Ci gloriamo… ma se non è un bene cosa approviamo?! – 1Cor 5, 1-8

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

Taranto. 11.09. 78

 

 

che cosa bisogna fare

quando in una comunità avvengono degli scandali

 

 

“Si sente parlare di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che essere afflitti….questo individuo sia dato in balia di satana per la rovina della sua carne, affinchè il suo spirito possa otttenere la salvezza nel giorno del Signore”(1 Cor 5, 1-2. 5)

 

 

Nella comunità di Corinto era successo un fatto grave. Un figlio aveva rubato la moglie al padre. Si trattava di un figliastro che si era presa la matrigna. Come vedete, questa prima comunità cristiana, era come la nostra, e la nostra è come la loro.

Dinanzi a questo fatto la comunità era divisa. Alcuni erano contenti e dicevano:-  Ha fatto bene, così impara! Erano infatti contrari a che i vedovi si sposassero una seconda volata. Gli altri invece erano addolorati per quanto era accaduto. Erano tanto dispiaciuti che ne scrissero a Paolo. S. Paolo quando lo seppe, se ne andò di testa, come vedete anche ai santi succede, e scrisse ai Corinzi cosa bisognava fare quando avvengono questi scandali.

  1. Piangere il peccato

          Per prima cosa dovete piangere il peccato perché è l’unico male dinanzi a Dio. Non è male quello che pensate voi: la sofferenza, la tribolazione. La sofferenza è un bene, non è un male. L’unico male è il peccato e dobbiamo piangerlo. Non si va a Messa? Non si prega la mattina, a mensa e la sera? Dobbiamo piangere!

  1. Isolare il malvagio

          La seconda cosa che S. Paolo ordina è: Prendetelo e cacciatelo fuori. S. Paolo vuole la punizione e dice delle parole terribili: Questo individuo sia dato in balia di satana per la rovina della sua carne, affinchè il suo spirito viva. In altre parole, S. Paolo dice di metterlo fuori.

Quando in un cesto ci sono cinquanta mele sane ed una guasta, che cosa fate? Prendete quella guasta e la gettate. Così dice S. Paolo di fare con chi ha sbagliato, ma per ottenere la salvezza della sua anima.

  1. Punire per correggere

          La punizione è sempre in vista della salvezza, mai della rovina. Cacciarlo fuori perché si ravveda, abbia fame di giustizia e sete di calore fraterno. Quando avrà fame capirà che deve tornare dove potrà ricevere il pane. Quando avrà freddo cercherà il calore, tornerà in comunità e si salverà.

La funzione della punizione è la salvezza, non la distruzione; che riconosca i suoi errori e torni. Quando avrà riconosciuto il suo errore, non c’è più la punizione. Allora bisogna accoglierlo, abbracciarlo e baciarlo.

 

          conclusione

Se un figlio pecca e non riconosce il suo peccato, usate tutti i mezzi per correggerlo. Ma se il figlio ha riconosciuto il suo errore non dovete punirlo. L’ha già riconosciuto, che volete di più? È già umiliato! Noi siamo superbi e il riconoscere di aver sbagliato ci umilia a tal punto cche siamo scoraggiati. Quando uno è a terra bisogna dargli una mano per rialzarlo, non potete punirlo. Stiamo attenti! A uno che sta per terra non gli si calpesta la testa. Bisogna alzarlo e abbaracciarlo, perché ha già meritato il perdono di Dio.