Mi offro a Te, mio Signore – 2Sam 15, 13-14.30; 16, 5-13 – San Ciro

 

ACCETTARE L’AFFLIZIONE PER SCONTARE

 IL PROPRIO PECCATO

(2 Sam 15, 13-14. 30; 16, 5-13)

 

 

         “Il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita” (2 Sam 16, 11).

Vi do la spiegazione della Parola di Dio, che deve salvare l’anima mia e l’anima vostra. Saul morì insieme con suo figlio Gionata, ma Saul non aveva una sola moglie o soltanto un figlio. Ogni re prendeva una moglie come regina, e da questa moglie aveva dei figli, però con sé aveva molte altre donne, chiamate concubine, per cui un re aveva centinaia di figli.

Abramo non è vero che aveva un solo figlio. Da Sara non aveva avuto figli e poi ebbe Isacco, però dalle altre mogli aveva avuto tantissimi figli; ma Dio voleva che il figlio della promessa fosse Isacco. Così per Saul. Saul aveva avuto dalla prima moglie questo figliuolo, Gionata, che era il successore del regno, morto il quale non aveva più successore, ma di figli ne aveva tanti.

         Davide, che prima era diventato re per elezione e consacrazione, dopo la morte di Saul ebbe la consegna del regno di Giuda e di Israele. Poiché Saul aveva tantissimi altri figli, gli amici di Davide, senza che lui sapesse niente e contro il suo volere, per fare cosa gradita al re, uccisero tutti i figli di Saul. Davide non voleva questo, voleva che vivessero, crescessero in pace, anzi lui li aveva riempiti di doni, ma i suoi amici per rendere stabile il trono di Davide li uccisero.

 

  1. Dio non vuole il male, ma lo permette per ricavarne un bene

Davide aveva tantissimi figli, uno di questi era Assalonne, un bellissimo ragazzo, intelligentissimo e superbo. Pensò: Ora che Davide diventa vecchio, chi diventerà re? Decise di fare il colpo di Stato, di prendere in mano il regno di Israele mentre il padre era ancora in vita. L’avrebbe ucciso.

Andò in Ebron, la città santa, lì con un gruppo di soldati si proclamò re e pensò di entrare nella città di Gerusalemme, sconfiggere e uccidere il padre, uccidere tutti i fratelli e diventare re.

Quando Davide venne a sapere che il figlio si era proclamato re a Ebron, e che con un gruppo di soldati marciava verso Gerusalemme, aveva due soluzioni: o scappare o affrontare il figlio in battaglia e ucciderlo. Davide pensò di scappare. Prese i suoi più fidati uomini e scappò: se ne andò al di là del Giordano, mentre il figlio da un’altra strada saliva a Gerusalemme, ove trovò tutte le porte aperte, perché il re non c’era.

Per non combattere il figlio, per non uccidere il figlio, o non farsi uccidere, Davide era scappato.

Davide pensava: Mio figlio mi vuole uccidere! È il Signore che ha voluto che io soffrissi questa sciagura: essere perseguitato proprio da mio figlio.

È una cosa tremenda! E non era una persecuzione tanto per dire, entrava con i soldati per ucciderlo.

Allora si vestì di sacco, in segno di penitenza, scese dal monte di Gerusalemme, il monte Sion, nella valle del Cedron e risalì l’altro monte, il monte degli Ulivi. Mentre saliva il monte degli Ulivi, un sostenitore della famiglia di Saul, quando vide salire Davide, che piangendo si allontanava da Gerusalemme, si mise a gridare: “Vattene, vattene, sanguinario, scellerato! Il Signore ha fatto ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale regni; il Signore ha messo il regno nelle mani di Assalonne tuo figlio ed eccoti nella sventura che hai meritato, perché sei un sanguinario” (2 Sam 16, 7-8).

Mi sembra di sentire le mie e le vostre parole quando facciamo i commenti sulla famiglia che ci sta accanto, quando succede che il figlio è morto sotto una macchina o è stato ucciso.

Allora il capo dei guerrieri di Davide gli dice: Maestà, datemi il permesso, che vi faccio vedere io come si trattano questi uomini. Con un colpo di spada gli taglio la testa.

È la storia nostra, non dovete credere!

Il re rispose: “Se quell’uomo maledice è perché il Signore gli ha detto: Maledici Davide! E chi potrà dire: Perché fai così?”   (2 Sam 16, 10).

  1. Accettare la sofferenza in isconto dei propri peccati

Davide accetta la sventura come mandata da Dio, in isconto dei suoi peccati, perché non era lui che aveva ucciso i figli di Saul, ma aveva ucciso Uria il marito di Betsabea.

Se il bene lo abbiamo accettato dalle mani di Dio, dirà Giobbe, perché il male non lo dobbiamo accettare dalle mani di Dio? Se questo sta avvenendo è perché il Signore lo vuole, lo permette. E se il Signore permette certe cose le vuole. Come possiamo ribellarci a Dio?

È commovente l’atteggiamento di quest’uomo. Se la prima è una risposta di fede, la seconda è una risposta di uomo, ma di uomo che ragiona con la testa: Se il figlio uscito dalle mie viscere, carne della mia carne, cerca di togliermi la vita, quanto più questo povero uomo! (Cfr. 2 Sam 16, 11).

Se mio figlio arriva fino al punto di decidere la mia morte, lasciatelo stare questo poveretto, “lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Signore. Forse il Signore guarderà la mia afflizione, il dolore in cui mi trovo, e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi” (2 Sam 16, 11-12).

Accetta la sofferenza di oggi, in isconto dei suoi peccati.

Stiamo quasi a mille anni prima di Cristo! Con la sua vita, Davide, traduce in pratica le parole di Paolo: rispondi al male col bene. Tutto ciò che avviene, avviene per il bene dei suoi figli.

Questa afflizione, dice Davide, l’accetto perché la vedo mandata da Dio e l’accetto in isconto dei miei peccati. Può essere che se io adesso sconto questo peccato, il Signore mi perdonerà e mi benedirà.

 

         CONCLUSIONE

 

Non vi lamentate della gente che vi vuole male, perché forse siete nelle condizioni di dire le stesse parole che ha detto Davide: Ho mia figlia che mi vuole tanto male e mi vorrebbe vedere morta; ho mio fratello che mi vorrebbe vedere morto, posso meravigliarmi che Tizio, Caio e Sempronio interpretano in male ciò che io ho fatto di bene?

Signore, l’accetto e te l’offro.