Comprendete bene …. – Mc 7, 14-23

2007

2011

2012

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca, 26 / 11 / 73

I benefici che porta la povertà di spirito

(I Regola cap 6° nn. 16. 19)

  1. “è una rimozione degli affanni del mondo”

Il mondo ha degli affanni? La mia impressione quando vado nel mondo è che l’uomo lavora, si affanna per guadagnare, per accumulare, per il

accumulare sempre di più, fino ad arrivare a rubare, pur di avere più degi altri. Parli con uno e dice: Padre, io devo lavorare! Gli occhi si hanno rivolti sempre a terra per trovare qualche cosa che li faccia ricchi; e nella ricchezza non c’è limite. Di più, di più, sempre di più. Non c’è uno che si fermi! Io che sto fuori e guardo la posizione di un altro, penso: al posto suo, perché preoccuparmi? Una certa stabilità economica l’ho già ottenuta! Invece no, ci si preoccupa, ci si affanna.

Affannarsi è l’atteggiamento di colui che non chiude occhio, pur di raggiungere un determinato traguardo, che però non è la santità, non è l’amore di Dio, ma è la conquista dei beni della terra, che sono limitati. Facciamo a gara a chi ne accumula di più per toglierli all’altro, e non pensiamo che siamo tutti figli dello stesso Padre e tutti devono partecipare delle stesse ricchezze.

Questo che si realizza nella famiglia, nel paese, nella città, si realizza anche tra le nazioni e nel mondo. Non è vero che chi ha di più dà a chi ha di meno; non è vero. Per carità, si fa a chi ruba di più! Chi ha di meno vuole di più e chi ha di più vuole di più e vuole togliere a colui che ha di meno, pur possedendo. è la rivolta, in altri temini, del povero contro i ricchi; ma non per rubare, per dire: questo è mio, lasciatelo a me.

L’altra impressione che io ho è – scusatemi l’espressione – che si lavora per il sesso, per il piacere. Questa è un’altra ricerca affannosa dell’uomo; non dico dell’uomo d’oggi, ma di sempre, del ragazzo, del giovane, della giovane, dell’adulto, dello sposato, del non sposato! Ma si parte sempre dalla ricchezza, perché chi più ha, ha più possibilità di comprare, e quindi di conseguire determinati effetti.

Tutti i discorsi si basano su questo, volendo dare un minimo denominatore comune. Ecco perché ritorno sempre nauseato dal mondo. è possibile che le nostre realtà si devono identificare nei soldi e nel piacere?

Poi c’è un’altra parte di uomini, ma non si nota perché molto piccola, che si preoccupa dell’affermazione della propria personalità. Sono coloro che vogliono costruire il proprio avvenire, vogliono affermare il proprio io sulle rovine degli altri, e tirano spintoni e calci per emergere.

Potreste dirmi: Padre, non sono pochi, sono molti! Quello che dite voi è vero, ma lo fanno per il guadagno, sono più materialisti, anziché idealisti! Ci sono di questi uomini, quelli che noi comunemente chiamiamo politici, che arrivano ad essere Direttori, ministri, sottosegretari, sul cadavere degli altri, ma lo fanno per il guadagno, cioè vogliono arrivare in alto per poter rubare più facilmente e non essere toccati dagli altri. Invece sotto l’aspetto puro e semplice dell’affermazione della propria personalità sono pochi.

Chi è povero in spirito, chi è povero non solo di ricchezza, ma chi è umile, rimuove tutti questi ostacoli e non ha affanni.

Chi è povero e vuole rimanere povero, chi sceglie di rimanere povero non ha affanni.  C’è una grandissima differenza tra colui che lavora per guadagnare e guadagnare di più per fare questa e quest’altra cosa, e colui che lavora per amore di Dio! Anche se al suo lavoro è legato il guadagno, se lo prende, ma ne usa tanto quanto, non fa mai il passo più lungo della gamba, è in pace e le preoccupazioni del mondo per lui non esistono.

Chi è povero in spirito rimuove da sé tutte quelle difficoltà che sono di comune amministrazione per tutti gli altri uomini. Io faccio l’esempio mio, e la mia povertà è superiore alla vostra, come impegno giuridico, non come spirito; come spirito mi superate di moltissime lunghezze. Che mi diano da mangiare delle cose prelibate o che mi diano da mangiare le cose che mi dà il convento e che non sono certamente prelibate, è la stessa cosa. Questo pensiero non mi porta preoccupazione durante la giornata.

Io quando sento certi discorsi, che se il pollo è allevato tiene un sapore, se è ruspante tiene un altro sapore; che il gelato deve essere con la panna, il caffè con la panna, penso a tutte le ricercatezze dietro a cui si affanna il mondo. La povertà invece è rimozione degli affanni del mondo. Chi è povero non se li pone nemmeno questi problemi, è libero da questi affanni, e non è nemmeno preoccupato dell’avvenire.

La povertà in spirito è rimozione degli affanni del mondo. E affanni ne abbiamo! Pensate ai genitori quanti affanni hanno per i figli! I figli stanno bene e loro continuano a sessanta, settanta anni ancora a fare sacrifici per quei figli che stanno benissimo. A un certo momento dobbiamo togliere queste unghie; siamo agggrappati a questo mondo. Ecco perché il Signore manda le malattie, ecco perché il Signore ci fa rubare la macchina! Non è punizione, è medicina!

Il dolore è il cosiddetto pedagogo, è l’angelo che insegna, mandato da Dio, a ciascuno di noi. Ci vuole dire delle cose che non abbiamo capito fino a quel momento e allora ci manda il dolore, cioè una cosa che non va secondo il nostro programma. Io non avrei mai capito che tutto dipende da Dio, che anche la salute dipende da Dio e che noi possiamo volere tutte le cose che vogliamo, ma se non c’è Dio che ce le fa conseguire la nostra volontà è limitata, limitatissima, se non fosse venuta la malattia.

“Il 24 mattina verrò a Taranto, venitemi a prendre, perché faremo il ritiro”. Avete voglia di aspettare il 24 mattina il treno. Il treno è arrivato, ma P. Chimineti non è arrivato. Perché? Perché il giorno prima il Signore mi ha bloccato. è il grande pedagogo!

Antioco Epifane, quello che abbimo letto in questi giorni dai Maccabei, non aveva capito di essere creatura, credeva di essere creatore, di essere dio. Era arrivato ad insultare lo stesso Dio fino a demolire l’altare del vero Dio nel tempio di Gerusalemme e mettere l’altare di Giove Capitolino. Quando ha incominciato a capire che lui era creatura e non creatore? Quando è arrivato il dolore, cioè il disastro.

Quando vi fidate della vostra intelligenza, una bocciatura vi apre gli occhi. Io in tutta la mia vita una sola volta sono stato bocciato in una materia. Nessuno lo sa, perché sono rimasto talmente umiliato che non l’ho voluto mai dire. Anzi ho portato tutte le giustificazioni possibili e immaginabili: era il professore che aveva sbagliato. Dio mi ha dato quella umiliazione per farmi capire tante cose che io non ho voluto capire. L’ho capito dopo diversi anni, perché la mia superbia era tale che non ho vouto accettare la lezione di Dio.

Il dolore è un angelo, non un demonio, è un angelo mandato da Dio per insegnarci delle lezioni che non avremmo potuto capire, se non in quel modo.

La povertà in spirito, dice S. Francesco, è una rimozione degli affanni del mondo; ecco perché dobbiamo essere poveri.

 

  1. “è liberazione dagli affanni di questa vita che passa

           Abbiamo detto che siamo pellegrini destinati a una meta: il Paradiso. Chi diventa povero, e povero in spirito, si libera dagli affanni della vita presente, che è destinata a passare.

  1. “è  un cammino senza impedimenti verso Dio”

Tolti gli affanni, liberati dalle preoccupazioni della vita terrena, chi ci può fermare nel cammino? Si cammina e si va verso Dio. Non ci sono più impedimenti.

Gli impedimenti nel cammino verso Dio sono i sette vizi capitali.

Il primo è la superbia , e noi ce ne siamo liberati per mezzo del voto di povertà in spirito che si chiama umiltà. L’umiltà è l’antidoto della superbia, quindi camminiamo perché non abbiamo questo impedimento.

Il secondo vizio è l’avarizia, e ce ne siamo liberati per mezzo della povertà, che è distacco. Anche se il Signore ci dà dei beni, come in realtà abbiamo dei beni, ci distacchiamo da essi. Se ci sono li usiamo, se non ci sono non li usiamo, ma soprattutto non ci preoccupiamo, non ci affanniamo, non ci rammarichiamo. Siamo liberi anche da questo, per cui il cammino è semza impedimenti.

L’altro affanno è la lussuria. Quando con la povertà in spirito ci siamo allontanati anche da questi beni affettivi, non abbiamo più impedimenti sulla strada che ci porta a Dio, e camminiamo di corsa.

In altri termini, l’uomo del mondo è carico di pesi insopportabili, e il suo passo prima si fa pesante, poi diventa immobile. Noi invece siamo nati sì, con dei pesi, ma man mano che camminiamo ci distacchiamo, li lasciamo per strada e quindi il passo diventa più agile, il cammino più spedito e la meta più vicina.

Una volta che vi ho fatto ridere dicendovi che quando lasciai casa mia partii con una valigia; la valigia diventò cassa; la cassa diventò doppia cassa; ora, dopo aver lasciato tante cose lungo i conventi, mi sembra che sono arrivato a otto casse. Voi capite, il mio cammino è diventato più pesante; tanto pesante che le cose sono diventate più forti di me. Una cosa è portare addosso dieci chili e una cosa è portare cento, duecento, trecento, quattrocento chili! Le cose mi hanno legato. Che cosa stanno a significare le casse? Che ho delle cose che io non posso lasciare. Sono cose alle quali sono legato. Il mio cammino è diventato più spedito o più pesante? Più  pesante. Quante cianfrusaglie ho nella stanza! Lo sapete quando io capisco che sono cose superflue? Quando vado in un convento come ospite, e trovo un letto, un tavolino, l’inginocchiatoio e una sedia. Si può vivere? Sì e si sta benissimo. Non ho preoccupazioni di niente. Ho solo una Bibbia, che gusto in una maniera straordinaria, mentre quando sto nel mio convento, se la Bibbia non la leggessi appena alzato dalle cinque alle sette, non la leggerai mai, perché durante la giornata le altre cose mi distolgono. Invece quando sto a Paola, o vado negli altri conventi, non ho niente da fare, perché distaccato da tutte le altre cose, tengo da fare solo le cose di Dio, e mi avanza del tempo.

Lo sapete perché qualcuno non vuole allontanarsi da casa? Perché dice: E per l’acqua fresca come faccio? E per il vino? Io quando mangio voglio il vino, altrimenti come faccio? Non è risucito a distaccarsi.

è vero quello che dice S. Francesco: il cammino del povero è un cammino semza impedimenti. L’ho rivisto di nuovo quella grotta dove è vissuto S. Francesco! Quando entro lì penso a tutte le cose che non posso lasciare. La stufa, me la sarei portata! Stava per terra! In quella grotta non c’è niente, niente! Ha trovato il Tutto. Sembrerebbe impossibile, una vita impossibile; invece no!

Quando do per penitenza una visita di cinque minuti dinanzi a Gesù Sacramentato, mi dicomo che è troppo. Dieci minuti, un quanto d’ora, un’ora, non c’è tempo! E perché non c’è tempo? Non perché le ventiquattro ore di S. Francesco erano diverse dalle nostre; non c’è più tempo per questo motivo: siamo attaccati alle cose. Ci sono delle cose che ci legano talmente, che ci rendono schiavi; siamo diventati schiavi.

Beato chi è capace di liberarsi da tutte queste cose, perché troverà il Creatore delle cose, troverà Dio, perché trovare Dio è in proporzione diretta del lasciare le creature. Se noi abbiamo capienza cento e riempiamo noi stessi di cento di creature, non abbiamo niente di Dio, perché il cento è di creature, non è di Dio. Se nella nostra vita togliamo dieci di creature e ne lasciamo novanta, Dio entra nel nostro cuore nella proporzione di dieci, di quello che abbiamo tolto. Se togliamo cinquanta, Dio entra nel cuore di cinquanta; se togliamo ottanta entra di ottanta; se togliamo tutto delle creature, tutto il cuore è di Dio.

Ci sono tante cose di cui ci accorgiamo di essere pieni, ma ci sono tante altre cose di cui siamo pieni, ma non ce ne accorgiamo. Dio è tanto paziente che ce le fa vedere una alla volta, però diamoci da fare ad eliminare le creature e ad ammettere il Creatore, perché è in proporzione.

La scarnificazione del cuore umano è un atto dello Spirito Santo, però mettiamolo nelle condizioni che faccia questa scarnificazione. Ricordate l’espressione di S. Agostino? è del profeta Geremia, ma lui l’ha detta sotto forma di preghiera: Signore, tagliami qui, purificami qui, elimina qui, fai quello che vuoi, purchè il mio cuore si riempia di te e del tuo amore.

  1. “è allontanamento della giustizia temporale”

Il povero in spirito non ha niente a che fare con la giustizia, perché non ha niente da dividere con qualcuno.

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  1. “La povertà in spirito è fedele osservanza dei comandamenti di Dio”

è un altro aspetto della povertà. I comandamenti di Dio sono dieci. L’umile, il distaccato dalle cose della terra e dai suoi beni, colui che si considera veramente quello che è dinanzi a Dio, dà a Dio quello che gli tocca.

Non è l’umile che non dà a Dio quello che gli spetta, è il superbo. Il superbo bestemmia, il superbo non santifica la domenica, il superbo mette se stesso al posto di Dio.

L’altro aspetto dei comandamenti è quello di dare agli altri quello che tocca. Chi è povero in spirito, chi è distaccato dalle cose di questo mondo, agli altri dà tutto quello che tocca e dà di più di quello che tocca. Ecco che colui che è povero, colui che è umile, è distaccato, cioè osserva fedelmente i dieci comandamenti.

  1. “è fondamento di pace e di mondezza”

La pace è la tranquillità nell’ordine. La base della pace è mettere ogni cosa al proprio posto: quello che è di Dio, è di Dio; quello che è degli uomini, è degli uomini; quello che è nostro, è nostro. La povertà in spirito è fondamento anche di mondezza, di purezza, perché attira le benedizioni di Dio, che respinge i superbi, ma dà la grazia agli umili. Chi confida in Dio non rimane mai confuso in eterno; invece chi confida in se stesso purtroppo cade nel peccato.

Chi è che rimane puro, rimane integro, rimane osservante dei comandamenti, della legge di Dio? Colui che non confida in se stesso. Ecco perché la povertà in spirito è il fondamento della tranquillità, della pace, dell’ordine, ma è anche il fondamento della grazia di Dio, della integrità, della purezza.

  1. “Chi è povero è il padrone del mondo”

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  1. “Possiede nella fede il dominio di tutti i popoli poiché ha riposto in Dio la cura di sé”

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  1. Francesco dice: chi è povero possiede nella fede il dominio di tutti i popoli, tutti ubbidiscono a lui, tutti servono lui. E voi di queste prove ne avete avuto quanto ne avete voluto.

Non preoccupatevi dell’avvenire! Cercate di fare la Sua volontà, di mettere in esecuzione i suoi programmi e non vi preoccupate affatto. Verrà tutto, avrete tutto; abbiate fede!

  1. Francesco le poteva dire queste parole: il frate povero possiede  come servi tutti gli altri popoli. Gli altri popoli diventano servi del servo di Dio. Egli lo poteva dire con certezza, perché ne aveva avuto l’esperienza.