un buffone!

L’altra domenica, parlando della correzione, Gesù mi disse di correggere il mio fratello, se gli voglio bene; ma io non lo correggo. è questa un’altra verità che non mi entra intesta, perché tutte le volte che ho corretto un fratello sono diventato suo nemico; sono diventato anche nemico delle mie figlie, immaginate degli altri!

Un’altra verità che mi è difficile da accettare è quella del Vangelo di oggi: perdonare e perdonare sempre, sapendo che il mio fratello continuerà ad offendermi e continua ad offendermi.

Adesso stiamo parlando della croce e della sofferenza, però io non l’accetto da cristiano. Sono un buffone.

Noi siamo Missionari della Parola di Dio; noi andiamo a proclamare ad alta voce agli altri il pensiero di Dio, e il messaggio più comune che proclamiamo è proprio quello della croce: “Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16, 24).

Non si può accettare il cristianesimo, se prima non si accetta la croce, tanto è vero che gli esegeti dicono che S. Paolo,  all’Aeropago di Atene, fallì nel suo discorso, non solo perché aveva parlato con parole difficili, letterarie e sapienti, secondo la sapienza del mondo, ma soprattutto perché non aveva parlato della croce, non aveva detto che il Dio ignoto è venuto sulla terra e per salvarci è morto in croce. Aveva avuto vergogna di parlare della croce, così come io ho avuto vergogna di parlare della croce perché dicono che l’auditorio non è preparato per questo discorso.

Noi dobbiamo fare necessariamente il discorso della croce, perché nel nome di Cristo crocifisso siamo stati battezzati, nel nome di Cristo viviamo nella grazia con tutti i sacramenti, e nel nome di Cristo crocifisso noi morremo.

Nel nome di Cristo crocifisso siamo liberati dal peccato giorno per giorno quando andiamo a Messa; quindi come facciamo a non parlare del Crocifisso? Se però parliamo di lui e della necessità della sofferenza per entrare nella gloria e per salvarci, ma poi non accettiamo questo messaggio, mettendolo in pratica, siamo buffoni.

Non vi dico che dovete accettare la sofferenza con gioia, perché la gioia è un dono di Dio; ma vi dico di accettare la sofferenza e di offrirla a Dio.

Se la Minima vive di fede, è coerente con ciò che dice, è trascinatrice nell’apostolato, è serena, è felice, è gioiosa!

È la Parola di Dio tradotta in vita, che distingue il cristiano di fatto; ma se siamo tutti ascoltatori che si guardano bene da tradurre in pratica la Parola di Dio, il nostro cristianesimo è un cristianesimo da palcoscenico. Proclamiamo una verità, però, dopo scendiamo dal palcoscenico e facciamo tutt’altro, agiamo diversamente da ciò che abbiamo annunciato.

 

  1. Fate l’esame di coscienza

Chiedetevi: Quale concezione della croce io ho accettato: quella degli uomini, per cui mi lamento, critico, mormoro, borbotto, rifuggo la sofferenza e mi credo maledetto quando soffro, o quella di Dio?

Sono di scandalo ai miei fratelli con le mie parole, cioè parlando male della sofferenza, imprecando e dicendo dinanzi alla sofferenza: “Mai sia Signore! Che questo non mi avvenga mai?

Sono di scandalo con la mia vita, quando non accetto la sofferenza? Sono stolto e tardo di cuore nell’accettare le parole della fede? O sono sapiente e dico: Signore, tu l’hai detto e io lo faccio?

Le parole della fede mi consolano nelle sofferenze della vita o mi innervosiscono e mi fanno ribellare?

 È un piccolo esame di coscienza che dovete fare, per vedere se accettate la sofferenza o se la rifiutate.