Nessuno ha amato e mai amerà come la Vergine – Gv 21, 1-19

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M

Martina Franca, 25.04.2004

il Risorto è con noi

(Gv 21, 1-19)

Vi consegno due pensieri, perché il vangelo di oggi è diviso in due parti. Nella prima parte parla della pesca miracolosa, nella seconda della consegna della Chiesa nelle mani di san Pietro.

I. saper vedere il Cristo risorto in noi, negli altri e nelle vicende della vita

Il Risorto è sempre con noi. L’ha detto Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Le parole che mi hanno colpito sono quelle di Giovanni rivolte a Pietro: “è il Signore!” (Gv 21, 7).

Giovanni ha riconosciuto Gesù nella pesca miracolosa. Dobbiamo saper riconoscere Gesù:

  1. Saper vedere il Cristo risorto in noi

Voi siete il tempio dello Spirito Santo, dice san Paolo. Siate il tempio di Dio, il tempio del Cristo. Però bisogna saperlo vedere. Tante volte in noi non lo vediamo.

  1. Saper vedere il Cristo risorto negli altri

“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me” (Mt 25, 45).

La fede ci dice che il Cristo risorto è in noi; ma lo credi? Lo vedi? Così pure sappiamo per fede che il Cristo è nei nostri fratelli; ma lo vedi? Lo credi? Lo servi? Non è questione di conoscenza, è questione di vita!

  1. Saper vedere Gesù risorto nelle vicende della nostra vita, nelle vicende della storia della Chiesa, dell’Istituto, del mondo

Dio dirige gli avvenimenti umani. Potremmo dire: ma ti sembra giusto che Gesù Bambino deve scappare da Betlemme, appena nato, in Egitto? Ma se non ci fosse stata la sofferenza dell’esilio, noi non avremmo avuto Gesù Redentore.

Dice san Paolo ai Romani: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28). Tutto! Il guaio è che noi non riusciamo a saltare il muro della sofferenza e ad entrare nella sofferenza con la serenità con cui viviamo nella felicità, nella gioia e nelle cose che vanno bene.

La storia dell’Istituto è tutta storia di sofferenza, però è una sofferenza che nobilita, che santifica, che risolve i problemi, che apre porte, portoni e finestre, perché Dio è con noi. Anche la storia che stiamo vivendo adesso è pervasa dalla presenza di Dio.

Gesù ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Fino a quando ci sarà un uomo sulla terra, ci sarà Gesù con lui. Però lo vediamo? No. Lo dobbiamo credere. Non lo vediamo, ma c’è.

Gesù camminava e parlava con due discepoli di Emmaus, ma loro non lo vedevano. Lo dovevano credere. Non l’hanno creduto, e allora Gesù si è manifestato. Cosa che fa anche con noi! Si manifesta nei sacramenti, perché quando il sacerdote ci assolve dai peccati, è Gesù che ci assolve. Quando il sacerdote ci dà l’Eucaristia, è Gesù che entra dentro di noi. Lo crediamo? Lo viviamo? Qui è il problema. Il problema è vivere, non è sapere!

  1. Per chi crede che il Cristo risorto è in lui, negli altri e nelle varie vicende della vita, tutto cambia, tutto si fa rapidamente, tutto va a buon fine, tutto è meritorio

  • Tutto cambia

Chi non crede non pesca; va a pescare, ma non raccoglie pesci.

Pietro crede e dice: “Getterò la rete sulla tua parola”. E pesca. Tutto cambia. L’avvenimento è lo stesso, ma se tu critichi, mormori e ti arrabbi sei un disperato; la stessa situazione accettata diventa meritoria. Non credi, non peschi; credi, peschi! Se Pietro avesse rifiutato il dato di fede non avrebbe pescato. Le stesse condizioni, gli stessi uomini, la stessa barca, la stessa rete, lo stesso mare, non riconoscendo Gesù non combiniamo niente, riconoscendolo tutto cambia.

  • Tutto si fa rapidamente

Se non credi stai in mare tutta la notte, ma non peschi; se credi getti la rete, peschi e porti il pesce a riva, subito. Non solo tutto cambia, ma tutto si fa rapidamente. Nello spazio di un’ora tutto è risolto. Senza Dio invece non si risolve niente. Così è per tutte le vicende della nostra vita: malattie, morti, concorsi, inimicizie in famiglia, incomprensioni! Senza Dio, anni! Con Dio, subito! Tutto cambia e tutto si fa rapidamente.

  • Tutto va a buon fine

Vedendo Dio negli altri e negli avvenimenti, accettando la fede si pesca e si mangia.

“Getta la rete a destra!”. Ha pescato ed hanno mangiato. Tutto va a buon fine.

Il messaggio di La Pira era ispirato dalla fede. Egli diceva:- Io sono ottimista, perché Dio è ottimista. La storia dell’umanità è nelle mani di Dio e tutto va a buon fine, anche il male. Il Signore lo permette perché ne venga un bene. Bene che noi non vediamo nello spazio di un giorno o di un mese; ma a distanza di cento anni si vede tutto il bene che quel male ha operato. Tutto va a buon fine.

  • Tutto è meritorio

Tutto ciò che fate con la fede è meritorio, perché la fede merita dinanzi a Dio, perché tutto è fatto in grazia di Dio e tutto è fatto in unione col Cristo e nel quale si crede.

II. conseguenza e fondamento dell’ubbidienza è l’amore (Gv 21, 15-19)

 

  1. L’amore è radice e frutto

Gesù vuole l’ubbidienza da Pietro: doveva pascere gli agnelli e le pecore; ma a fondamento di questa ubbidienza ha messo l’amore: “Mi ami tu?” (Gv 21, 15).

Presupposto e fondamento dell’ubbidienza è l’amore. Fondamento della fede è l’amore. Io amo e credo, io amo e ubbidisco, io amo e servo. Tutte le cose partono dall’amore. Però è altresì vero che l’amore è anche frutto della fede, frutto dell’ubbidienza. Io ubbidisco e amo. Dimostro il mio amore con l’ubbidienza.

Quindi, o prima amate e poi ubbidite, o prima ubbidite e poi amate.

Chi osserva i miei comandamenti, ha detto Gesù, mi ama (cfr. Gv 14, 15). Effetto dell’osservanza dei comandamenti è l’amore; ma è anche vero che effetto dell’amore è l’osservanza dei comandamenti. “Mi ami tu?”. “Pasci i miei agnelli!”. Dunque l’amore sta in partenza e sta in arrivo. Alcune volte sta in partenza e sta in arrivo. Alcune volte sta in partenza: è radice, fondamento; altre volte è frutto. Hanno ragione perciò sia quelli che dicono: prima ami, poi ubbidisci; sia quelli che dicono: prima ubbidisci, poi ami. Osserva i comandamenti e dimostri di amare.

  1. Due specie di ubbidienza

Una ubbidienza si chiama servile. Sarebbe l’ubbidienza fatta senza l’adesione della propria intelligenza e della propria volontà, che sono le due parti più nobili dell’anima nostra. È l’ubbidienza da caserma. Il soldato deve ubbidire al suo superiore, altrimenti c’è la punizione o la perdita del posto. Obbedisce sì, ma solo per le otto ore di lavoro; poi se ne va, si mette in borghese e la sua ubbidienza è finita. Non è questa l’ubbidienza di cui parlo.

L’altra ubbidienza è quella filiale: il mio Dio mi è padre, non superiore, e io sono figlio. Ubbidisco perché gli sono figlio, perché lo amo, sono riconoscente.

  1. Tutto nella vita cristiana e di consacrazione parte dall’amore, finisce nell’amore, deve essere fatto nell’amore

Tutto parte dall’amore: chi ama ubbidisce, crede, è umile, prega.

Tutto finisce nell’amore: ogni virtù fa crescere il cristiano e il consacrato nell’amore. Chi ubbidisce ama.

Tutto deve essere fatto nell’amore: chi ubbidisce sempre vive nell’amore.

Se tutto parte e tutto finisce nell’amore, dovete vivere nell’amore. Non vi chiedo altro.

conclusione

Oggi chiediamo al Signore nella preghiera, nella S. Messa, nel ritiro due virtù: la fede e l’amore.

Con la fede vediamo il Cristo risorto in noi, negli altri e nella nostra vita; con l’amore mettiamo il fondamento ad ogni virtù nella vita cristiana, perché se non c’è l’amore non c’è vita cristiana, né vita di consacrazione.

Su questo fate l’esame di coscienza: se c’è o non c’è l’amore; però quella è la strada. Da soli non si riesce a fare niente: “Senza di me non potete fare nulla”, soprattutto perché sono virtù di ordine soprannaturale e teologale; tutto viene da Dio. Queste virtù Dio ce le ha date col Battesimo e le fa crescere per mezzo del sacramento della Penitenza e dell’Eucaristia. Oggi, celebrando la S. Messa e facendo la comunione, possiamo chiedere l’aumento della fede e l’aumento dell’amore.