Crediamo ai segni che Dio ci dà – Mt 12, 38-42


da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

23.07.1990

CHI NON CREDE

CHIEDE I SEGNI DA DIO

(Mt 12, 38-42)

“«Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno». E Gesù rispose: «Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta»” (Mt 12, 38-39), cioè la risurrezione. Morrò, sarò sepolto, ma poi risorgerò.

1.   Chi crede non ha bisogno di segni

Chi chiede un segno? Chi non crede. Chi crede fa come crede, non ha bisogno di segni, perché la fede è basata sull’autorità di colui che parla.

Se noi chiediamo dei segni non consideriamo colui che parla come Dio che dice sempre la verità, che non ci può ingannare né c’inganna. L’uomo di fede segni non ne chiede mai.

La Vergine Santa non ha chiesto il segno, ma a lei lo ha dato l’arcangelo Gabriele, perché Dio aveva sulla Madonna un disegno di amore, e non solo per lei, ma anche per la cugina Elisabetta. Dopo aver accettato la maternità divina la Vergine è andata ad aiutare e a servire la cugina Elisabetta e a portarle la grazia del Cristo.

Chi crede non chiede un segno, tanto è vero che santa Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, disse: Beata te che hai creduto alla parola del Signore.

La fede è di colui che crede che Dio è santo ed è veritiero, e non ha bisogno di segni.

Il segno non è una realtà, ma è un effetto della realtà, per cui, attraverso un ragionamento, vedendo l’effetto possiamo andare alla causa. Io non ho visto la persona che ha preso la boccia e l’ha tirata, però vedendo la boccia scorrere sul terreno è segno che c’è stato uno che l’ha lanciata.

La bandiera non è la patria, è un pezzo di stoffa, però attraverso questo pezzo di stoffa io, facendo un ragionamento capisco che dietro c’è una patria.

Il fumo non è il fuoco, però se c’è del fumo c’è certissimamente del fuoco.

L’odore di arrosto non è l’arrosto, ma è segno di una realtà che io non vedo. Quindi, attraverso un piccolo ragionamento, io arrivo alla realtà.

          2.   Il segno è per chi è nel dubbio, non per chi non è sincero

Per chi è necessario il segno? Per chi è nel dubbio. È sincero nell’accostarsi a Dio, però su delle cose che dice Dio è in dubbio. Il Signore interviene, e attraverso i segni fa conoscere la sua volontà.

Ad esempio, Dio continua a chiamare uomini e donne alla vita consacrata, ma per accorgersi della vocazione Dio dà dei segni, che noi chiamiamo segni vocazionali, perché Dio nessuno lo vede, nessuno lo sente.

Perché Gesù non risponde con dei segni ai suoi contemporanei? Lo dice lui stesso: è una generazione malvagia e adultera. In altri termini non erano andati da Gesù, perché erano sinceri ma non erano sicuri che lui avesse instaurato il nuovo regno, il regno del nuovo testamento e che fosse il Figlio di Dio; non volevano seguire il Cristo.

Qual era la ragione? La malvagità.

Il malvagio è colui che non accetta il programma di Dio, ma segue il suo programma, che è in contrasto col programma di Dio: i dieci comandamenti.

Il malvagio non è il peccatore, perché il peccatore è colui che accetta i dieci comandamenti, ma non riesce a metterli in pratica.

Ricordate l’intervento straordinario del Crocifisso di Siviglia? Si trattava di un peccato gravissimo, l’omosessualità. Il sacerdote voleva che questo peccato non lo commettesse più, però quell’uomo continuava a peccare e a chiedere perdono a Dio, non perché non voleva redimersi, ma perché era debole di fronte al peccato. Ecco perché il Cristo disse: Non sei morto tu per lui, sono morto io per lui. E io ti assolvo!

Quando l’uomo è peccatore dev’essere sempre assolto, perché sinceramente riconosce la sua colpa e ne chiede perdono a Dio per cui ritorna nella grazia di Dio.

Qui si tratta, dice Gesù, di malvagità, cioè di quelli che hanno fatto una scelta, la scelta di seguire il demonio e non intendono cambiare vita.

Un’altra ragione è l’adulterio.

Disse Gesù: Io il segno non ve lo darò, perché siete una generazione adultera.

L’adultero è colui che ha scelto una moglie, ha professato il suo amore imperituro a questa donna però di tanto in tanto la lascia e va da un’altra, e nessuno sa che se la intende con un’altra, lo sa soltanto Dio; gli altri lo sanno quando lo colgono in fallo.

L’adultero non è colui che lascia la moglie e se ne va con un’altra donna per tutta la vita, quello è il divorziato. Il divorziato è anche un adultero. L’adulterio è di un momento, di un giorno, non è uno stato.

Nei riguardi di Dio noi siamo adulteri. Abbiamo scelto Dio, gli abbiamo dato il nostro amore, ma nel medesimo tempo nella tasca abbiamo un idolo.

Vi racconto l’episodio dei Maccabei. Giuda Maccabeo attaccò battaglia contro i suoi nemici. Lui ogni volta che attaccava battaglia vinceva sempre e vinceva con il minimo delle perdite. Un giorno, nel nome di Dio, attaccò battaglia contro i suoi avversari e vinse. I suoi nemici furono sbaragliati, ma lui rimase sorpreso dal fatto che molti soldati erano morti. Fece guardare cosa avessero nelle tasche i soldati morti e furono trovati degli idoli. Nessuno immaginava che adorassero, oltre al vero Dio anche un’altra divinità, per questo Dio li aveva abbandonati.

Anche voi dovete emendare il pensiero da quelle idee, che non sono peccato ma che hanno in sé tare di una ingiustizia mentale non gradita a Dio. L’azione è buona, però l’intenzione non è retta, è interessata, e Dio non la gradisce. È una tara ingiusta: o la fai per Iddio questa azione o la fai per gli uomini. Se questa azione la fai apparire come fatta per Iddio e invece hai una seconda intenzione, sei adultera.

CONCLUSIONE

L’ingiustizia mentale Dio non la gradisce, perché lui dice: Io sono il Signore Dio tuo e non avrai altro Dio al di fuori di me. Difatti Gesù lo dice: Io sono Giona, io sono Salomone, anzi sono più di Giona, sono più di Salomone! Se dovete amare qualcuno dovete amare il vostro Dio; se dovete amare qualcuno dovete amare il Cristo, non il Padre, perché io sono una creatura che lo rappresenta, ma non sono il Cristo.