Santa famiglia di Nazaret – Col 3, 12-14

Mt 2, 13-15.19-23 -Santa Famiglia

Mt 2, 13-15.19-23 -Santa Famiglia – 2012

Martina Franca, 03.01.1974

da un ritiro predicato da P. Francesco Chimienti O.M.

COME VIVERE L’AMORE DI FAMIGLIA

(Col 3, 12-14)

Introduzione

Mi dovete permettere che vi commenti l’epistola di san Paolo apostolo ai Colossesi, cap. 3, 12-21. Non ero mai stato colpito da questa epistola come lo sono stato domenica scorsa quando abbiamo festeggiato la Santa Famiglia, modello di tutte le famiglie.

Questa epistola la Chiesa l’ha voluta mettere non soltanto come parola di Dio che spiega l’atteggiamento della S. Famiglia, ma come parola di Dio sulla quale ogni famiglia cristiana, e quindi ogni famiglia spirituale deve modellarsi per realizzare l’amore. 

“Fratelli, rivestitevi come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri” (Col 3, 12-13).

San Paolo parte dal principio che ogni battezzato è immerso nell’acqua, è immerso nel Cristo, muore con Cristo, poi esce fuori e risorge con Cristo. Muore la vecchia creatura e nasce la nuova creatura. Nella deposizione lasciamo nell’acqua gli abiti di ieri e ci rivestiamo degli abiti nuovi.

“Rivestitevi”, significa che ci siamo spogliati e dobbiamo vestirci di nuovo. Ci siamo spogliati delle passioni, delle concupiscenze, delle inclinazioni cattive, ci siamo spogliati del peccato, però adesso bisogna vestirsi di nuovi indumenti. Il pensiero di san Paolo è che la nuova creatura deve essere vestita di tante virtù, però c’è il tocco finale, c’è la veste che rende belle tutte le virtù e rende bella una creatura dinanzi agli altri, la carità.

Prima di parlare dei vestiti che dobbiamo indossare, san Paolo parla di noi. Dice chi siamo noi, chi è il cristiano.

I. il cristiano è un eletto di dio, santo e amato

  1. Io sono un eletto, uno scelto

Questo ci deve portare tanta gioia. Quando la massaia va al mercato per comperare le mele, quella che porta in tavola è una mela scelta, come fate voi quando comperate i vestiti. Quel colore l’avete scelto. C’erano tanti colori, tanti vestiti, tante stoffe, ma avete scelto quello.

Nel pensiero di Dio ci sono le cosiddette creature possibili e le creature reali. Le possibili sono infinite, le reali sono quelle che veramente sono state create e quindi sono venute sulla terra. Io sono una creatura scelta tra tante possibili creature che Dio aveva dinanzi al suo intelletto; ha scelto me e questo mi riempie di gioia. Non so se voi pensate mai: io sono una scelta!

Quando penso a me come religioso e come sacerdote, ancora di più mi inorgoglisco! Cosa credete che Dio ha preso il rifiuto? No, il Signore mi ha scelto, ha preso come sposa la creatura più bella, quella che più è piaciuta a lui.

  1. Santo

La santità di cui san Paolo parla sempre non è una santità acquisita, è una santità da acquistare. Io sono un santo di Dio in quanto mi sono messo sulla via della santità, ma non sono santo. Voi non siete sante; vi siete messe sulla strada che va alla santità, però ci dev’essere sempre questa volontà decisa di salire tutto il monte della santità sulla cui cima c’è Dio. Siate santi com’è santo il Padre vostro che è nei cieli, ha detto Gesù. E san Paolo dice: Siate perfetti! Ma parlando di perfezione intende dire santità.

Dobbiamo camminare e mai scoraggiarci se lungo il cammino non siamo santi; vogliamo diventarlo, ma non lo siamo. Ci ha scelti, ci ha destinati alla santità e quindi ci darà tutte le grazie per diventare santi. 

  1. Amato

È bello sapere che siamo amati da Dio. Questo Padre ci ha tanto amati da farci diventare suoi figli.

Dio un solo Figlio aveva e ha, il Figlio unigenito, ma nell’amore e in Gesù Cristo suo figlio unigenito, ha voluto adottarci come suoi figli. La nostra è una figliolanza non di adozione giuridica, ma di adozione reale. Veramente siamo chiamati e siamo figli di Dio,  esclama san Giovanni con tanto entusiasmo nella prima lettera. E poi conclude dicendo: siate riconoscenti.

Siamo destinati a essere figli di Dio. Ci ha amato fino a farci diventare suoi figli. Non siamo più schiavi, ma figli, e se siamo figli siamo eredi, e se siamo eredi siamo coeredi di Cristo, cioè partecipiamo della stessa eredità, della stessa potenza del suo Figlio unigenito, Gesù. Così gli apostoli vedevano i cristiani; così noi dobbiamo vedere i cristiani, così dobbiamo vedere i nostri fratelli.

Questa è la premessa teologica per poter avere l’amore in un Istituto, altrimenti la carità non ci sarà mai. 

San Paolo ha amato i cristiani perché c’è stata la premessa teologica della sua conversione: “Paolo, Paolo, perché mi perseguiti?”. Quando lui ha capito che perseguitare i cristiani significava perseguitare Gesù, e amare i cristiani significava amare Gesù, ha capito tutto il resto. Diversamente non si può amare il fratello, ve lo dico io per primo, perché sono anch’io uomo come voi e ho gli stessi difetti che avete voi e ho le stesse battaglie, gli stessi drammi, le stesse tragedie che avete voi nel cuore. Come si fa ad amare un nemico? È impossibile! Come si fa ad amare uno che ti vuole male, o che è ostico nel suo modo di presentarsi, di fare, di dire, di agire? Non si può amare se non c’è questa premessa teologica.

Chi sono le tue sorelle? Sono delle scelte, delle elette di Dio e le devi guardare come scelte, come elette, come spose bellissime di Gesù. Le devi vedere come tendenti tutte quante alla santità, anche se non sono sante. Salvare sempre l’intenzione! È impegnata nella santità, trova le sue difficoltà! Io trovo le difficoltà in un campo, lei le trova in un altro, aiutiamoci, vogliamoci bene, diamoci la mano, siamo unite. 

Soprattutto bisogna guardarle come scelte. Si bastona il cane per il padrone, come si ama il cane per il padrone. Se noi vogliamo accattivarci le simpatie di una persona, amiamo le cose amate da quella persona. Al catechismo, se volete accattivarvi la simpatia dei genitori, amate i figli. È un cerchio che si chiude, è un flusso di amore che, arrivato ad un certo punto, si chiude e quindi passa da voi ai bambini, dai bambini ai genitori e dai genitori viene a voi.

Così dovete guardare le vostre sorelle: come amate, predilette, sante. Sante voi, sante loro; impegnate voi nella santità, impegnate loro nella santità! Sono amate da Dio, quindi se le amate, amate Dio; se non le amate, non amate Dio. L’amore che Dio riversa sulla vostra sorella, lo riverserà su di voi, perché dal figlio si va al Padre; ma il padre viene a me se ho amato il figlio.

II. quali vestiti dobbiamo indossare

Incominciamo dagli indumenti più intimi. Sono le virtù che san Paolo chiede alla nuova creatura, ma non si vedono. Sono sentimenti, sono pensieri che tengo nel profondo del cuore e che muovono le mie azioni, ma di cui nessuno se ne accorge.

  1. Sentimenti di misericordia

L’indumento più intimo che dobbiamo avere è la misericordia. Gesù ha detto: Siate misericordiosi com’è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli.

Tutti siamo peccatori, tutti siamo fallaci; essere misericordioso significa partire dalla premessa che io e gli altri sbagliamo, io e gli altri pecchiamo, non soltanto verso Dio, ma anche verso noi stessi. E allora, poiché è un dato di fatto il nostro peccato, la nostra incomprensione, il non far battere il proprio cuore all’unisono, affinché si colmi questo vuoto prodotto dalla nostra limitatezza, perché tendo alla santità ma non sono santo, ci vuole la misericordia. Chi invece parte dal principio che lui è perfetto, che lui è santo, che lui tutto fa bene e che l’altro tutto fa male, sta fuori della realtà della creatura concepita e nata nel peccato originale, sta fuori di questa realtà dogmatica.

Queste sono premesse dogmatiche, teologiche; se vengono meno la nostra costruzione è un castello in aria. Ci vogliono queste basi. Quindi rivestiti di sentimenti di misericordia, perché non troverai un uomo perfetto, una sorella perfetta. Ma anche l’altra deve guardare te con lo stesso sentimento di misericordia, perché anche tu non sei perfetta come non è perfetta lei. Questi vuoti devono essere colmati dalla misericordia. Gesù è arrivato a dire che con la stessa misericordia con cui perdoneremo, con la stessa misericordia il Padre nostro che è nei cieli ci perdonerà.

Noi compiamo dei peccati contro Dio, ma anche contro il nostro prossimo; è un dato di fatto! Ecco perché Gesù dice: Non giudicate! L’unico giudice è Dio, per cui tu che giudichi prendi il posto di Dio, e non lo puoi prendere. Inoltre anche tu sei colpevole e devi presentarti al cospetto del giudice. Se vuoi essere assolto ricordati 

che devi assolvere i tuoi fratelli.

  1. Sentimenti di bontà

Un altro indumento intimo è la bontà. Avere sentimenti di bontà significa vedere tutte le cose dal punto di vista di Dio, vedere tutte le cose con altruismo, vedere tutte le cose, anche quelle che noi diciamo cattive, come fatte con intenzioni buone, cioè salvare l’intenzione.

È buono colui che riversa la sua bontà sugli altri. Dio è buono perché riversa la sua bontà sugli uomini. Rivestitevi anche delle interpretazioni buone.

La misericordia è un sentimento che viene dopo la cattiveria del mio fratello, invece la bontà è un sentimento di partenza: io guardo gli altri con lenti bianche, non con lenti nere. C’è una certa differenza. La bontà e la misericordia manifestano sempre un cuore buono; ma mentre la misericordia viene dopo che io sono stato offeso, la bontà viene prima di essere offeso.

  1. Sentimenti di umiltà

L’umiltà è un altro indumento che non si vede. Umiltà è considerarsi quello che veramente si è. Tutti noi siamo figli prediletti; se ci sono delle sfumature differenti lo sono soltanto per la missione che compiamo, non per l’essenza. Siamo tutti sullo stesso piano, tutti peccatori, tutti destinati alla santità, tutti amati da Dio, tutti scelti. Esistono le differenze, senza dubbio, ma sono differenze accidentali, perché siamo tutti figli dello stesso Padre. L’umiltà è la garanzia dell’equilibrio dell’amore, perché è stare al proprio posto. Chi è umile dice sempre sì al suo Signore, al suo Padre. Chi è umile scusa sempre; chi è umile non si erige a giudice; chi è umile capisce l’altro; chi è umile dà la mano all’altro; chi è umile aiuta l’altro; chi è umile sta sempre al servizio dell’altro.

L’umiltà è la strada scelta dal nostro santo Padre san Francesco. Egli vuole la carità dai suoi figli, ma ha scelto non la via dell’ubbidienza, né la via della povertà, che hanno scelto altri Santi, ha scelto la via dell’umiltà. Abbiate gli stessi sentimenti che ebbe Cristo Gesù che, pur essendo Dio, non disdegnò di diventare uomo, di farsi uguale a noi; ed egli era veramente superiore a noi! 

Non c’è niente di più bello di capire che siamo uguali ai nostri fratelli, siamo uguali alle nostre sorelle e abbiamo gli stessi 

sentimenti che hanno loro.

L’umiltà è stare al proprio posto, e il nostro posto è l’ultimo, lo sapete. È una delle consegne che ho fatto a tutte voi e che faccio a tutte coloro che vengono, e aggiungo: Se sei disposta a questo vieni, altrimenti te ne puoi tornare a casa tua. Il tuo posto è l’ultimo. Se stai al penultimo posto non stai al tuo posto. Non dico se stai al primo, al secondo o al terzo; l’ultimo è il tuo posto!

  1. Sentimenti di mansuetudine

Gesù è arrivato a dire: Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore. Si è messo come esempio di mansuetudine e di pazienza.

La pazienza è la virtù di colui che accetta gli uomini così come sono. Ci sono uomini che fanno il male perché sono cattivi, uomini che fanno il male per debolezza e uomini che fanno il male perché ci vogliono troppo bene. Ci vuole pazienza! Sono indumenti intimi! Se non ci sono queste virtù, non c’è la carità. In queste virtù, pecchiamo. Ce le dobbiamo mettere sulla spalle.

III. i consigli

San Paolo dà due consigli che completano questo quadro: sopportatevi a vicenda e perdonatevi scambievolmente.

Avere tutte queste virtù è una gran bella cosa, però la vita pratica purtroppo è un’altra, e allora san Paolo dà due consigli pratici, pratici: sopportatevi a vicenda e perdonatevi scambievolmente se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi dell’altro. 

Può capitare che nei riguardi del mio fratello tenga da lamentarmi; cosa devo fare? Se è amico lo sopporterò; se è nemico lo perdonerò. La sopportazione non è tra due nemici.

  1. La sopportazione

Per avere la carità in una famiglia, per riuscire a realizzare quello che dicono gli Atti degli Apostoli: “erano un cuor solo ed un’anima sola”, anche nella nostra famiglia spirituale, uno degli elementi fondamentali è questo: accettare prima di tutto il Padre e poi le sorelle, così come sono. Anche quando io mi arrabbio, quando vi  sgrido mi dovete accettare così come sono, con le mie debolezze; così come io devo accettare voi così come siete. È un elemento fondamentale questo, che con parole altisonanti si chiama rispetto della personalità altrui. Ma voi sapete, la personalità è fatta di ombre e di luci, non è solo luce. Le luci si accettano molto volentieri, ma le ombre non si accettano. Sopportare cristianamente una persona significa accettarla così com’è. In certe famiglie non c’è la carità, non perché c’è l’odio, non perché è venuto a mancare il perdono, no, manca l’amore, non ci si accetta. Non vogliamo accettare la nostra sorella così com’è; vogliamo che cambi e faccia come facciamo noi, che la pensi come noi, che preghi come preghiamo noi, che esponga le verità così come le esponiamo noi. Vogliamo che sia una copia, una fotografia di noi stessi. Invece Dio non si ripete in nessuno di noi. Caso mai non mi volete credere, prendete i Santi, che pure sono la copia più conforme, più perfetta di Gesù che loro hanno modellato nel proprio cuore. Non troverete due santi che sono veramente uguali. Uno è una cosa e l’altro un’altra.

Dio rispetta la personalità dei suoi figli perché li ama e manifesta il suo amore lasciandoli liberi di fare quello che vogliono. Li attende; senza dubbio! Ti ispira per mezzo dello Spirito Santo anche il rimorso di coscienza, ma la sua azione è così dolce, così lieve, così impercettibile che non costringe, per cui tu continui a stare con le tue passioni, coi tuoi pensieri, con il tuo cuore in tumulto. Ci accetta così come siamo; non solo, ma il bello di Dio, il grandioso di Dio è che usa delle nostre doti naturali per creare il suo capolavoro. Se uno è preoccupato della salute, che cosa fa Dio? Si serve proprio di quello che noi diciamo un difetto da togliere, per farlo santo. Si servirà di quella delicatezza, di quell’ansietà, di quell’inazione per farla santa.

Dio è il capolavoro della sopportazione! L’Imitazione di Cristo su questo punto dice così: Se tu che fai il proposito la mattina non sei capace di modificare te stesso, come pretendi di modificare l’altro? Come pretendi con la tua volontà di dettare legge all’altro, quando non sei capace di dettare legge a te stesso?

Secondo me, il difetto principale perché in una comunità, in una famiglia religiosa, in una famiglia anche umana non c’è la carità è perché manca la sopportazione reciproca. Dobbiamo esaminarci su questo punto: Perché non vado d’accordo con Tizio, Caio e Sempronio? Non vado d’accordo perché non l’accetto così com’è!

Se ad un uomo togliamo i difetti, non è più lui; abbiamo tolto tutte le ombre del quadro, e il quadro tutto luce non è quadro. In altri termini, dovete amare i vostri difetti. Voi forse eravate impegnate a togliere i vostri difetti, come lo ero io. Accettatevi così come siete perché la prima accettazione è la nostra, la prima sopportazione è la nostra. Ognuno deve sopportare se stesso. Soprattutto accettate i difetti come elementi che mettono in risalto la vostra luce. Un amico mi diceva: Io non vi so pensare senza che vi arrabbiate! Il giorno in cui non vi arrabbierete più, non sarete più P. Chimienti. Non lo faccio apposta, per carità; ma è così, devo sopportare me stesso.

Questo è il primo consiglio: sopportatevi a vicenda se qualcuno ha di che lamentarsi nei riguardi dell’altro.

  1. Il perdono

Veramente noi offendiamo gli altri. Finiamola con la storia di dire: Io non offendo mai nessuno! Non è vero. Incominciando da me, io per primo offendo i miei fratelli, offendo voi. Voi offendete me, io offendo voi, non mi escludo. Più di una volta io devo fare ricorso alla vostra sopportazione, e altre volte devo far ricorso al vostro perdono. Mi dovete perdonare, perché veramente ho sbagliato. Dobbiamo perdonarci! Non è possibile che una figlia conservi, come avete fatto voi, una mia offesa per quattordici anni; e speriamo non per vent’otto anni! Veramente vi ho offeso, ma mi dovete perdonare, altrimenti c’è ruggine, cioè non circola in questo tubo tutto quell’amore che dovrebbe circolare.

Perdonare significa cancellare la colpa, dimenticarla, ossia perdonare come il Signore ci ha perdonato.

Anche se la tua anima fosse rossa come il rosso dello scarlatto, dice il Salmista, io la farò bianca come la neve. Se tu avrai commesso tutte le colpe di questo mondo, dice Dio, io dimenticherò ogni cosa, se mi chiederai perdono. Il perdono che Dio dà a noi è perdono unito alla dimenticanza.

I peccati che noi commettiamo, li dobbiamo confessare, perché se chiediamo perdono a Dio, saranno cancellati, e nel giudizio finale non ci saranno più; ma se li nascondiamo nella confessione, oltre a commettere sacrilegio, tutti li conosceranno. Adesso li sai soltanto tu e Dio tramite il confessore, dopo tutto il  mondo saprà! Non vale proprio la pena aver vergogna e nascondere i peccati, perché Dio dimentica tutto, cancella tutto, distrugge tutto.

Il perdono di cui parla san Paolo è il perdono di Gesù: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Per me la colpa non c’è più.

“Signore, ricordati di me quando sarai in paradiso”. “Oggi stesso tu sarai con me in paradiso”. Tu non hai fatto niente, tu sei santo com’è santa la Madonna, ha detto al buon ladrone. Quando Dio lava, lava con i detersivi più potenti; la colpa la cancella, non c’è più.

Padre, la mia anima è sporca! L’hai messa nel sangue preziosissimo di Gesù? È uscita pulita, non rimane più niente, è un lavaggio meraviglioso, stupendo. Questo lavaggio chiede a voi il Signore. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Questo lavaggio chiede san Paolo nel perdono.

conclusione

La sopportazione è accettarsi così come si è, con quei difetti, con quelle virtù, con quel tipo, con quella eredità, con quell’educazione, con quell’età, con quella cultura. Guardiamo dei nostri fratelli gli aspetti positivi, mentre gli aspetti negativi mettiamoli sotto una pietra.

Nel perdono invece esiste veramente una colpa, e la dobbiamo cancellare per sempre, perché se non la cancelliamo, di tanto in tanto riaffiora e non fa più circolare la carità.

La santità è un rapporto personale tra noi e Dio; invece noi tante volte chiediamo all’altro lo stesso atteggiamento che noi abbiamo verso di lui. Ora, se c’è uno che si può lamentare e che si deve lamentare, è il Signore che ci dà tante cose, ci perdona, ma noi ritorniamo sempre alla colpa, ritorniamo ad offendere, ritorniamo a non dirgli grazie. Noi non siamo santi, tendiamo alla santità, questo è un dato di fatto, e allora per mezzo della bontà salviamo almeno le intenzioni negli altri.

San Paolo dice: Rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Senza dubbio! Sono tante belle cose, però vi troverete dinanzi al dato di fatto di una umanità peccatrice. Lo sei prima tu e poi lo sono gli altri, e allora sopportatevi, accettatevi così come siete, rispettate la personalità dell’altro, e poi, se c’è una colpa, e in realtà colpe ce ne sono, perdonatevi.

Gesù ha perdonato i suoi nemici, ha perdonato, non ha discusso, non ha aspettato che anche gli altri lo stimassero come Figlio di Dio. 

Dobbiamo avere questi sentimenti, sono sentimenti che ci portano alla carità fraterna.