Santi Simone e Giuda – Lc 6, 12-19

Lc 6, 12-19 – Santi Simone e Giuda

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“Gesù ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli”

 

LA VOCAZIONE: UNA CHIAMATA DIVINA

Premessa: L’uomo può discutere la sua vocazione con Dio?

        “Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata, dice S. Paolo, e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene, e l’opera della fede” (2 Ts 1, 11).

É un dato di fede che ogni chiamata è divina, sia la chiamata al matrimonio, sia la chiamata alla vita consacrata, e non solo in senso generico, ma anche in senso specifico.

Come un giovane tra trecento signorine di quella età, che sono nel suo paese, si sente attratto da una e non dalle altre, così tra tanti Istituti religiosi o Secolari, il Signore chiama in uno e non in un altro. Io sono Padre Minimo non per mio capriccio, ma perché Dio mi ha chiamato alla consacrazione, non in un Ordine qualsiasi, ma nell’Ordine dei Minimi.

Tutto viene da Dio, questo è un dato di fede, ma ora chiediamoci: l’uomo può discutere la sua vocazione con Dio? Sì, può discuterla, anzi deve discuterla. La sua decisione deve passare attraverso il vaglio del ragionamento umano, perché l’uomo deve agire da uomo, e quindi da essere intelligente, sia che si tratti della scelta della compagna della sua vita, sia che si tratti della scelta di un Istituto religioso o secolare. É il Cristo stesso che richiede questa prudenza, che è segno di sapienza.

“Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono cominciano a deriderlo, dicendo: costui ha incominciato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure qual re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?” (Lc 14, 28-31).

Nella scelta della vocazione entrano due fattori: uno puramente umano, che è dell’uomo, il quale deve percepire con la sua intelligenza, volontà e cuore, attraverso l’esame dei segni positivi e negativi, qual è la strada; uno divino che è di Dio, il quale mette il suo sigillo a garanzia dell’autenticità della vocazione mediante la gioia.

I — I SEGNI NEGATIVI

Dio ha un disegno sull’uomo dall’eternità, l’uomo lo scopre nel tempo, sia attraverso i segni postivi, sia attraverso i segni negativi. Anzi dobbiamo dire che, poiché l’uomo è poco sensibile alle ispirazioni della grazia, percepisce la volontà di Dio più attraverso i segni negativi che quelli positivi.

I segni negativi sono la volontà di Dio scritta negli avvenimenti. Il Signore ci sbarra la strada che non è la nostra, ci chiude la porta che non dobbiamo varcare. Niente avviene a caso. É Dio che dirige tutti gli avvenimenti.

Se dirige anche gli avvenimenti più indifferenti, pensate se non deve dirigere la scelta dello stato di vita, che è la cosa più importante, ai fini della salvezza e della realizzazione di noi stessi.

 

  1. La strada del matrimonio è chiusa

Poiché il matrimonio è la via a cui naturalmente è portato ogni uomo, è facile che all’inizio molti pensino che sia quella la strada anche per loro. Senza porsi, pertanto, esplicitamente il problema vocazionale, e senza chiedersi mai quale sia il  disegno di Dio su di  loro,  decidono

da sè che quella è l’unica strada che fa per loro.

Intanto passano gli anni e non arriva nessuno; o, se arriva qualcuno, non scocca nessuna scintilla, perché non è l’uomo che Dio ha creato per loro. A volte si comincia anche un certo fidanzamento, ma non va in porto. La porta del matrimonio, a cui si è ripetutamente bussato, non si apre. É un segno negativo: non è quella la strada per te. Puoi aspettare anche un’intera vita, ma il tuo uomo non arriverà mai, perché Dio non lo ha creato.

Dalla Genesi sappiamo che quando Dio creò Adamo disse: “Non è bene che l’uomo sia solo, facciamogli un aiuto che gli sia simile” e gli creò Eva, la creatura che doveva farlo felice.

Quando Dio crea un uomo, gli crea anche la donna per lui. La deve cercare, ma c’è! Così è per la donna.

Il matrimonio non avviene a caso, è tutto previsto da Dio: li ha creati l’uno per l’altro. Non si conoscono ancora, ma per un intervento divino, che noi chiamiamo amore, un giorno s’incontreranno e capiranno di non poter vivere senza l’altro.

É un’attrattiva particolarissima e travolgente, dinanzi alla quale non si può rimanere indifferenti.

Se l’uomo non trova la sua compagna, le soluzioni sono due: o aspettare per trovarla e certamente arriverà; o Dio non l’ha creata e ogni attesa è vana. É inutile continuare a bussare ad una porta che non si aprirà mai.

Chi sta aspettando un uomo che ancora non arriva, deve pur chiedersi: ma fino a quando dovrò aspettare?

II — IL SIGILLO DI DIO É LA GIOIA

 Quando il Signore chiama, si hanno tutte le ragioni per provare la propria vocazione; bisogna sentirsi inclinate, bisogna vedere la convenienza della chiamata, i segni della chiamata, la sublimità della chiamata; ma tutti questi elementi possono essere fallaci, se non viene subito dopo il sigillo di Dio.

Dio deve confermare, attraverso la sua grazia, che veramente vi ha chiamato e che questo è l’Istituto per voi.

Egli dà una gioia che non è descrivibile, ecco perché è un criterio infallibile di vocazione.

É una gioia paradisiaca, che il Signore dà soltanto per un periodo di tempo, come conferma della sua chiamata, e come atto di benevolenza alla vostra risposta positiva alla sua chiamata.

É l’abbraccio e il bacio di Dio a chi ha risposto al suo amore con l’amore

Io ora ho l’esperienza di tutte quante voi. Non potete fare a meno di mettervi a tavolino e scrivermi:

‘Carissimo Padre, sono felice, felicissima, ho trovato la felicità del mio cuore, ciò che ho sempre desiderato, e ancora di più! Provo una gioia indescrivibile!”.

Sono espressioni che non possono uscire dall’intelligenza di un uomo, ma dall’esperienza dell’abbraccio e del bacio di Dio.

Io queste lettere le ho strappate, ma dovrei conservarle, per farvele rileggere quando poi, nella prova, venite a dirmi che forse avete sbagliato, che forse non è questa la vostra strada!

Il sigillo di Dio è, quindi, la gioia che pervade l’anima che ha imbroccato la strada giusta, ma che non proverà mai chi rimane sempre indecisa e non si risolve a dire il suo vero sì al Signore.

Qualcuna vorrebbe sentire prima la gioia, e poi decidere.

No. Un ragazzo non abbraccerà mai e non bacerà mai una ragazza, se prima non accetta il suo amore. Così fa Dio con noi. Prima vuole che l’anima dica il suo sì, e poi, la fa sua.

È una parentesi, però, perché la via è per tutti quella della croce.

Io paragono il periodo della gioia all’invito di Gesù a Pietro, Giacomo e Giovanni a salire sul Tabor. Lì, il Cristo si è rivelato nella sua divinità, e la gioia per gli apostoli è stata così grande che non volevano più scendere dal monte.

Ma Gesù subito disse: Scendiamo a Gerusalemme, lì mi prenderanno, mi flagelleranno, mi metteranno in croce; però il terzo giorno risusciterò.

La vostra vocazione è così. Dopo che Dio vi ha chiamato, e voi avete accettato di fare il cammino con lui, vi ha portato sul Tabor — questo avviene il primo anno — poi vi ha fatto scendere sulla terra, dove non c’è la gioia del Paradiso, ma dove c’è la croce.

Sul Tabor gli apostoli volevano stare sempre col Cristo, nel Getsemani invece se ne scapparono e lo lasciarono solo. La stessa cosa fate voi. Non appena il Signore vi conduce nell’orto degli ulivi ve ne scappate e volete andarvi a prendere un marito col quale essere felici. No, figlie mie! La croce non è il segno del fallimento della vostra vocazione, ma è la conseguenza logica del vostro sì. Non ha forse detto il Cristo:

“Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”? Seguite un crocifisso. Siete le spose del crocifisso. La gloria sarà alla risurrezione.