Viviamo per amare… una scommessa vincente! – Ef 4, 1-6 – Lc 12, 54-59

Ef 4, 1-6 – Come vivere le diverse vocazioni che ogni uomo ha

Ef 4, 1-6 – La ricetta di Dio per vivere in pace

Lc 12, 54-59 Come mai non sapete valutare questo tempo

Lc 12, 54-59 – Il tempo della misericordia

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca, 1982

LA RICETTA DI DIO PER VIVERE IN PACE

(Ef 4, 1-6)

Questa mattina mi fermo sulla lettera di san Paolo agli Efesini, perché qui è tracciato con poche ma sapienti parole, perché è parola di Dio, il programma per vivere in pace in famiglia, sul lavoro, in parrocchia, sempre.

         Che cosa dobbiamo fare per vivere in pace? Io penso che il sospiro di ogni uomo è proprio questo: stare in pace, vivere in pace.

Vi ripeto le parole di Paolo, che sono le parole di Dio, non di un uomo: “Vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza” (Ef 4, 1-2). Le parole di un uomo potrebbero essere vere o non vere, ma le parole della sapienza divina certissimamente sono vere. Chi uniforma la sua vita a questo programma, certamente vive in pace.

  1. Vivere da cristiani

“Vi esorto, dice san Paolo, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto”.

Qual è la vocazione che avete ricevuto? Siete stati chiamati ad essere cristiani, e i primi cristiani ci tenevano a distinguersi dai pagani, vivendo nell’amore e vivendo in pace; tanto è vero che i pagani, guardandoli dicevano: Guardate come si amano!

Voi dite: Padre, siamo tutti cristiani! Purtroppo dobbiamo dire che non siamo per niente tutti cristiani. Io vengo da una grande parrocchia, come è quella di San Francesco di Paola di Taranto di 12.000 abitanti e di 12.000 battezzati, ma i cristiani sono appena 1.500. Anche in questo luogo c’è tanta gente, ma solo voi ascoltate la messa, mentre gli altri mangiano, bevono, dormono e della domenica non se ne importano proprio per niente, quindi sono pagani. Non voglio giudicare gli altri, per carità; sto ripetendo il pensiero di san Paolo che dice che dovete comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto. Avete accettato il cristianesimo? Il cristianesimo è osservanza dei dieci comandamenti, è osservanza del vangelo. Un buon cristiano va orgoglioso di osservare i dieci comandamenti, non se ne vergogna. Sa difendere la sua fede, ma soprattutto vive la sua fede!

Questo è il primo punto, per vivere in pace: vivere da cristiani. Che il Signore abbia misericordia di noi e degli altri!

  1. Essere umili

Il secondo mezzo per vivere in pace è, dice san Paolo: vivere con ogni umiltà, con ogni specie di umiltà, con l’umiltà di pensiero, di parola e di azioni.

Gesù è stato il portatore della pace. Anzi, Paolo ha chiamato Cristo: la pace. Del popolo pagano e del popolo d’Israele, Cristo ha fatto un solo popolo. Egli è la pace, non soltanto ha portato la pace.

Se volete vivere in pace, dovete vivere con ogni umiltà.

         Il fondamento dell’umiltà è considerarsi inferiore agli altri. Se a casa vostra vi considererete inferiori a papà, a mamma, ai fratelli e alle sorelle, voi sarete elemento di pace. Se invece vi considererete superiori a qualcuno ci saranno sempre liti. Chi vuole comandare, o perché è più grande, o perché è più bravo, o ha un titolo di studio superiore, fa sempre liti. Chi invece vuol risolvere tutti i suoi problemi familiari, professionali e spirituali li risolverà con l’umiltà.

Basta dire: Scusami, ho sbagliato!, che si risolve qualsiasi problema. Basta riconoscere l’errore, che tutto si mette a posto; ma se vi mettete a discutere per dimostrare che voi siete innocenti e l’altro è più colpevole, starete tutta una giornata a discutere, ma la pace non ci sarà, perché non si riconoscono i propri errori.

         Con ogni umiltà bisogna considerarsi inferiori agli altri e mettersi al servizio degli altri

È bellissimo vedere una famiglia dove tutti lavorano, l’uno a servizio dell’altro, l’uno toglie il lavoro all’altro. Ma quando due sorelle si guardano in faccia e dicono: Perché sempre io devo cucinare e tu devi stare sempre senza far niente? Perché tu fai la professoressa e io sempre la domestica? Ci sono sempre liti. Se invece sono impegnate tutte e due, secondo le proprie forze e le proprie possibilità, a lavorare, portano avanti la famiglia. Oggi io, domani tu! Voi usate un’espressione bellissima dal punto di vista spirituale, per chi l’applica nella propria famiglia: “Una mano lava l’altra”. Una mano non dice: Io sono pulita, tu no, e a me di te che sei sporca non interessa niente! No, una mano lava l’altra. Essere
uno a servizio dell’altro senza pretese, ma soprattutto senza prepotenza è umiltà. La prepotenza schiaccia il prossimo; la prepotenza distrugge la pace.

  1. Essere mansueti

San Paolo, nella lettera ai Filippesi, parlando di Gesù che aveva detto: “Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore” (Mt 11, 29), dice: “Cristo Gesù, pur essendo Dio, non considerò un tesoro geloso l’essere Dio, ma si fece uomo assumendo le fattezze di servo e poi si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8).

Il servo è obbediente; la manifestazione del servizio consiste nell’obbedienza. Chi è obbediente serve; chi non è obbediente è sempre padrone. Volete la pace? Dovete essere umili nei pensieri, nelle parole e nelle opere; ed anche mansueti. Non mi fermo su questa virtù, perché chi ha la carità ha la mansuetudine.

         La mansuetudine è il fior fiore della carità; è la carità raffinata. Il profeta Isaia del servo di Jahvè, che sarebbe Gesù, dice: “Come un agnello fu portato al macello e dalla sua bocca non uscì nemmeno un lamento”. Gesù è il mansueto; gli potete fare tutto quello che volete, ma lui è sempre sorridente, ama sempre, non esce mai una parola di lamento dalla sua bocca.

La mansuetudine è la sintesi di tutte le qualità della carità. Chi è mansueto è veramente caritatevole.

  1. Essere pazienti

San Paolo dice che per avere la pace è necessaria la pazienza. Tutti gli uomini, ma in modo particolare noi uomini di oggi, siamo abituati ad ottenere risultati sorprendenti nello spazio di poche ore, di pochi giorni, di qualche mese. Per fare il Colosseo avranno impiegato moltissimi anni, mentre oggi l’avrebbero fatto in un anno, perché con i mezzi moderni si è capaci di produrre in pochissimo tempo, ciò che anche cento anni fa si produceva in moltissimi anni. Questa rapidità tante volte l’uomo la vuole applicare anche alla vita sociale e alla vita spirituale. Vorrebbe conseguire la laurea in lettere in un anno, mentre bisogna avere pazienza e andare prima alla scuola elementare, poi alla scuola media, al ginnasio, al liceo, all’università e infine si consegue la laurea.

Quando la S. Scrittura parla di pazienza, e ne parla in modo particolare per mezzo di san Giacomo, dice proprio questo: Abbiate la pazienza dell’agricoltore, il quale va a seminare a novembre e aspetta maggio o giugno, a seconda delle stagioni e soprattutto dei diversi luoghi, per raccogliere il grano. Ha la pazienza di aspettare otto mesi, perché il seme di grano si trasformi in spiga. Questa trasformazione non avviene in dieci giorni, né nello spazio di un mese. Il seme deve prima marcire, dopo cestire e infine si trasforma in spiga. Ci vuole pazienza ad aspettare! Le mamme quanta pazienza hanno con i figli! Lo portano nove mesi nel seno; poi quanta pazienza esercitano per consegnarlo alla vita! Gli insegnanti quanta pazienza devono avere con gli alunni! Si incomincia con i piccolini; piano piano si insegna loro a mangiare, a parlare, poi a leggere. Quanta pazienza! Ogni cosa è frutto di pazienza.

         La pazienza è l’arte di saper aspettare. Il grande generale che regge le sorti del mondo è proprio la pazienza. Chi ha pazienza vede il successo. Chi non ha pazienza rompe tutto. Il grande paziente è Dio; il grande paziente è Gesù, che ha avuto la pazienza di aspettare il buon ladrone fino alla fine della sua vita. Non l’ha potuto convertire da bambino, non l’ha potuto convertire da giovane, non l’ha potuto convertire da adulto, non l’ha potuto convertire lungo la strada del Calvario; lo ha aspettato sulla croce, quando ha detto all’altro ladrone: Sventurato che non sei altro! Noi stiamo sulla croce perché stiamo scontando il nostro peccato, ma questo poveraccio non ha fatto niente, perché lo insulti? Non gli basta la sofferenza della croce, dobbiamo aggiungere anche la sofferenza dell’insulto? Poi rivolto a Gesù: Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno!

A Gesù è bastata questa parola detta nell’ultimo minuto della sua vita per salvarlo. Non abbiate perciò timore di salvarvi; non abbiate timore della salvezza dei vostri fratelli! Dio è capace di salvare un’anima, mentre precipita con l’aereo in fiamme. È capace di salvare un’anima, mentre la sua macchina si scontra con un’altra e muore. È capace di salvare un’anima in qualsiasi circostanza, in qualsiasi ambiente e in qualsiasi modo. Non dovete credere che chi muore in macchina se ne va all’inferno, e chi muore sul letto con al fianco il sacerdote, se ne va in paradiso. No, Dio usa pazienza con tutti. Dio usa pazienza per salvarci e dobbiamo aver pazienza anche noi con coloro che ci sono vicini.

 

  1. Sopportarsi a vicenda

San Paolo dice: “Sopportatevi a vicenda con amore” (Eb 4, 2).

Voi non accettate la parola sopportazione; non so perché. Appena dico al marito: Devi sopportare tua moglie!, subito la moglie si ribella e dice: Mi deve sopportare? Io sono la moglie! Non appena dico alla moglie: Tu devi sopportare tuo marito!, subito il marito si ribella, come se io stessi bestemmiando. Sapete cos’è la sopportazione? È amore. La carità, dice san Paolo, sopporta tutto. È amore! Chi ha la carità sopporta il proprio fratello. Volete la pace? Vi dovete sopportare. Se uno non sopporta l’altro si sta sempre a gridare. Chi sopporta l’altro, invece, non grida, sta in armonia e in pace, perché dice: lo sopporto perché è fatto così. Ha poca intelligenza. Pazienza! Non sa parlare! Pazienza! Non sa far questo! Pazienza!

La sopportazione è amore. Nel matrimonio per stare in armonia: la moglie deve sopportare il marito e il marito deve sopportare la moglie! Le mamme, che sono l’amore in persona, non sopportano i figli? E i figli non sopportano i genitori? La sopportazione è amore!

  1. Perdonarsi

L’ultima qualità che dà la pace, secondo san Paolo, è saper perdonare. Se tuo figlio o tuo marito ti hanno offeso, perché tante volte ti offendono, perdonali! Per vivere in pace occorre anche il perdono.

“Sopportatevi a vicenda e perdonatevi scambievolmente” (Col 3, 13).

Qualche volta sei tu a offendere tuo marito e lui ti deve perdonare; qualche altra volta è lui che offende te e tu lo devi perdonare. Qualche volta è uno e qualche volta è l’altro, ma perdonatevi a vicenda.

La ricetta della carità sarà completa quando nella S. Messa vi dirò: “La pace del Signore sia sempre con voi”, e voi la darete pure a me.

Ci auguriamo questa pace nel nome di quel Cristo, che quando è risorto è entrato nel cenacolo e ha detto: “La pace sia con voi”. La prima parola che ha detto dopo la risurrezione è stata proprio questa.

         conclusione

Che la pace rimanga sempre nelle nostre anime e rimanga sempre nell’ambiente in cui viviamo! Poiché la pace è un dono, chiediamolo oggi, domani e sempre al Signore. La gioia del Signore sia sempre con voi e la pace del Signore sia sempre con voi per arrivare infine all’ultima pace, la pace eterna del paradiso. Vi auguro con tutto il cuore la pace sulla terra e la pace nel cielo!