I più grandi onori ce li riserva Dio – Lc 14, 1.7-11

Lc 14, 1-14 – Dio è glorificato dagli umili

Lc 14, 1.7-11 – Quando sei invitato  non metterti al primo posto

Lc 14, 1.7-14 – Chi è umile è gradito a Dio

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

 

DIO E’ GLORIFICATO DAGLI UMILI

(Lc 14, 1-14)

 

  1. La dottrina di Gesù è in contrapposizione con la dottrina del mondo

 L’idea centrale di questo vangelo è costituita dalle parole: “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”, e trova riscontro nelle parole del Siracide: “Quanto più sei grande, tanto più umiliati; così troverai grazia davanti al Signore; perché dagli umili egli è glorificato” (Sir 3, 20-21).

Poiché Dio vuole essere glorificato va sempre verso gli umili. Il Signore dà la grazia agli umili, dice san Pietro. È chiaro che qui ci troviamo in contrapposizione con la mentalità del mondo; ma io non posso insegnarvi una dottrina diversa da quella che ci ha insegnato Gesù. Per il mondo è tutto il contrario: chi è grande è grande, ma chi è piccolo è piccolo; e chi è grande deve farsi più grande, e chi è grande calpesta il piccolo, non sa che farsene di lui. È un’altra dottrina, è un’altra teoria!

La dottrina di Gesù capovolge i valori; ma per chi lo vuole seguire, questa è la strada. Questa è la strada che ha scelto il mio san Francesco. Egli ha scelto la strada dell’umiltà, non della superbia. Si è messo alla sequela del Cristo e ha fondato un Ordine religioso che deve seguire il Cristo sulla via dell’umiliazione.

 

  1. Dio ci invita alle nozze del Figlio suo

  “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto”. Non sono dei consigli che sta dando Gesù, è una parabola. La parabola dice delle cose, però dietro ci sono delle verità che non sono dette, ma che dobbiamo trovare noi.

“Quando sei invitato a nozze da qualcuno”. Tutti i S. Padri quando interpretano questa parabola dicono che questo qualcuno è Dio che invita l’uomo alle sue nozze.

Questo matrimonio avviene nel Battesimo. È l’invito a diventare cristiani. Chi è chiamato a essere cristiano è invitato alle nozze del Cristo.

Come pure aggiungono, che l’invito a nozze è quando Dio chiama con la vocazione, che può essere sacerdotale e religiosa. Quindi io sono stato invitato a nozze la prima volta quando sono stato battezzato, perché potevo essere pagano invece di essere cristiano; sono stato invitato a nozze la seconda volta da Cristo quando mi ha voluto suo sacerdote, suo ministro; sono stato invitato la terza volta a nozze quando ho avuto la vocazione religiosa.

La chiamata alla vita religiosa, alla consacrazione è un invito a nozze.

Perché Cristo mi invita a nozze? Vi do subito la risposta, ma è una risposta di fede: perché ero un disgraziato.

Quando ti ho invitato a nozze nel giorno del battesimo, chi eri tu? Dice san Paolo: Il Cristo è venuto sulla terra per salvare me peccatore, non per salvare me giusto; non ero giusto, ero peccatore. Chi eri tu? Un disgraziato, eri destinato all’inferno.

Chi si è benignato di chiamarti a nozze? Dio, ma non per i tuoi meriti, non ci sono meriti. È un atto di bontà infinita di Dio; tanto che san Paolo dice, che se guardiamo gli uomini sulla terra, forse troveremo qualcuno che metterà la sua vita per un uomo dabbene, forse, ma trovare un uomo che si metta al posto di un delinquente, di un disgraziato, non lo troveremo mai, mentre Dio ha mandato il suo Figlio per metterlo al posto del disgraziato e salvarlo. La mia delizia è stare in mezzo agli uomini peccatori. Questo è il pensiero di Dio, ma non il pensiero dell’uomo. Io non vado a mettere la mia residenza in un carcere; in un convento sì, ma in un carcere no; vado a fare una visita, ma poi subito me ne vado.

Ti ho chiamato per essere sacerdote. L’invito chi l’ha fatto? Il Cristo a me. Perché? Perché ero un disgraziato; ve lo dico chiaramente. Non ci sono meriti da presentare dinanzi a Dio, perché lui si benignasse di chiamarmi al sacerdozio. Ero il capobanda del mio rione, tanto è vero che le amiche di mia madre che abitavano vicino casa, quando seppero che me ne andavo a Paola per diventare monaco di san Francesco di Paola, ebbero la gentilezza di andare da mia madre e di dirle: Porziella, è vero che Franchino si fa monaco? Non lo mandare, perché tra una settimana sta qua, e spendi i soldi inutilmente! Ne sono passate di settimane, e io non sono ritornato a casa! Se non avessi avuto questa grazia del sacerdozio, mi sarei perduto certamente, sarei stato il più grande delinquente del mio paese, perché si dice che il buon giorno si vede dal mattino, e il mio mattino non era roseo.

Poi è venuto anche il giorno in cui il Signore mi ha chiamato alla consacrazione: sposa di Cristo! Perché ero il più bello? Il più buono? Il più santo? Il più dotto? No, perché ero il più disgraziato. Dio si compiace di stare in mezzo ai peccatori; perché non abbiamo da portare nessun titolo d’onore. La scelta è stata sua, libera. È passato per le vie del mondo, ha visto me che ero un disgraziato e mi ha detto: Vieni, ti voglio fare mia sposa, così capirai che cos’è il mio amore. Da parte sua questo è l’atto più grande del suo amore; da parte mia è l’atto più vero della mia adesione a lui, perché nessuno di noi può dire: tu mi hai chiamato perché ero il più buono o il più bello, il più saggio.

Possiamo dire con sincerità: Signore, veramente mi hai amato, e io non ero degno di essere amato da te. Non credo che voi siete state chiamate perché siete sante; non sarebbe vera la parola di Dio.

Quando Gesù ha raccontato un’altra parabola, sempre di invito a nozze, che sarebbe la consacrazione a Dio o il sacerdozio o la vita cristiana, interpretatelo come volete, aveva detto che c’erano delle persone che erano degne; le ha fatte invitare, ma sapete qual è stata la risposta? No. Una risposta educata, è chiaro: Ti chiedo scusa!, ma non sono andate.

C’erano nel mio paese persone più degne di me? Ha fatto loro l’invito? Sì, ma hanno risposto di no, perché chi si esalta sarà umiliato, ma chi si umilia, chi dice: “capobanda sono”, sarà esaltato.

Gesù dice: Vieni che ti farò capobanda, ma di quella banda che dico io! Come ha fatto con Paolo. Vuoi perseguitare la Chiesa? Vieni, ora ti faccio vedere io cosa devi fare. Girerai il mondo, e convertirai i pagani al cristianesimo. Da persecutore l’ha fatto apostolo; ma perché era persecutore, altrimenti non l’avrebbe scelto.

Quando gli invitati dissero di no, chi furono invitati alle nozze? Ecco a chi apparteniamo noi: Andate per le vie del mondo e fate entrare nella mia sala gli sciancati, i ciechi, gli zoppi, i poveri, tutta la feccia della società, perché gli umili saranno esaltati, e di quelli che sono stati invitati da me prima, nemmeno uno entrerà, perché si sono esaltati, ed io li umilierò.

 

  1. Cosa si richiede agli invitati alle nozze

 Poiché siamo stati invitati che cosa dobbiamo fare? Due cose:

  • Non commettere il peccato mortale

Quando Dio invitò a nozze i degni, che non entrarono, invitò gli altri che non erano degni. Tutti entrarono, ma vide che ce n’era uno senza la veste nuziale e lo cacciò fuori. Ecco la prima condizione che vuole da noi. Volete essere cristiani? Volete essere sacerdoti, anime consacrate? Non dovete commettere mai il peccato mortale.

Dio non accetta gli invitati a nozze che compromettono definitivamente la loro chiamata. Il peccato mortale compromette definitivamente la chiamata alla vita cristiana, la chiamata al sacerdozio, alla consacrazione. Non accetta il peccato mortale. Chi sta col peccato mortale è preso per i capelli e cacciato fuori, lì sarà pianto e stridore di denti!

Se nella vita di consacrazione e di sacerdozio esistono anime che vivono nello stato di peccato, sono di peso alla Congregazione, tentano di affondare la nave della Congregazione, abbassano il livello dell’acqua che deve far galleggiare e camminare questa nave, sono zavorra, sono pesi quasi insopportabili, e il Signore li sopporta, e noi li sopportiamo nella speranza, nella fiducia che si convertano; ma se fosse dipeso da loro avrebbero fatto affondare la nave, il sacerdozio non ci sarebbe stato più sulla terra, perché lo distruggono.

Il Cristo fugge le tenebre; non è l’amico delle tenebre. Questa è la condizione delle condizioni. Io dico sempre ai bambini: Fate tutto quello che volete, come diceva san Filippo Neri, ma non peccate, perché se peccate distruggete Dio nel vostro cuore, prendete la scopa e cacciate dall’anima vostra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Questo lusso non ve lo dovete mai prendere, altrimenti rimanete nelle tenebre. E quando si rimane senza Dio, non ha più significato esistere.

Ecco perché il Papa continuamente si lamenta, l’ha detto a Lourdes: “Si è perduto il senso del peccato”. Si prende Dio, si caccia in mezzo alla strada e nessuno adesso si preoccupa di farlo rientrare in casa, come se non avessero fatto niente. Poi lui aggiungeva: i sacerdoti non si mettono in confessionale per togliere il peccato e dare la grazia. Vuole che noi sacerdoti dobbiamo confessare.

  • Essere umili

La seconda condizione è che quando sei invitato a nozze non ti gloriare, ma vai a metterti all’ultimo posto.

Quando sei invitato a nozze non metterti al primo posto. Al primo posto ti metteranno, ma tu scegli l’ultimo, perché non hai nessun merito. Il tuo posto è l’ultimo. Chi ti deve fare grande sarà il padrone che ti ha invitato, perché se ti metti al primo posto, il padrone ti umilierà e ti porterà ad un altro posto che non sarà il primo; se invece ti sei messo all’ultimo posto, il padrone che ti ha invitato ti esalterà, ti prenderà dall’ultimo posto e ti metterà al primo.

Che cosa vuole il Signore da ciascuno di noi? L’umiltà. La consapevolezza che disgraziati eravamo, disgraziati siamo e disgraziati saremo.

Da disgraziati siamo diventati santi per il suo preziosissimo sangue. Siamo santi per la sua misericordia e saremo santi per la sua infinita misericordia, non per i nostri meriti. Non abbiamo da vantarci di niente. La salvezza e la santificazione è un dono di Dio, cioè una cosa che non meritiamo.

Ti salverai non per le tue opere, dice san Paolo, perché per le tue opere sei degno dell’inferno; ti salverai per la misericordia infinita di Dio, ti salverai per il sangue preziosissimo di Gesù, ma nessuno di noi merita di stare al banchetto divino.

Poiché questo dono lo possiamo perdere in qualsiasi momento, e lo perdono sempre coloro che sono superbi, san Francesco ha detto: Io fondo un Ordine in cui i figli miei staranno tutti all’ultimo posto. L’ultimo? No, l’ultimissimo, l’ultimissimo degli ultimissimi posti. Tanto è vero che si firmava: Fra Francesco di Paola, minimo delli minimi.

San Francesco nella Chiesa si è messo all’ultimissimo posto e dietro di lui si metteranno i suoi figli, perché gli ultimi saranno esaltati. All’ultimo posto nessuno penserà a noi. Dice la S. Scrittura che il giudice non si preoccupa dei piccoli, non ascolta i minorenni. Dice san Francesco: mettiti dietro di me che staremo tranquilli, vivremo in santa pace, nessuno sulla terra ci disturberà. Diceva il mio padre Maestro: quando uno sta seduto per terra, che sedia ti possono togliere? Potrai cadere dalla terra sulla terra? Stai già seduto per terra.

Questi sono i Minimi! Noi non stiamo seduti sopra la sedia, né sopra il banco. Ha detto san Francesco: sedetevi per terra, così se cadete non vi farete mai male. Diceva l’Arcivescovo di Cosenza: Un santo più furbacchione di questo non l’ho mai trovato nella mia vita. Lui ha detto: bisogna essere grandi in cielo o sulla terra? In cielo. E per essere il più grande in cielo che cosa bisogna fare? Mettersi all’ultimo posto. Si è messo all’ultimo posto. Poi vedremo dove sta san Francesco di Paola e dove andrà a finire chi sta dietro san Francesco di Paola! Mi capite? L’ha detto Gesù: “Chi si esalta sarà umiliato, ma chi si umilia sarà esaltato”.

conclusione

Diciamo grazie a Dio per essersi degnato di chiamarci a questo invito a nozze e di averci fatti degni di essere sue spose, sia come cristiani, sia come consacrati; l’uno e l’altro si completano a vicenda.

Grazie, Signore, perché ti sei degnato di farmi tua sposa. Io non ero degno di essere tua sposa, né sono degno, né sarò mai degno, quindi ogni giorno ti dirò sempre il mio grazie.