Un germoglio di vita buona – Lc 13, 18-21

Lc 13, -20 -Gesù ha amato le donne

Lc 13, 21 – La donna e la nuova evangelizzazione

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

LA FORMAZIONE INTERIORE e

L’ESPANSIONE DELL’ISTITUTO

 

(Lc 13, 18-21)

Questa mattina mi fermerò sul vangelo e affronterò due problemi. Il primo è quello della formazione interiore, indicatoci da Gesù con la parabola del lievito (Lc 13, 21);

Ho cambiato l’ordine delle cose perché, secondo me, tutto ciò che avviene nel regno di Dio deve avere prima di tutto un fondamento; deve avere una causa. Nessuno sviluppo esterno potrà essere efficace, se non c’è la preparazione interiore.

Con la prima parabola, Gesù ci mostra lo sviluppo del regno dei cieli dal punto di vista interiore.

“Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”.

Vorrei affrontare il problema, non del regno dei cieli in senso generale, anche se Gesù parla della Chiesa, ma in senso particolare, cioè del regno dei cieli realizzato nell’Istituto, che è una parte di questa Chiesa. Tutto ciò che si fa nella parte, si fa nel tutto; ma non sempre tutto ciò che si fa nel tutto, si fa nella parte.

I. la formazione interiore

 Nei riguardi dell’Istituto il lievito che deve fermentare la pasta è la formazione dei suoi membri.

Nessun Istituto potrà mai essere se stesso ed affermarsi nella Chiesa con una profondità di radici tali da accogliere veramente tutti coloro che vogliono entrare, se non c’è una formazione interiore, se non c’è uno spirito interiore.

La vostra formazione deve essere basata su quattro elementi fondamentali:

  1. La vita cristiana

Siete laiche e come tali vi dovete presentare alla Chiesa e al mondo, senza deflettere da questa linea. Come laiche siete membra della Chiesa, siete cristiane e dovete andare orgogliose di essere cristiane, seguaci del Cristo, che vogliono realizzare in sé e nel mondo il regno di Cristo. Dovete mostrarvi agli altri come cristiane, dovete rispondere agli altri come cristiane, dovete ribattere alle obiezioni come cristiane; ma la risposta del cristiano la dovete conoscere.

Nessuno deve pensare che voi andate al di là della realizzazione del cristianesimo nel vostro cuore, al di là delle norme date da Gesù nel vangelo e volute dalla Chiesa. Anche il velo in testa, in chiesa, deve essere una risposta di ubbidienza e di amore del cristiano alla disposizione della Chiesa, e lo dovete dire: sono cristiana e ubbidisco alla Chiesa.

Sono catechista perché sono cristiana e accetto l’invito della Chiesa. Osservo i comandamenti, perché sono cristiana e accetto il comando del Signore. Sono povera perché sono cristiana e accetto il consiglio di Gesù. Ubbidisco perché sono cristiana; un cristiano che non ubbidisce non è un cristiano. Sono pura perché sono cristiana, così ci ha insegnato san Paolo. Ecco l’elemento fondamentale!

Difendete il vostro cristianesimo da tutti i vostri nemici, compresi i vostri parenti, come cristiane. Le vostre risposte devono essere tali che gli altri devono accorgersi che andate orgogliose di essere cristiane, e nel medesimo tempo, attraverso la vostra risposta, chi è stato battezzato deve capire che deve vergognarsi di essere battezzato, di dichiararsi cristiano, ma di tradire il proprio cristianesimo. Deve vergognarsi, come si deve vergognare il soldato che tradisce la sua bandiera, mentre voi dovete andare orgogliose di difenderla, come va orgoglioso il soldato che difende la sua bandiera, anche quando combatte ed è ferito, perché la ferita è sempre una manifestazione dell’amore alla bandiera e della sua gloria personale. Anche quando si muore, si muore per la patria, si muore per la bandiera, si muore per un’idea.

Voi dovete affermare il cristianesimo non soltanto come messaggio, come idea, perché dovete essere impregnate di questa idea, ma anche soprattutto perché per voi il cristianesimo è imitazione di una persona, il Cristo. Ciò che ha fatto il Cristo, dovete gloriarvi di ripetere voi, anche se in una forma limitata e imperfetta. Dovete imitarlo nella vita, nelle opere, negli atteggiamenti, nell’amore. Questo è il primo aspetto, e su questo non transigo.

Anche lo stesso peccato per noi è una gloria, perché soltanto chi combatte si sporca, e noi ci sporchiamo perché combattiamo. Cadiamo, è vero, ma abbiamo provato nel nome di Cristo a lottare e a vincere, anche se la vittoria, qualche volta, ci costa sudore e sporcizia.

È pulito soltanto chi non cammina, ma chi cammina si sporca. L’essere sporco è anche segno di aver lavorato, di aver camminato, di aver combattuto, di aver vinto.

  1. La vita di consacrazione

Il secondo elemento della vostra formazione spirituale, interiore – perché dobbiamo essere lievito e le idee formano l’uomo – è la consacrazione.

Vogliamo essere cristiani impegnati. Non dovete pensare mai alla consacrazione come ad un elemento che modifica dal di dentro l’essere cristiano; no è un impegno in più, è un impegno che non vi fa deflettere dalla linea del cristiano. Questo noi lo facciamo soprattutto per dimostrare più amore al Cristo.

Mi vincolo col voto di ubbidienza, perché non voglio mai venir meno all’ubbidienza al Cristo, che ogni cristiano deve avere; per questo m’impegno, mi lego con doppio vincolo.

Mi vincolo col voto di castità che ogni cristiano deve realizzare, in quanto il sesto e nono comandamento sono per ogni cristiano, perché vorrei dire al Cristo che non intendo venir meno a quest’impegno nemmeno quando mi troverò in gravi difficoltà.

La stessa cosa per la povertà. La povertà è un impegno che deriva dal vangelo, è un impegno del cristiano. L’impegno del voto è perché non vogliamo venir meno. La nostra volontà è deficiente in tante cose, e allora ci impegniamo affinché non venga meno per ciò che riguarda la parte dell’uomo; ma il vincolo del voto, in modo particolare, impegna il Cristo a darci la grazia, affinché queste promesse siano mantenute, affinché questi desideri suoi siano realizzati nella nostra vita ogni giorno.

Pretendere dal Cristo la forza di essere fedeli, questo è il voto, non è solo impegno personale!

Paolo apostolo, nella lettera ai Corinzi dice: “Voi siete il campo di Dio” (1 Cor 3, 9). Gesù aveva detto che il Padre è l’agricoltore che si preoccupa di questa vite che sta nel campo di Dio.

“Né chi pianta, né chi irriga, dice Paolo, è qualche cosa, ma Dio che fa crescere” (1 Cor 3, 7). È lui che ci dà la forza interiore.

  1. La vita di apostolato

Un altro elemento per crescere interiormente è l’apostolato, che deve essere l’espressione della sovrabbondanza della grazia e della vitalità della nostra vita interiore.

Noi non ci formiamo per godere egoisticamente dei doni di Dio, della pace, della gioia di Dio personalmente; ci formiamo per godere noi, ma per far altresì godere gli altri. Ci riempiamo per dare, non soltanto per ricevere.

Un apostolato che non è l’espressione della sovrabbondanza della grazia in noi, non è apostolato, non è crescita interiore, è esaurimento interiore; diventiamo cisterne screpolate nelle quali non c’è la grazia di Dio. La grazia che entra, si esaurisce nello stesso tempo in cui entra.

  1. La spiritualità minima

Il quarto elemento della vostra formazione è la spiritualità minima. Questo elemento è importante solo perché è una caratteristica specifica che ci distingue da tutti gli altri.

Il nostro è un drappello che marcia con gli altri drappelli nella Chiesa di Dio, però si distingue dagli altri. È l’ultimo drappello, è il drappello che serve e non è servito, che accetta gli uffici più umili e che accetta l’ultimo posto; perché in questo esercito ci deve essere anche l’ultimo soldato.

Gli ultimi soldati siamo noi, perché abbiamo accettato l’invito di Gesù: Chi sarà l’ultimo sulla terra, sarà il primo nel regno dei cieli. Noi accettiamo di essere gli ultimi sulla terra, perché vogliamo essere i primi nel regno dei cieli.

C’è una spiritualità che vi deve distinguere, dovete avere uno stile che vi deve distinguere subito dagli altri.

In questi ultimi anni ho avuto la gioia di leggere le Costituzioni di tanti Ordini Religiosi e di tanti Istituti, ma quando vedo le nostre Costituzioni, dalle prime battute si distinguono subito da tutte le altre. Abbiamo uno stile che ci distingue subito.

Chi sta nelle vostre parrocchie deve subito capire che questa è una minima, perché sta sempre all’ultimo posto, perché tace sempre, perché esegue gli ordini degli altri, non impone mai la sua idea; ma quando è invitata a parlare, la espone sempre. è dolce, mansueta, umile, caritatevole, ubbidiente; prega sempre e parla poco, sta sempre al suo posto, entra in punta di piedi, rimane in punta di piedi e parte in punta di piedi. Poche parole, molta preghiera, molto lavoro! Mai parla per affermarsi, ma sempre per aiutare. Il suo compito non è quello di giudicare, ma è sempre quello di consigliare; non è quello di calpestare, ma sempre quello di dare la mano, affinché l’altro cammini come lei, e cammini avanti a lei. Agli altri l’onore, a noi la vergogna.

È uno stile inconfondibile, che deve permeare di sé la vita cristiana, la vita di consacrazione e la vita di apostolato.

Dove c’è da fare un sacrificio, in prima linea c’è sempre la Missionaria della Parola di Dio. Dove c’è da fare una mortificazione, c’è sempre la Missionaria della Parola di Dio. Dove c’è da amare, da sacrificarsi fino alla morte, lì c’è la Missionaria della Parola di Dio. Dove c’è da farsi un nome, lì non c’è la Missionaria della Parola di Dio.

Questo lavoro di formazione deve essere impegno vitale per voi che vivete i primi tre anni di formazione e poi gli altri sette come aggregazione temporanea. Dovete permeare la vostra vita di questi principi, esercitarvi senza scoraggiarvi; deve essere un impegno di tutta la vita. Dovete andare orgogliose di essere minime. Non è un’imposizione, è una scelta.

Abbiamo scelto di seguire il più piccolo dei figli di Dio, Francesco di Paola. Lui avanti e noi dietro con lo sguardo fisso in Dio, col cuore fisso in Dio, perché attraverso l’umiltà vogliamo insegnare l’ubbidienza, la preghiera, il sacrificio e la mortificazione; vogliamo insegnare ai figli di Dio che vivono nella Chiesa la via più facile per amare Dio e amare il prossimo.

II. l’espansione dell’Istituto

Se sarete lievito nella massa, l’espansione dell’Istituto sarà una realtà, non fra dieci anni, venti anni; la vedrò io. Datemela questa soddisfazione, non mi fate morire prima di avermi fatto vedere che l’Istituto, pur essendo un piccolo seme, produce un albero grande sul quale si posano anche gli uccelli del cielo.

Non pensate che soltanto per l’intervento di Dio questo Istituto diventerà grande, no; Dio interverrà, sì, lo so, interverrà e lo farà diventare grande, ma a una condizione, che voi vi impegnate a vivere interiormente la vita cristiana, la vita di consacrazione, la vita di apostolato e la spiritualità minima.

Più sarete Minime, più facilmente il regno di Dio si realizzerà in voi e, senza volerlo, lo realizzerete negli altri, perché gli altri leggeranno sul vostro volto la gioia che vi pervade. Dalle vostre parole percepiranno la potenza e la forza di quella parola che esce dalla vostra bocca, ma che ha la potenza e la forza della trasformazione della vostra anima, della vostra vita interiore.

La vita deve essere sempre la testimonianza di un’idea in cui abbiamo creduto. I grandi uomini sono uomini di pochissime parole e di pochissime idee, anzi di una sola idea; ma un’idea meditata, trasformata in vita, testimoniata attraverso tutte le manifestazioni possibili e immaginabili. I grandi uomini sono un’idea incarnata, e gli uomini non possono fare a meno di essere trascinati.

Chi realizza le idee in sé e riesce a imporre a sé queste idee, è capace di imporle anche agli altri, non con la violenza, ma con l’esempio; come il Cristo che ha cominciato prima a fare e poi ad insegnare, ma la sua parola quando scendeva nel cuore degli uomini li trasformava.

La parola creduta diventa parola vissuta; ma se volete trasformare il mondo con una parola senza averla creduta, figlie mie carissime, potete spendere tutta la vita, potete parlare come i migliori oratori, ma lascerete sempre il tempo che trovate.

Ci vuole una parola di Dio in cui avete creduto, perché quella parola diventi sapienza di Dio e potenza di Dio. La Chiesa ha bisogno di anime che credono.

CONCLUSIONE

Le mie figlie vivranno d’amore, dopo aver vissuto di fede. La Minima è colei che vive di fede e di amore, abbandonata in Dio; ma l’amore deve scaturire dalla fede, e la fede in noi scaturisce dalla Parola di Dio ascoltata, creduta e vissuta.

I primi a pagare saremo noi, ma quando gli altri avranno visto noi, non potranno fare a meno di dire: Se questi e quelli hanno fatto questo e sono diventati santi, perché non posso diventare santo anch’io?