Risplenda su di me il tuo volto – Os 14, 2-10 – Mc 12,28b-34

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Mc 12,28b-34 – Fare penitenza per amare Dio e il prossimo

Mc 12,28b-34 – Il fine della Quaresima è amare di più il Signore

Mc 12, 28-34 – Amare Dio con tutto il tuo cuore

 

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca 21.03.1993

 

EFFETTI DELLA GRAZIA

 

“Grazie a me tu porti frutto”

(Os 14, 9)

 

         Introduzione

 

Il termine frutto nella Bibbia ha vari significati:

 

  1. Frutti di opere buone

Dice il libro della Sapienza: “Il frutto delle opere buone è glorioso” (Sap 3, 15).

Il frutto che deriva dalle opere buone che noi facciamo, è glorioso.

Dice san Paolo: “Io prego perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona” (Col 1, 10).

Lavorare senza frutto, non vale la pena.

 

  1. Frutti di conversione personale e dei fratelli

Ogni frutto spirituale di conversione, sia la conversione personale che la conversione dei nostri fratelli, dipende dalla nostra unione con Dio.

San Giovanni Battista, parlando alla folla e preparandola all’avvento del Cristo, diceva: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira imminente?Fate dunque opere degne di conversione” (Lc 3, 7-8).

I frutti della conversione sono: pregare, mortificarsi per non cadere un’altra volta nel peccato, riparare il peccato commesso.

 

  1. Meriti per il cielo

Lavorate, fate del bene, però per ricavare dei meriti per il cielo; altrimenti a che vale lavorare?

Gesù, per farci capire questo concetto, ci ha raccontato la parabola dei talenti che troviamo in Mt 25, 14-30.

Di questa parabola vi sottolineo due espressioni:

 

  • La frase detta dal Signore al servo che ha fatto il bene: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25, 21).

Il Signore gli ha detto: Quel poco che hai fatto, adesso te lo trovi per il cielo, cioè hai acquistato meriti per il cielo.

 

  • La frase detta dal Signore al fannullone, a colui che non aveva fatto fruttificare niente: “Il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 25, 30).

 

I.  Il Signore vuole i frutti e punisce colui che non porta frutti

 

  1. Il Signore vuole i frutti

Il Signore vuole dall’anima nostra i frutti. Gesù infatti ci ha raccontato la parabola del fico, che troviamo in Luca:

         “Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno, affinché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai” (Lc 13, 6-9).

Quindi il Signore vuole frutti spirituali da noi, altrimenti ci punisce.

A questo proposito san Paolo dice: “Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto?” (1 Cor 9, 7).

Avete mai conosciuto un contadino che ha piantato una vigna, un albero o che ha seminato e poi non ha voluto il frutto? E così è per il Signore. Se ci ha creati, se ci ha messi nel mondo e ci ha dato la vita e tanti talenti, vuole da noi anche il frutto.

Gesù nella parabola dei vignaioli e della vigna, dice proprio questo: Il regno dei cieli è simile ad un re che aveva delle vigne e le consegnò ai vignaioli affinché le lavorassero e raccogliessero. Ogni anno mandava qualcuno per raccogliere i frutti, per avere anche lui la sua parte. Ma i vignaioli, prima bastonarono un servo e poi uccisero gli altri. Allora, a suo tempo, inviò il figlio prediletto a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna (cfr. Mc 12, 1-6).

 

  1. Il Signore punisce chi non porta frutti

Dio ci ha creati e ci ha dato l’intelligenza, la vita, la volontà, il cuore e tutti i beni che noi abbiamo e che possiamo constatare giorno per giorno, però vuole che lavoriamo e che portiamo frutti, perché, se non fruttifichiamo per il Regno dei cieli, saremo puniti come leggiamo nell’episodio del fico.

         “Avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche frutto; ma giuntovi sotto non trovò altro che foglie. Non era infatti, quella la stagione dei fichi. E gli disse: «Nessuno possa più mangiare i tuoi frutti»” (Mc 11, 13-14).

Non esiste il fuori stagione per raccogliere frutti di vita eterna! Tutti gli esegeti dicono che questa azione del Cristo è stata un’azione simbolica. Se egli non ha perdonato il fico per non aver prodotto i frutti fuori stagione, immaginate se può perdonare noi, che non produciamo ogni giorno dei frutti per la vita eterna!

         Gesù ancora dice: “Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3, 10).

Non soltanto il Signore vuole frutti, ma frutti buoni; perché noi possiamo produrre anche frutti cattivi, cioè il male, mentre il Signore vuole il bene.

Nell’ultimo giorno della sua vita terrena, nell’ultima cena, Gesù disse queste parole: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo toglie”          (Gv 15, 1-2).

È vero che ogni frutto spirituale dipende dall’unione con Dio, però dobbiamo produrre frutti spirituali, perché Dio li vuole, dobbiamo produrre sia frutti di opere buone, che frutti di conversione, che frutti di meriti per il Regno dei cieli. Dio li vuole, tanto è vero che se non produciamo il bene, se non fruttifichiamo giorno per giorno, vivendo la vita che il Signore ci ha dato, ce ne chiederà conto e ci punirà.

 

 

II. iI frutto delle opere buone principalmente dipende da Dio e secondariamente dalla collaborazione dell’uomo

 

  1. Tutto dipende da Dio

Ogni opera buona deve incominciare nel nome di Dio, deve continuare nel nome di Dio e terminare nel nome di Dio.

Dice la S. Scrittura: “Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù” (Col 3, 17).

E ancora: “Tutto proviene dal Signore” (Sir 11, 14).

   “Grazie a me tu porti frutto” (Os 14, 9).

   “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).

   “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere” (1 Cor 3, 6).

Ognuno compie quell’azione che Dio gli ha affidato, ma chi dà la fecondità è Dio. Tutto dipende da Dio, non si può fare a meno di Dio, non si può escludere Dio dalla nostra azione spirituale e quindi dalla nostra fecondità spirituale.

Quando lavorate nel campo dello spirito, dovete lavorare come se tutto dipendesse da Dio, ma dovete lavorare pure come se tutto dipendesse da voi.

Dal punto di vista teologico noi diciamo che la causa principale è Dio, mentre la causa secondaria siamo noi. Quindi principalmente il frutto spirituale di conversione, o di opere buone, o di meriti dipende da Dio, ma secondariamente dipende dalla collaborazione dell’uomo. Dio non può produrre opere di bene senza l’uomo, come pure l’uomo non può produrre opere di bene senza Dio.

Di questo vi dovete convincere quando fate il catechismo, quando fate l’apostolato, quando volete la conversione dei peccatori, quando volete guadagnare meriti.

La prima cosa di cui vi dovete preoccupare è di essere in grazia di Dio, tanto è vero che l’essere in grazia di Dio è una condizione essenziale che la Chiesa chiede per acquistare l’indulgenza plenaria o parziale. Infatti la Chiesa chiede la Confessione, la Comunione, cioè l’unione con Dio, e la preghiera per il Sommo Pontefice da unire all’opera di bene con cui dà l’indulgenza plenaria. Ma senza di Lui, non possiamo fare niente.

 

  1. Tutto dipende dall’uomo

Il frutto delle opere buone secondariamente dipende dalla collaborazione dell’uomo.

Le parole che a tal proposito ha detto Gesù nell’ultima cena, sono chiarissime: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo… Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano” (Gv 15, 1. 4-6).

Quindi ogni frutto spirituale dipende dalla nostra unione con Dio. La collaborazione dell’uomo consiste perciò nel non staccarsi mai dal Cristo, nell’essere sempre innestati nel Cristo.

Poiché l’uomo può perdere la grazia di Dio in qualsiasi momento, deve stare attento a non perderla, ma se la perde deve subito confessarsi per riacquistarla e reinserirsi nuovamente nella vite come tralcio vivente.

L’essersi staccato dalla vigna e l’essersi seccato, non è un’operazione che, fatta una volta, non può essere più rimediata.

Infatti il tralcio secco può essere sempre ripreso da terra e reinnestato di nuovo nella vite, per mezzo della confessione.

Dice il Signore: Rimanete in me e porterete molto frutto.

Quando nell’apostolato si fa leva sulla propaganda, sul saper fare, sul saper parlare, sui volantini, sulla stampa, sull’altoparlante, sui films e su altri mezzi umani, come se fossero gli elementi principali della conversione, si compie un errore gravissimo. Invece se si parte da Dio, si continua con Dio e si arriva a Dio, certamente si portano frutti.

 

  1. La fecondità dipende dall’unione con Dio

Quando io vengo a sapere che una parrocchia va male, deduco che in casa non si vive la grazia di Dio, perché se gli apostoli non vivono la grazia di Dio, cioè non sono uniti a Dio, non producono frutti di opere buone, non producono frutti di conversione. Un ramo non potrà mai produrre un frutto da se stesso, deve essere innestato in una qualche cosa che gli dia vitalità. Ma se è staccato da questo qualche cosa, che si chiama causa principale, non ha vitalità.

Io ricordo che da giovane per la nostra formazione spirituale c’era un libro intitolato: “L’anima di ogni apostolo”. Leggendo il libro si capiva che l’anima di ogni apostolo è la preghiera, la vita di grazia, la confessione, la meditazione, la Messa, il rosario, cioè l’unione con Dio.

L’abate Sciotar, in questo libro dice: Non potete fare l’apostolato, se prima non vi inserite nel Cristo. Dopo che vi siete inseriti nel Cristo potete incominciare a lavorare, diversamente siete morti e produrrete opere di morte. Invece con la grazia di Dio siete vivi e produrrete le opere dei vivi.

Da quando la Chiesa ci ha dato la possibilità di leggere la S. Scrittura, abbiamo capito questa verità, dalle frasi: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).

         “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere” (1 Cor 3, 6).

         “Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può far frutto

da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Chi rimane in me fa molto frutto” (Gv 15, 4-5).

Più chiaro di così Gesù non poteva essere! Non illudetevi, tutti i giorni che stando in disgrazia di Dio andate a fare l’apostolato, voi producete opere di morte.

Se non date vocazioni all’Istituto significa che siete morte o che state per morire. La dottrina della Chiesa dice che la vitalità di una Parrocchia, di una Associazione, di un Istituto si misura dalle vocazioni che produce. La vitalità della vostra vita spirituale si deduce dalle vocazioni e dalle conversioni che producete.

 

 

III. L’azione di Dio e la preoccupazione dell’uomo

 

  1. L’azione di Dio

Dice la S. Scrittura: “Ogni tralcio che porta frutto, il Padre lo pota perché porti più frutto” (Gv 15, 2).

L’azione di Dio nell’anima, affinché porti frutto è un’azione di potatura, cioè è un’opera di sofferenza, di purificazione, di prova, di contraddizione, di angoscia.

L’azione di potatura è la mortificazione con cui Dio vi toglie qualche cosa di superfluo, e anche se ci fa gemere, questa operazione produce in seguito molti polloni vitali.

Quando il contadino in campagna pota gli alberi, li taglia tanto che sembra averli distrutti; ma non appena arriva la primavera, subito vedete che da quei rami germogliano tanti altri rami, che sono tutti vitali e portatori di frutti. Invece se non avviene la potatura i rami ci sono, ma non producono frutto.

 

  1. La preoccupazione dell’uomo

La preoccupazione dell’uomo deve essere che il frutto rimanga, che il frutto non sia sciupato.

Dice Gesù: “Io vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16).

Quale apostolato fate? Apostolato di fuoco di paglia o di fuoco di carboni? Se è fuoco di carbone rimane, se è fuoco di paglia fa una vampata e tutto finisce lì.

Se volete misurare il frutto della missione nella vostra parrocchia, dovete aspettare degli anni, non potete nello spazio di un mese dire: la Missione è riuscita o la missione non è riuscita. Se ci sono frutti oggi, domani e sempre, allora la missione è riuscita; se ci sono stati frutti oggi che si è fatta la missione, ma domani e dopodomani no, la missione non è riuscita.

         Non staccatevi mai da Dio, siate sempre inserite in Dio! Fate meno azioni, ma più orazione, più preghiera; meno chiasso, ma più unione con Dio; meno opere esterne, ma più opere di vita interiore. Non trascurate mai la Messa, la Comunione, la Confessione, l’Adorazione, il Rosario.

Se volete diminuire qualche cosa, diminuite le ore di apostolato, ma non diminuite mai, nemmeno di un minuto le opere che vi uniscono a Dio, che vi portano a Dio e che vi comunicano Dio, perché tutta la vitalità spirituale non dipende dalla propaganda, come avviene per i frutti del commercio, ma dipende dalla intima unione con Dio. Più sarete unite a Dio e più produrrete, meno sarete unite a Dio e meno produrrete.

 

 

         CONCLUSIONE

 

Concludo la meditazione con un esame di coscienza:

  • Vivi sempre in grazia di Dio, per produrre frutti di opere buone e meriti per il cielo?

Se non c’è l’unione con Dio, anche se fate opere buone, sebbene queste vi darebbero diritto a dei meriti, non guadagnerete meriti per il cielo.

 

  • Se perdi la grazia, ti preoccupi di confessarti subito o rimandi? Sei convinta che tutto dipende da Dio e che tutto dipende

dalla tua unione con Dio?

  • Sei preoccupata di unirti sempre più intimamente a Dio, per essere feconda nell’apostolato?

Una cosa è essere uniti a Dio e un’altra è essere più uniti a Dio. Più unione c’è, più fecondità c’è! In altri termini una cosa è mettere all’oceano della grazia di Dio, che è infinito, un tubo della portata di un litro al minuto e un’altra cosa è mettere un tubo da dieci litri al minuto, o da cento litri al minuto, o da duecento litri al minuto. Più intima unione sta con Dio, più potenza di grazia di Dio manda il vostro tubo e arriva alle anime e quindi rende fecondo il vostro apostolato.

 

  • Sei impegnata a lucrare ogni giorno l’indulgenza plenaria?

Con l’indulgenza plenaria ciò che non sei riuscita a fare con le opere buone, lo fai per mezzo dei meriti infiniti di Gesù Cristo, per mezzo dei meriti della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi. I meriti del Cristo e dei Santi suppliscono alle tue deficienze.

Oppure non lucri l’indulgenza plenaria, perché hai sonno, sei stanca, non ce la fai?

 

  • Fai le tue cose in segreto per non perdere i meriti per la vita eterna?

Gesù ci ha detto che perdiamo i meriti, la ricompensa per il Regno dei cieli, se facciamo le opere buone per essere lodati e per essere ammirati dagli uomini, per essere visti e per far vedere. Invece chi fa le opere buone in segreto, riceve dal Padre la giusta ricompensa.

La vanagloria fa perdere i meriti per la vita eterna, perché il demonio, accarezzandovi, dicendovi: Quanto sei buona, quanto sei bella, quanto sei cara!, vi toglie i meriti.

 

  • Sei convinta che nella vita spirituale tutto dipende da Dio?

E se tutto dipende da Dio, metti Dio al primo posto? Per te Dio è l’unico Signore o ce n’è qualche altro?

 

  • Collabori con Dio per ottenere il meglio?

Accetti come una grazia l’azione di Dio in te? Poiché l’azione di Dio in noi avviene per mezzo della sofferenza, accetti questa azione di sofferenza?

Hai eliminato la seconda intenzione, che ti fa perdere tutti i meriti? Quante volte facciamo una stessa azione per la gloria di Dio e la nostra gloria! E questa nostra gloria fa perdere tutto. Eliminate la seconda intenzione, che tutte avete?

Nell’apostolato ami l’eclatante, il fuoco di paglia per comparire o l’azione continua e perseverante?

Sei sempre unita al tuo Dio?

         A questi interrogativi risponderete con sincerità, dinanzi a Gesù Sacramentato!