Concedimi, Signore, la sapienza del cuore – Lc 18, 9-14

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Lc 18, 9-14 – Il segreto della spiritualità Minima 2-4-11

Lc 18, 9-14 – O Dio abbi pietà di me peccatore

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca, 13.03.2005

 

FONDAMENTO DELLA PENITENZA

 è RICONOSCERSI PECCATORI

(Lc 18, 9-14)

“Due uomini, dice Gesù, salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 18, 10-14).

La Chiesa ci indica come dobbiamo fare penitenza.

Per fare penitenza devo convincermi di essere peccatore. Se mi convinco di essere peccatore, farò penitenza; se non mi convinco di essere peccatore, la penitenza non la farò, non la posso fare, perché la penitenza ha come oggetto il peccato.

Distrugge il peccato chi si riconosce peccatore, chi dice di aver peccato. Si guarda bene dal commettere il peccato chi si riconosce peccatore.

I. chi si riconosce peccatore fa penitenza

 La penitenza è una virtù morale per mezzo della quale l’uomo detesta il peccato, non lo commette più, lo lascia definitivamente, si converte: lascia di percorrere la strada del peccato e fa un’inversione di marcia; lascia la via del peccato e incomincia a camminare o a correre sulla via della grazia.

Il primo grado della penitenza ha due aspetti: uno negativo e uno positivo. Il sacramento della penitenza, infatti, prima ci lava, ci toglie il peccato, poi ci dà la grazia e ci fa vivere nella grazia di Dio.

Tutto ciò che la penitenza fa, lo fa per glorificare Dio. La penitenza ha come risultato la carità.

Chi si riconosce peccatore fa penitenza, perché la penitenza è una virtù per mezzo della quale si lascia il peccato, ci si mortifica per non commetterlo più, ci si guarda bene dal ricadere nel peccato e si ripara il peccato commesso. Meglio riparare il peccato sulla terra anziché pagarlo in cielo, nel purgatorio.

La difficoltà che ho incontrato nella mia vita è stata confondere la parola penitenza con la parola mortificazione.

Fare penitenza non significa mortificarsi, ossia fare un sacrificio, digiunare! La penitenza riguarda soltanto ed esclusivamente il peccato. Le altre cose sono aspetti diversi della penitenza. Fa penitenza chi si riconosce peccatore; non fa penitenza chi non si riconosce peccatore. Se mi riconosco peccatore sono penitente. Se non mi riconosco peccatore non sono penitente.

Riconoscersi peccatore significa lasciare il peccato, guardarsi bene dal ricadere nel peccato, riparare il peccato. Stiamo sempre col peccato! Se dite che fare penitenza significa compiere le opere buone, non ci troviamo più.

  1. Il difficile non è peccare

 Tutti pecchiamo e tutti peccano ogni giorno. Io non discuto mai sul peccato, perché constato che ogni giorno pecco; ho peccato ieri, pecco oggi e certamente peccherò domani. Quindi non è difficile dire e convincersi di aver peccato o di peccare.

  1. Il difficile è riconoscersi peccatore

 Qui abbiamo due uomini: il fariseo e il pubblicano. Il fariseo non aveva la consapevolezza di essere peccatore; ma era un peccatore come gli altri. Il pubblicano invece, aveva la consapevolezza di esser peccatore, e poiché si riconosce peccatore, lo dice, non si giustifica, non trova scuse, non si paragona agli altri.

Chi non si riconosce peccatore ha invece questi atteggiamenti:

 

  • Non dice di essere peccatore

Chi non dice di essere peccatore non si riconosce peccatore.

  • Si giustifica

Un altro modo per non riconoscersi peccatore è quello di giustificare la propria trasgressione o il proprio peccato. Tante volte noi pecchiamo, ma giustifichiamo il nostro peccato. Giustificandolo è come dire: io non ho peccato.

 

  • Trova le scuse

Chi si scusa vuol dire che quel peccato non l’ha fatto, quindi non si riconosce peccatore.

Chi si riconosce peccatore lo dice, non si giustifica, non trova scuse e non si paragona agli altri.

 

  • Si paragona agli altri

Il fariseo per non riconoscersi peccatore si è paragonato al pubblicano; ma anche lui aveva peccato, e proprio nell’istante in cui si paragonava all’altro.

Il difficile quindi non è peccare o constatare di peccare, ma riconoscersi peccatori. Questo però è il fondamento della penitenza. Si deve partire da questa verità, come ha fatto il nostro san Francesco. Lui faceva penitenza perché si riconosceva non peccatore, ma miserabilissimo peccatore.

Quando san Francesco arrivò in Francia, tutti sbarcarono dalla nave, tranne lui, altrimenti la Francia sarebbe stata punita da Dio per i suoi peccati. Prima si confessò, poi scese dalla nave. Io avrei fatto così? Ma neanche per idea!

II. chi si riconosce peccatore chiede perdono

  1. Chiede perdono a Dio

 Chi si riconosce peccatore chiede perdono a Dio nella preghiera, come ha fatto il pubblicano. Chi non chiede mai perdono a Dio nella preghiera, non si riconosce peccatore.

Chi si riconosce peccatore chiede perdono a Dio, avvicinandosi frequentemente al sacramento della penitenza.

Non si confessa chi non si riconosce peccatore. Chi non si confessa da tanto tempo dice sempre di non aver commesso nessun peccato.

Chi si riconosce peccatore chiede perdono a Dio con la S. Messa e con gli altri sacramenti.

La S. Messa è tutta un chiedere perdono: dai riti di introduzione per finire alla comunione. Tutta la S. Messa è un sacrificio offerto a Dio per togliere i nostri peccati. È esercizio della virtù della penitenza.

  1. Chiede perdono al fratello che ha offeso

 Chi si riconosce peccatore chiede perdono non solo a Dio, ma anche ai fratelli che ha offeso. È qui che vi volevo! Perché con facilità chiedete perdono a Dio; ma se offendi il tuo fratello e non gli chiedi perdono perché ti vergogni, una virtù certamente non ce l’hai: l’umiltà; un vizio certamente ce l’hai: la superbia. L’umile non si vergogna di chiedere perdono al fratello.

Si può chiedere perdono con le parole o con alcuni gesti, o se volete si può chiedere perdono direttamente o indirettamente.

In genere quando uno è adulto chiede perdono al fratello indirettamente, con una parola, un gesto di gentilezza. Poi si passa al chiedere perdono al fratello direttamente; ma qui ci vuole santità. Significa camminare sulla via della virtù dell’umiltà. Beato chi è arrivato ad essere umile e non si vergogna di chiedere scusa, di chiedere perdono apertamente! Si fanno discussioni di ore, senza concludere nulla. Invece è semplicissimo. Basta dire: Ho sbagliato! Sono sufficienti pochi secondi!

 

III. chi si riconosce peccatore si umilia, è giustificato da Dio ed è esaltato

 

  1. Si umilia

 Prima di tutto esaminiamo gli atteggiamenti del pubblicano; ha quattro atteggiamenti di umiltà:

“tenutosi a distanza”. Non si considerava degno di stare con gli altri perché lui era peccatore, mentre gli altri erano santi e giusti.

“Non osava alzare gli occhi al cielo”. Sono peccatore, pensava; il Signore mi deve prima perdonare, poi alzerò gli occhi al cielo e parlerò col mio Dio come Padre. Adesso è un Padre adirato. Ho peccato! Sono nemico! Dobbiamo prima diventare amici. Questa è umiltà.

“Si batteva il petto”. Battersi il petto è un segno esterno di richiesta di perdono a Dio.

“Dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore” dice le parole che corrispondono a questi suoi atteggiamenti di umiltà: umiltà verso Dio e verso i fratelli.

a. Chi si riconosce peccatore fa un atto di umiltà verso Dio

Non c’è penitenza senza umiltà, come non c’è umiltà senza penitenza. È un aspetto di umiltà chiedere perdono a Dio; ma bisogna farlo, altrimenti non c’è perdono. Il pubblicano si umilia dinanzi a Dio.

b. Chi si riconosce peccatore fa un atto di umiltà verso i fratelli

Vi consiglio di partire dal poco per arrivare al molto. Chi parte dal molto, non parte mai.

Partire dal poco significa iniziare a chiedere perdono in modo indiretto, con un gesto, perché il modo diretto costa assai. Poi si arriva al modo diretto: chiedere perdono con le parole. Però chi si riconosce peccatore certamente si esercita nella virtù dell’umiltà.

  1. è giustificato da Dio

 Capita ad ogni uomo che si umilia quello che è capitato al pubblicano. Difatti Gesù ci tiene a dire che “questi tornò a casa sua giustificato”.

Chi si umilia è giustificato da Dio. è l’effetto che riceve chi chiede perdono a Dio nella preghiera e nella confessione. Quando noi chiediamo perdono a Dio nella preghiera, siamo da Dio sempre giustificati, diventiamo giusti, santi.

La grandezza della spiritualità minima consiste proprio nel santificare il peccato. Il peccato per se stesso è una macchia nera, non può santificare nessuno; ebbene, accettare il peccato, offrirlo a Dio e considerarsi peccatore dinanzi a lui dà la possibilità a noi Minimi di santificarci, perché compiamo un atto di umiltà, e siamo giustificati direttamente da Dio. Basta mettersi in ginocchio e chiedere perdono, perché la sua misericordia non è limitata a questo o a quell’altro modo di chiedere perdono. È legata semplicemente al chiedere perdono. Basta il solo gesto di inginocchiarsi dinanzi al confessore per dire con questo gesto di umiltà: ho peccato. Il minimo indispensabile lo ha fatto!

La misericordia di Dio scatta anche col minimo. In una stanza dove c’è stata una fuga di gas, basta il solo gesto di premere un interruttore per avere un’esplosione. Basta una scintilla per attivare il gas.

La misericordia di Dio è infinita, grande, grandissima, permea la vita e l’attività di ogni uomo, di tutta la terra, di tutte le società. Basta il gesto di mettersi in ginocchio, che la misericordia di Dio scatta.

Questo avviene nella confessione e nella preghiera. Abbiate questa certezza.

Quando la sera fate l’esame di coscienza e dite l’atto di dolore, Dio vi perdona? Sì. Noi vorremmo la compunzione, ma la compunzione si ha una volta in tutta la vita. Agli Esercizi sì, ma ogni sera no.

  1. è esaltato da Dio

 Chi si umilia è esaltato. La Madonna disse: Ha guardato l’umiltà della sua serva, per questo ha fatto in me opere grandi.

Chi si umilia è esaltato, perché questo è il metodo o il modo di comportarsi di Dio.

Chi si umilia è esaltato non solo da Dio, ma anche dagli uomini.

Quando uno si umilia dinanzi agli uomini, non so se ci avete fatto caso, tutti lo aiutano, tutti lo scusano, tutti lo esaltano mostrandolo come esempio. Chi invece pretende non ottiene niente.

conclusione

 

  1. San Francesco e i suoi figli si riconoscono peccatori, fanno penitenza chiedendo perdono a Dio e ai fratelli, e sono giustificati ed esaltati da Dio.

Essere seguaci di san Francesco, essere Minimi significa esercitarsi nella virtù della penitenza. I Minimi chiedono perdono a Dio e ai fratelli, però sono giustificati ed esaltati. Questo è l’effetto dell’umiltà.

 

  1. I figli di san Francesco fanno penitenza non per quaranta giorni, ma per tutta la vita

Sono i penitenti nella Chiesa. Sono i testimoni, gli specialisti della penitenza nella Chiesa.

Siamo andati al negozio, abbiamo comprato un mitra che fa trecento colpi al secondo e spariamo una volpe, che si chiama: peccato.

Se c’è il peccato lo togliamo, se non c’è ci guardiamo bene dal farlo entrare nell’anima nostra; ma una volta che c’è stato e Dio ci ha dato il perdono, ci ha tolto la colpa ma non la pena, allora lo ripariamo, togliendo con le nostre virtù anche la pena.

  1. Da voi che cosa voglio?

Che vi riconosciate dinanzi a Dio e ai fratelli peccatrici, non sante; perché se vi riconoscete peccatrici tornerete a casa giustificate, a differenza di chi dice di essere santa e non è né giustificata, né esaltata; ma soltanto condannata, come è stato per il fariseo.

Questa è la strada che sta dinanzi a voi! Percorretela.