Apri le mie labbra, voglio lodarti, mio Dio – At 4, 13-21 – Mc 16, 9-15

Mc 16, 9-15 – Gli increduli 30-4-11

Mc 16, 9-15 – L’incredulità è rimproverata da Gesù

Mc 16, 9-15 – Chi annunzia la risurrezione di Gesù non è incredulo

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Martina Franca, 25.04.1992

IL CATECHISTA è UN ANNUNZIATORE

(At 4, 20)

“I principi dei sacerdoti e gli anziani, vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù” (At 4, 13).

“Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4, 20).

            Nel catechista si devono constatare tre cose: che parla per esperienza, che parla con franchezza, che è pieno di Spirito Santo.

  1. Il catechista è un testimone

 

Il catechista ha fatto l’esperienza del Cristo nella sua vita. Non annunzia ciò che ha studiato, ma ciò che ha visto e udito, come coloro che sono stati con Gesù.

Poiché il cristianesimo è vita, dobbiamo annunziare una esperienza di vita. L’annunzio deve essere prima sperimentato in noi; poi ciò che abbiamo visto e ciò che abbiamo udito, lo dobbiamo dire agli altri. In altri termini dobbiamo fare l’esperienza del Cristo, l’esperienza del Vangelo, l’esperienza delle parole che annunziamo agli altri. Soltanto chi fa questa esperienza può parlare con convinzione. Chi non fa l’esperienza dice delle parole che non hanno riflesso nel suo cuore; e si nota subito.

Filippo e Andrea, che stavano con Giovanni Battista, videro passare Gesù da lontano. Il Battista disse: “Ecco l’agnello di Dio , ecco colui che toglie i peccati del mondo”. I due apostoli non si accontentarono di sapere né di vedere, ossia della scienza; ma subito corsero dietro a Gesù, il quale, sentendoli avvicinare, si voltò e disse: Chi cercate? E loro risposero: Maestro, dove abiti?

La risposta di Gesù è: “Venite e vedrete”. Non annunzia delle cose che loro non hanno visto né udito, ma li invita a vedere e a udire, perché dovevano fare l’esperienza.

Soltanto chi fa l’esperienza della sofferenza sa parlare della sofferenza sopportata cristianamente. Soltanto chi fa l’esperienza dell’amore ai nemici sa parlare del perdono. Soltanto chi fa
l’esperienza della povertà sa parlare della povertà. Ecco perché san Francesco, quando a dodici anni a Roma vide passare il cocchio di un Cardinale con cavalli, bardature, cocchieri e servi in livrea, non potè fare a meno di gridare: Tu dici di essere un seguace di Cristo, ma Gesù Cristo non camminava così. Il Cardinale lo udì, fece fermare la carrozza e gli rispose:- Hai ragione, ma se non si fa così la religione non è stimata. Ma san Francesco rimase nella sua idea, tanto è vero che non andò a comprare né cavalli né cocchio, né servi e né livree, ma se ne andò nella grotta e non volle nemmeno il letto per dormire. Per scarpe possedeva dei sandali, per vestito un rozzo saio e per cingolo una fune.

Noi dobbiamo parlare di ciò che abbiamo visto e udito come coloro che sono stati col Cristo, come coloro che hanno fatto l’esperienza del Cristo. Dobbiamo dire che si soffre ma che nella sofferenza c’è la gioia, c’è la serenità, c’è la felicità; ma questo lo potrà dire chi ha fatto l’esperienza.

Dobbiamo dire che bisogna cercare prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, ma bisogna fare l’esperienza di cercare il Regno di Dio e la sua giustizia, poi tutto andrà bene.

            Nella mia vita sacerdotale e religiosa non mi hanno mai convertito coloro che dicevano belle parole studiate, ma non vissute. Ma neppure io ho mai convertito nessuno quando predicavo ciò che studiavo, non ciò che vivevo. Padre Pio, allo scrittore che gli diceva di non credere in Dio , battendogli la mano sulla spalla, disse:- Figlio mio, ma Dio crede in te! Sono bastate queste semplici parole ed è avvenuta la conversione, che altri non hanno mai operato né con i giornali, né con le riviste, né con i libri, perché chi gli parlava era Padre Pio, che aveva fatto l’esperienza di Dio .

  1. Il catechista parla con franchezza

 

Pietro e Giovanni hanno parlato di ciò che hanno visto e udito. Io ho visto veramente il Cristo flagellato, coronato di spine, portato al Calvario, spogliato, crocifisso e sepolto, dicevano. Ebbene quel Cristo crocifisso io l’ho visto risorto. L’ho visto io, l’ho sentito io, l’ho toccato io, ho mangiato e bevuto con lui. Dunque è il Cristo, il vincitore della morte, il vittorioso, l’uomo Dio che si fa crocifiggere per salvarci ma risorge per darci la certezza della salvezza, che ci porterà nell’altra vita, per cui la vita di quaggiù dev’essere vissuta con la visione della vita di lassù. Cristo, pietra da noi scartata, con la risurrezione è diventata testata d’angolo e non c’è salvezza se non in lui. Quando crederete che lui è il Signore vi salverete.

            Pietro e Giovanni con franchezza dicono: a chi dobbiamo ubbidire, a voi o al Cristo che ha detto: Andate per il mondo intero e predicate il vangelo ad ogni creatura? A chi dobbiamo ubbidire: a voi che dite che questo miracolo non è stato fatto o a Dio che ci dice che il miracolo è stato fatto nel nome di Gesù Nazareno?

Non avevano paura, mentre prima avevano paura! Non avevano paura della morte, perché sapevano che al di là della morte c’è la vita, perché la vita continua e sarà la ricompensa di quella vissuta sulla terra in uniformità alla volontà di Dio . Non temete, aveva detto Gesù, coloro che possono uccidere il corpo; temete Colui che può uccidere l’anima.

Pietro, che aveva rinnegato il Cristo dinanzi ad una servetta per paura di essere catturato anche lui, adesso non ha più paura, perché ha avuto la certezza, toccando il risorto, che esiste l’altra vita, che gli uomini non ci possono fare niente.

Il catechista non deve guardare in faccia nessuno, deve solo guardare il Cristo e deve ripetere le sue parole. Non deve mai tradire la missione. Il suo deve essere un annunzio fatto con franchezza. I primi cristiani nella preghiera invocavano lo Spirito Santo affinché potessero annunziare la Parola di Dio con franchezza. Paolo, scrivendo ai primi cristiani, si raccomandava alle loro preghiere, perché potesse annunziare il Vangelo con franchezza. La seconda qualità che gli altri devono constatare è che non abbiamo peli sulla lingua: il pane è pane e il vino è vino.

            Noi siamo annunziatori di una Parola che non è nostra, è di Dio . Se volete ubbidire a Dio dovete parlare con franchezza, e qualche volta per essere franchi dovete pagare di persona. Ma chi paga di persona scrive la storia; chi non paga di persona scrive nell’acqua, perché la storia degli uomini grandi è scritta col sangue così come l’ha scritta il Cristo: o il sangue della persecuzione o il sangue della incomprensione o il sangue del martirio.

  1. Il catechista parla pieno di Spirito Santo

 

Pietro e Giovanni, pur essendo senza istruzione e popolani, pieni di Spirito Santo parlavano con franchezza. Gesù aveva detto: Quando vi prenderanno e vi porteranno dinanzi alle sinagoghe, non preoccupatevi di ciò che dovete dire, perché sarà lo Spirito Santo a
suggerirvi ciò che dovete dire, ossia chi parlerà sarà lo Spirito Santo.

Guardate Pietro! Cinquanta giorni prima aveva rinnegato il Cristo nell’atrio del sommo sacerdote; adesso, dinanzi al sinedrio, che l’aveva minacciato di morte, lo stesso Pietro, pieno di Spirito Santo, dice: il Cristo è il salvatore, è l’unico in cui si può avere la salvezza. Voi mi proibite di parlare, ma io parlerò più forte perché sono tenuto ad obbedire a Dio , non a voi.

Guardate Stefano! Pieno di Spirito Santo annuncia il Cristo, mentre è lapidato.

            Devono vedere in noi lo Spirito Santo e lo devono sentire, tanto da chiedersi: Ma da dove gli è venuta tutta questa sapienza, tutta questa dottrina, tutto questo coraggio? Quindi non è la laurea, ricordatelo sempre, che vi farà catechiste, non saranno i diplomi che vi faranno catechisti; sarà la vita cristiana, quella vita di unione con Dio Padre, di unione col Figlio, di unione con lo Spirito Santo che deve parlare attraverso la vostra bocca. Io sono lieto, felice, che il Signore non ha permesso che mi laureassi in teologia, perché mi ammalai e andai via da Roma. Non mi sono laureato nemmeno in sociologia e nemmeno in matematica, perché tutti devono dire: Ma questo ignorante da dove ha preso tutta questa scienza?

Ciò che vi dico è dello Spirito Santo.

            conclusione

  1. Fate l’esperienza del Cristo

Come ai tempi di Pietro, il popolo, trafitto dalle vostre parole, deve chiedervi: Che cosa dobbiamo fare? Questo vuole Gesù da noi.

Fate l’esperienza del Cristo, non preoccupatevi della vostra cultura, preoccupatevi di ripetere il pensiero di Dio e farete la più bella figura della vita vostra.

Quando entra dentro di noi lo Spirito Santo non c’è scienza che regga. Io penso al mio Santo Padre san Francesco: a Roma facevano a gara il Papa e i Cardinali, i Vescovi e i teologi per interrogarlo e ascoltarlo. Francesco di Paola, uomo con poca cultura, che stava giorno e notte nella grotta, l’uomo delle caverne, tutti lo cercavano perché nella grotta aveva fatto l’esperienza di Dio e ciò che usciva dalla sua bocca era divino, non umano.

Ti ringrazio, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai dotti e agli intelligenti e ai sapienti, ma le hai rivelate ai piccoli, diceva Gesù.

Io non sono mai stato preoccupato di avere catechiste laureate né diplomate, sono stato sempre preoccupato di avere come catechiste cristiane che vivono il loro cristianesimo.

  1. Lasciate parlare lo Spirito Santo tramite la vostra voce

Mettetevi nelle condizioni che Lui parli e che voi ripetiate. Lasciatevi condurre dallo Spirito Santo: parlate quando Lui vuole che parliate e tacete quando Lui vuole che tacciate. Siate strumenti, siate voce di un pensiero che è suo. Allora non sarete più voi a parlare, ma sarà lo Spirito Santo a parlare in voi, e vedrete ciò che hanno visto Pietro e Giovanni: i nemici confusi e i sinceri convertiti. Questo vi auguro: che gli altri abbiano a constatare in voi: che parlate di ciò che avete visto e udito, che parlate con franchezza e che parlate piene di Spirito Santo, pur essendo senza istruzione e popolani. Chiedetelo al Signore nella S. Messa.

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