Il peccato è acqua sporca, la grazia un oceano limpido: scegli! – Mt 9, 1-8

Mt 9, 1-8 – Coraggio, figlio!

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca  06.07.1995

LE CONDIZIONI

PER RICAVARE FRUTTI DALLA CONFESSIONE

(Mt 9, 1-8)

“Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt 9, 2).

Gesù toglie il peccato dell’uomo. San Paolo dirà: “Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione” (2 Cor 5, 19).

I personaggi che possono rimettere i peccati sono tre.

Il primo è Dio, che fa la pace con l’uomo perché il Cristo muore in croce e ci toglie il peccato.

Il secondo personaggio è il Cristo, che con la sua morte in croce ci toglie il peccato direttamente.

Il terzo personaggio è il sacerdote, perché Gesù risorto, prima di salire al cielo ha affidato la sua potestà ai sacerdoti: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20, 23).

Questa è l’origine della confessione o del sacramento della Penitenza.

Abbiamo peccato e questo peccato deve essere tolto, perché col peccato siamo diventati nemici di Dio. Siamo poi diventati amici di Dio per opera di Gesù Cristo e della redenzione, però noi non diventeremo mai amici di Dio e del Cristo se non riconosciamo il nostro peccato e non lo confessiamo.

Questo sacramento, dunque, ci è stato dato dal Cristo ed è stato consegnato ai sacerdoti. Oggi questo sacramento è in crisi, ma lo è stato in tutti i secoli, non solo adesso. Tutti fanno la comunione, ma nessuno si confessa, perché è un atto di umiliazione da parte dell’uomo dire:- Io ho fatto questi peccati. L’umiltà non è il forte dell’uomo, ma lo è la superbia. Inoltre la confessione è stata sempre il sacramento che affatica il sacerdote senza nessuna ricompensa, però dobbiamo vivere di fede, sia voi fedeli che noi sacerdoti.

Vi consegno tre condizioni per sfruttare al meglio il sacramento della Penitenza che il Cristo, nella sua misericordia infinita, ci ha consegnato. Due riguardano Dio e una riguarda noi.

Ci sono tantissime condizioni perché il sacramento della Penitenza sia fruttuoso per ciascuno di noi, però vi sottolineo queste tre condizioni che la Chiesa, sposa di Cristo, vorrebbe che fossero sempre presenti al peccatore che si confessa. Sono contenute nell’atto di dolore.

         Prima condizione: Detestare il peccato perché col peccato ho meritato i castighi di Dio.

È una condizione che sentiamo nella carne, perché noi uomini agiamo sempre per interesse. Col peccato abbiamo meritato l’inferno; all’inferno non ci vogliamo andare, e allora ci confessiamo, nel nostro interesse, perché ci vogliamo salvare, vogliamo andare in paradiso. Questo fa parte del famoso “timore di Dio”; cioè non pecco per non ricevere il castigo di Dio.

         Seconda condizione: Detestare il peccato perché col peccato ho offeso Dio, sommo bene.

Questa condizione non è dettata dall’interesse, ma dall’amore. Nell’atto di dolore diciamo: “Perché ho meritato i tuoi castighi e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa”. Viene, dunque, prima il timore, che san Giovanni definisce amore imperfetto, ma è sempre amore, e poi l’amore perfetto. Non si arriva al secondo scalino o amore perfetto se non si passa dal primo scalino che è il timore o amore imperfetto.

Il castigo può essere l’inferno o il purgatorio. Le sofferenze del momento presente sono nulla dinanzi alle sofferenze dell’eternità, non soltanto dinanzi alla gloria che il Signore ci riserva. Quindi vale la pena di soffrire qui per non soffrire lì; ma se col peccato noi meritiamo i castighi e non li ripariamo sulla terra, li dobbiamo riparare in purgatorio.

Quante volte i figli certe mancanze non le fanno perché il papà ha minacciato una punizione? E noi da grandi quante cose non facciamo perché c’è la multa?

Dal primo scalino si passa al secondo: io non faccio questo non per il castigo, ma perché papà non è degno di essere offeso da me; perché papà e mamma dalla mattina alla sera non fanno altro che mettere tutta la loro vita a mia disposizione. Così è con Dio. Se Dio è Padre per ciascuno di noi e lui ci ama di amore vero e disinteressato, anche noi dobbiamo fare questo sforzo di disinteresse e di amore.

Dio non è degno di essere offeso, perché è colui che ci ha fatto solo del bene, tra cui quello di riconciliarci a sé per mezzo del Cristo. Il Cristo è degno di amore, perché è morto per noi e ci ha dato questo sacramento per riconciliarci con lui e con il Padre.

         Terza condizione: Fare il proposito di fuggire le occasioni prossime di peccato.

Perché la confessione sia fruttuosa dovete mettervi nelle condizioni di fuggire le occasioni di peccato. Di quale peccato? Dei peccati di cui vi siete accusati. Se non fuggite le occasioni, fra quindici giorni ritornerete a dire le stesse cose.

A noi non manca l’invocazione della misericordia, perché ogni giorno diciamo: “Gesù mio, misericordia”; non manca il proposito, perché lo facciamo veramente; non vogliamo ricadere nella colpa. Però Dio e la Chiesa, sposa di Cristo, ci ripetono questo pensiero: “Chi ama il pericolo, in esso si perderà” (Sir 3, 25). “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”      (1 Cor 10, 12).

Questo significa fuggire le occasioni del peccato. queste parole sono state dette da Gesù a Pietro, Giacomo e Giovanni nell’orto del Getsemani: “Lo spirito è pronto ma la carne è debole”       (Mt 26, 41). Volete fare questo ed altro, ma non ne siete capaci, perciò pregate e vigilate, cioè state con gli occhi aperti.

Vigilare significa fuggire l’occasione prossima del peccato. Se ho confessato di essermi adirato con i vicini di casa perché hanno gettato l’acqua dal balcone, fuggire l’occasione significa che quando nuovamente getteranno l’acqua dal balcone io me ne starò in casa, così il sole asciugherà tutto e io non vedrò niente.

Bisogna riflettere: Chi è per me occasione di peccato, mia sorella, mio fratello, mio marito, la chiesa parrocchiale? Dovete esaminare il peccato che avete accusato e dovete trovare qual è stata l’occasione prossima di quel peccato e renderla remota: andare in chiesa sì, ma non in quel tempo in cui trovi quel tizio che ti fa arrabbiare. Parlare sì, ma non di quell’argomento, perché come prendi quell’argomento tuo marito, tua sorella, tuo fratello si adira. E voi queste cose le sapete.

Diciamo con verità: “Propongo di fuggire le occasioni prossime del peccato. Signore, misericordia, perdonami”.

CONCLUSIONE

Vi consegno queste tre condizioni perché moltissime confessioni sono nulle. Non si riceve il beneficio legato al sacramento, in quanto mancano queste condizioni: non c’è il dolore né del castigo meritato, né di aver offeso Dio; oppure non si fa il proposito di fuggire le occasioni prossime del peccato. Mancando queste tre condizioni la confessione, che è un torrente di grazia nell’anima nostra, non produce niente, perché noi ci siamo corazzati con un cuore duro, e l’acqua della grazia non penetra, ma scivola via.

Vale la pena confessarsi per non ricavare il frutto dovuto?