Non stanchiamoci di chiedere e dare il perdono – Lc 17, 1-6

Lc 17, 5 – Signore accresci in noi la fede

Lc 17, 1-6 – Aumenta la nostra fede

Lc 17, 5 Se aveste fede quanto un granello di senapa

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca 16,11.97

 

L’insegnamento di Gesù

sul rimprovero e sul perdono

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  1. Il rimprovero

 Dice Gesù: “Se un tuo fratello pecca, rimproveralo” (Lc 17, 3).

Queste parole riguardano la riprensione e la correzione, che nel pensiero di Gesù sono un atto di carità, non un atto di dominio o un volere entrare nei fatti degli altri.

In questo passo della S. Scrittura Gesù dice che, se il fratello pecca tu devi rimproverarlo, cioè devi intervenire, devi aiutarlo a salvarsi. Però questo deve essere fatto nella carità. Se possedete la verità e la carità parlate pure, ma se possedete la verità e non la carità dovete tacere.

Gesù raccomanda che il rimprovero sia fatto nel modo più squisito possibile, cercando di convincere il fratello. Se lui continua ancora a non correggersi, allora chiamalo dinanzi a un’altra persona.

Nel diritto canonico sono previste tre ammonizioni: la prima se continua a fare il peccato; la seconda se continua ancora; alla terza si manda via. Non vi auguro mai di arrivare a questo punto.

San Paolo parla della correzione come di un atto squisito d’amore. Come il padre corregge il figlio, così colui che vuol bene a un’altra persona la corregge. Nella correzione tenete presente che tutto sia fatto nella carità.

 

  1. Il perdono

 Riguardo al perdono Gesù dice: “Se un tuo fratello pecca, ma si pente, perdonagli. E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai” (Lc 17, 3-4).

Gesù sottolinea due cose: la qualità dell’offesa e la quantità delle offese.

Queste due cose io consegno a voi, per fare l’esame di coscienza.

Tante volte non perdoniamo per la qualità dell’offesa. Diciamo: Questo non lo doveva dire; questo non me lo doveva fare; ho sempre perdonato, ma questo peccato non glielo perdono perché è un’offesa gravissima, mi ha tradito. Invece Gesù ha sempre perdonato, sia l’apostolo che lo ha tradito, sia l’apostolo che lo ha rinnegato, sia gli apostoli che lo hanno abbandonato. Gesù non ha perdonato e non perdona soltanto quei peccati che l’uomo non riconosce come peccati e dei quali non chiede perdono. Non ha perdonato il figliol prodigo fino a quando stava lontano da lui e non gli ha chiesto perdono, ma quando è ritornato e gli ha chiesto perdono, l’ha perdonato e non ha tenuto presente l’offesa ricevuta.

Altre volte non perdoniamo per la quantità delle offese. Diciamo: Mi sono stancato di perdonare, perché ogni giorno rifà le stesse cose; da adesso in poi non gli parlo più. Questo limite Gesù non lo ha posto.

In modo particolare questi due peccati li possiamo fare noi nella famiglia e nell’Istituto.

Nella famiglia non perdoniamo, perché diciamo: da tutti potevo aspettarmi l’offesa ma non da mia madre, mia suocera, mia cognata, mio figlio, la parentela.

Questo ragionamento lo potete fare nell’Istituto, nella parrocchia, nella vostra associazione catechistica, pensando alla qualità o anche alla quantità delle offese. Ma Gesù, dicendo la parola “sette volte” ci fa capire che, anche se infinite volte questo tuo fratello ti offende, pecca contro di te e ti chiede perdono, tu lo devi perdonare. È qui che vi dovete fare l’esame di coscienza: A che punto sta la mia carità sull’argomento rimprovero, riprensione o correzione del fratello e sul perdono?

conclusione

  1. Fatevi l’esame di coscienza sui dieci comandamenti, sulle Costituzioni e sul vostro comportamento nell’Istituto e in parrocchia.

Fate anche l’esame di coscienza su come trattate i fratelli quando peccano contro di voi: se li correggete, li riprendete, li rimproverate, e soprattutto se una volta che sono ritornati a Dio li sapete perdonare, come li perdona Dio, che non guarda in faccia nessuno, ma perdona tutti perché sono suoi figli amabilissimi.