Vieni ed entra, mio Signore nella mia casa – Gn 18, 1-10

Da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca 19.07.1999

L’OSPITALITA’

(Gn 18, 1-10)

La prima lettura tratta dalla Genesi parla dell’ospitalità data da Abram a tre personaggi che lui non conosceva.

Voglio parlarvi del dovere dell’ospitalità, e poiché siete minime vi dirò qual è il pensiero di san Francesco sull’ospitalità.

È un’opera di misericordia corporale quella di alloggiare i pellegrini. È un’opera che tutti quanti dobbiamo fare.

Dice san Francesco: “Gli ospiti siano accolti con cuore gioioso e con volto sereno e vengano serviti benignamente” (IV Reg. cap. 7° n. 34).

San Francesco traduce con queste parole l’atteggiamento che ha avuto Abramo nei riguardi di questi tre personaggi.

 le qualità dell’ospitalità

 Seguendo il pensiero di san Francesco vi dico che le qualità dell’ospitalità fondamentalmente dovrebbero essere due: l’accoglienza e il servizio.

  

  1. L’accoglienza

La prima qualità è l’accoglienza. Se l’ospite conserverà un ricordo gradito e riconoscente dipenderà dall’accoglienza, la quale, dice san Francesco, deve essere fatta con cuore gioioso e con volto sereno.

Prima però di dire questo, san Francesco mette il dato di fede nella Regola, senza il quale non riusciremo ad accogliere gli ospiti con l’onore dovuto.

Il dato di fede è questo: “Qualunque cosa voi farete al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me” (cfr. Mt 25, 40).

“Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10, 40).

La vita cristiana dobbiamo viverla alla luce del Vangelo, della Parola di Dio, perché se non la viviamo alla luce della Parola di Dio o del Vangelo non siamo cristiani.

Vivere la vita cristiana alla luce della Parola di Dio significa vivere di fede. La Minima vive di fede e di amore; ma l’amore scaturisce dalla fede. Chi crede ama.

Messo questo principio di fede, san Francesco spiega come bisogna accogliere gli ospiti:

  • Con cuore gioioso

Con gioia! Una gioia che deve partire dal cuore, quindi una gioia convinta.

Io vi accolgo la mattina con gioia perché so che chi accoglie voi accoglie il Cristo, e chi accoglie il Cristo accoglie il Padre. Non c’è niente di più bello di sapere che a casa mia è venuto il Cristo, che mi dà questo grande onore di poterlo servire. Posso io accoglierlo con tristezza?

L’accoglienza ha un grandissimo valore. Tutto dipende dall’accoglienza! Se siete fredde nell’accoglienza l’ospitalità fallisce e non si ripara più. Anche se dopo farete cento gesti di carità: chiederete scusa, preparerete un bel pranzo, quelle parole fredde l’ospite le ricorderà sempre. Così come di una accoglienza gioiosa, che parte dal cuore, l’ospite conserverà il ricordo per tutta la vita e sentirà il bisogno della riconoscenza e della ricompensa.

  • Con volto sereno

San Francesco aggiunge un’altra qualità che conferma la gioia che deve partire dal cuore: il volto sereno. Se dite belle parole e siete tristi nel volto, l’ospite non vi crederà, si sentirà sopportato, non starà a suo agio. Invece se siete nella gioia, e questa gioia si riflette nel volto sereno, l’accoglienza è perfetta.

  1. Il servizio

La seconda qualità è il servizio. Se il servizio è pessimo, l’ospite capisce che l’accoglienza è stata falsa. Il servizio infatti denota la veridicità o la falsità dell’accoglienza.

Dice san Francesco: Il servizio deve essere benigno.

Le due qualità fondamentali della carità, secondo san Paolo sono: la pazienza e la benignità.

La benignità è quella qualità con la quale l’uomo fa all’altro ogni bene, senza badare se è dotto o ignorante, se è piccolo o grande, se è amico o nemico. Gli ospiti vengano serviti benignamente, dice san Francesco, cioè dovete fare e dare loro ogni bene possibile ed immaginabile, al di là delle vostre possibilità. Se dovete fare delle eccezioni, queste non devono essere fatte per coloro che già stanno dentro, ma per coloro che vengono da fuori.

Non possiamo domandare a Giuliana la sua impressione circa la nostra ospitalità, perché non c’è, ma noi l’abbiamo accolta come dono di Dio alla Chiesa, al Brasile, all’Ordine e all’Istituto. Questo io le ho detto, e lei ne è rimasta contentissima. Voi le avete dato pure i fiori, l’avete abbracciata e l’avete baciata come una sorella che già conoscevate da tanto tempo e non facevate altro che aspettarla. Ciò vale molto.

  La benignità consiste nel dare all’ospite non il bene, ma il meglio, nel metterlo a suo agio. Deve trovare la stanza pulita, il letto ben fatto. Queste sono cose che trovo io quando vado nelle altre comunità come ospite. Se trovo invece la stanza sporca, trasandata, il letto non fatto, se devo chiedere l’asciugamano e il sapone perché non ci sono, allora capisco che sono un sopportato e non vedo l’ora di andarmene.

Il servizio è benigno quando soddisfa tutte le esigenze e tutte le richieste dell’ospite, come fargli visitare le bellezze del paese, della provincia, in modo che dell’ospitalità deve conservare il ricordo più bello. Deve poter dire: Non mi hanno fatto mancare niente, mi hanno accolto con gioia; ho visto sul loro volto il massimo della serenità; non c’era nessun velo di tristezza o di sopportazione; tutto ciò che ho chiesto, ciò che desideravo me l’hanno dato e mi hanno dato pure ciò che io non pensavo, né desideravo, né ho chiesto.

Nella storia dell’Istituto avete letto che le vostre sorelle ed io abbiamo fatto il primo corso di Esercizi Spirituali a Noci. Ricordiamo quel corso di Esercizi non per il contenuto della predicazione, ma per l’accoglienza. C’era sempre un Padre a nostra disposizione, P. Vincenzo. Anche P. Marco stava sempre con noi, ci ha risolto tutti i problemi e preveniva ogni nostra richiesta. A me hanno dato una stanza e mi hanno trattato come uno di loro, pur facendomi fare il predicatore degli Esercizi. Io non mi sono trovato a disagio, ma a mio agio. I Benedettini sono celebri per l’ospitalità, ce l’hanno nella regola. Anche san Francesco ce l’ha messo nella regola e anche noi siamo celebri per l’ospitalità. Chi viene da noi rimane sbalordito per il trattamento ricevuto.

CONCLUSIONE

La Minima dimentica i suoi problemi specialmente nell’ospitalità; dimentica le sue vendette, i suoi crucci, i suoi odi. Tutto viene lavato dalla carità, coperto dalla carità. Ricordatevi che essere caritatevoli significa non essere egoisti, non esigere niente per sé, ma sempre dare, come fa Dio che è amore: non riceve mai niente, ma sempre dà.