Signore, guardami… rendimi ricca di Te – Mt 5, 3

Mt 5, 1-12 – Le beatitudini


Martina Franca 28.01.1990

 

BEATI I POVERI IN SPIRITO, PERCHÉ DI ESSI è IL REGNO DEI CIELI

(Mt 5, 3)

 

 

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          I poveri in spirito

 

  1. Il significato di poveri in spirito

Certamente non significa esclusivamente povertà economica. Questo dovete saperlo per non cadere in degli equivoci. Se si fosse trattato solo di povertà economica, il Cristo non avrebbe aggiunto “in spirito”. Quindi si può essere poveri economicamente e ricchi in spirito, come si può essere ricchi economicamente e poveri in spirito. Però chi unisce queste due condizioni: la povertà economica alla povertà in spirito ha la pienezza, cioè realizza in sé la pienezza dell’insegnamento di Gesù.

La povertà economica è la premessa della povertà in spirito, che significa umiltà.

Infatti il profeta Sofonia dice: “Voi tutti poveri della terra… cercate la giustizia, cercate l’umiltà” (Sof 2, 3).

Il povero in spirito è l’umile. La povertà economica è la premessa dell’umiltà, della povertà in spirito. Il Cristo infatti da Dio, scelse la povertà, la povertà in spirito, l’umiltà. “Non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8).

Il vero povero in spirito è stato Gesù, che pur essendo ricco si fece povero: nacque in una grotta e visse da semplice lavoratore, umiliò se stesso facendosi ubbidiente, perché l’obbedienza è lo spogliamento dell’intelligenza, è l’annullamento del proprio essere.

Qualcuno dice che la povertà economica è la conseguenza della povertà in spirito. Può anche essere, non dico che non sia vero, ma io non sono di questo parere, perché è più facile essere umili quando non si hanno i soldi, che quando si hanno. L’insegnamento del Padre a voi è: che la povertà economica è la premessa della povertà in spirito. Non è la conseguenza, è la premessa!

La povertà in spirito è la povertà spirituale, cioè l’umiltà. Lo dice san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1 Cor 1, 27-29).

“Perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore” (1 Cor 1, 31).

I poveri in spirito, secondo san Paolo, sono gli stolti, o chi si fa stolto per Cristo. Sono i deboli, o chi si fa debole per Cristo. Ecco l’orfano e la vedova di cui si parla nel Vangelo! Sono l’ignobile, cioè colui che non è nobile, non colui che compie azioni cattive. Il povero in spirito è il disprezzato per il suo modo di parlare, per il suo modo di agire, di pensare, di vivere. È il perseguitato, ossia colui che soffre per gli altri per amore di Cristo.

Tutte queste cose si sono avverate in Gesù. Nessuno, guardandolo, pensava che quell’uomo fosse la sapienza increata e infinita; nessuno pensava che fosse l’onnipotente; nessuno pensava che provenisse da una famiglia nobile. Pur venendo da una famiglia regale, nessuno lo sapeva e a nessuno l’ha detto. Il Cristo non si è imposto per la sua nobiltà di stirpe, è stato il disprezzato, colui che è nulla. Si è ridotto all’impotenza, al nulla. Questi sono i poveri in spirito. Su questo dobbiamo fare il nostro esame di coscienza.

  1. Come si diventa povero in spirito

Si diventa povero in spirito in tre modi:

 

  • Riconoscendosi peccato, miseria, nulla

Secondo san Paolo, sempre seguendo la prima lettera ai Corinzi, riconoscersi nulla significa riconoscersi peccatore, riconoscersi miserabile, cioè pieni di miseria, e non come pensate voi, pieni di virtù. Siamo pieni di miserie, pieni di peccati! Ogni giorno facciamo dei propositi, e ogni giorno non riusciamo a mantenerli. Vogliamo diventare santi, ma santi non lo siamo, e questo lo constatiamo giorno per giorno.

  • Vivendo confidando in Dio

Così si diventa umili, perché da Dio viene la sapienza. San Paolo dice: “è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1, 30).

Dobbiamo aver fiducia in Dio, perché Cristo è un sapiente dal quale viene la potenza, la forza, la grazia, la forza spirituale e la sapienza divina per capire i misteri di Dio.

La forza è la grazia. La grazia di Dio dà la forza di vivere santamente.

Il Cristo, dice san Paolo, è diventato per noi giustizia, cioè ci ha giustificato dinanzi a Dio; ma non siamo noi i giusti, né siamo i sapienti. È lui che ci dà la sapienza. Ecco perché bisogna avere fiducia in Dio. Siamo nulla, siamo miseria, siamo peccato, però ci dà la sapienza, la sapienza divina; ci dà la forza, cioè la potenza divina di vincere tutte le tentazioni; ci fa santi. È lui che ci ha giustificati e, giustificandoci, ci ha dato una forza particolare per vincere le battaglie dello spirito. Da lui viene la nobiltà di spirito, che è la santità, perché il Cristo è diventato per noi santificazione. Questa è la vera nobiltà: diventare santi.

Bisogna inoltre confidare in Dio, perché da Dio viene la salvezza. Non ci salviamo per i nostri meriti, ma per i meriti di Cristo. Ecco perché san Paolo dice che per noi è diventato redenzione. Il Cristo ci ha redenti, e quindi ci ha salvati.

Per essere poveri in spirito dobbiamo prima di tutto riconoscere i limiti del nostro essere: siamo nulla e nel nulla ritorneremo, quindi siamo peccato e siamo miseria; poi dobbiamo confidare in Dio, perché da lui viene la sapienza, la potenza, la forza, la grazia, la nobiltà, la santità e la salvezza.

 

  • Attribuendo tutto a Dio

Ogni bene viene da Dio, e lo dobbiamo attribuire a Dio. Da lui proviene l’essere e l’operare, dice san Paolo. Quindi il bene viene da Dio, e l’agire nel bene o il perseverare nel bene viene da lui.

Questo è il povero in spirito: colui che si riconosce quello che è e vive confidando in Dio, dal quale viene ogni cosa, e attribuendo a lui ogni cosa.

“Chi si vanta si vanti nel Signore”, dice san Paolo (1 Cor 1, 31). Il povero in spirito non potrà mai vantarsi, non potrà mai dire che lui è stato capace di fare qualche cosa.

 

 

         la ricompensa

 

Per i poveri in spirito, dice il Cristo, ci sono due ricompense: la beatitudine sulla terra, e la beatitudine nei cieli. I poveri quindi, saranno felici sulla terra e nei cieli.

 

  1. La beatitudine sulla terra

         “Beati i poveri”, ha detto Gesù.

C’è una felicità sulla terra? Sì. E la si consegue con l’umiltà, ossia con la povertà in spirito. Chi è umile è ben voluto da tutti, raggiunge la beatitudine sulla terra.

Tutti i problemi si risolvono con l’umiltà. Chi è umile è felice, perché non entra in lite con nessuno. Chi è umile è caritatevole verso tutti ed è in pace con tutti: non ha nemici, non ha rivali. Gode la felicità già sulla terra, perché Dio resiste ai superbi e innalza gli umili. Li innalza già sulla terra. Li esalta e li circonda di ammirazione e di rispetto, già sulla terra.

  1. La beatitudine nel cielo

         “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”.

Se il fine dell’uomo è conoscere, amare e servire Dio e poi goderlo nell’altra vita, l’uomo dovrebbe anche sapere quali sono le condizioni nelle quali dovrebbe mettersi, per conseguire questo fine.

La prima condizione è proprio l’umiltà, o povertà spirituale.

“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Così comincia il discorso delle beatitudini, col quale il Cristo ci ha indicato la via della salvezza. Non credo, come dice qualcuno, che queste beatitudini siano state dette a casaccio, cioè non con un ordine preciso, per cui o la prima o la seconda sono la stessa cosa. Non sono la stessa cosa, bisogna cominciare dalla povertà spirituale, dall’umiltà, perché è la base della santità. Infatti Dio resiste ai superbi, ma esalta gli umili. Chi è superbo, chi è ricco economicamente o spiritualmente, cioè chi si crede di essere ricco, mentre è niente, è fuori della linea della santità.

Con l’umiltà si consegue la santità. Il fondamento di ogni santità infatti è l’umiltà. La via della santità è l’umiltà. Il fine della via dell’umiltà è la vita eterna.

 

         CONCLUSIONE

A conclusione di questa meditazione chiediamoci:

…….

  1. Gesù mi ha dato un insegnamento: “Beati i poveri in spirito”, l’ho accettato?
  1. Vi siete mai lamentate di essere deboli, stolte, di non essere di famiglia nobile, di essere disprezzate? Vi siete mai lamentate di essere nulla, di essere miseria, di essere peccatori, di non combinare niente?