Signore io perdo la vita eterna… ma per cosa – Mt 5, 1- 12

da un’omelia di P. Francesco Chimienti O.M.

I poveri in spirito

 Immagine

  1. Il significato di poveri in spirito

Certamente non significa esclusivamente povertà economica. Questo dovete saperlo per non cadere in degli equivoci. Se si fosse trattato solo di povertà economica, il Cristo non avrebbe aggiunto “in spirito”. Quindi si può essere poveri economicamente e ricchi in spirito, come si può essere ricchi economicamente e poveri in spirito. Però chi unisce queste due condizioni: la povertà economica alla povertà in spirito ha la pienezza, cioè realizza in sé la pienezza dell’insegnamento di Gesù.

La povertà economica è la premessa della povertà in spirito, che significa umiltà.

Infatti il profeta Sofonia dice: “Voi tutti poveri della terra… cercate la giustizia, cercate l’umiltà” (Sof 2, 3).

Il povero in spirito è l’umile. La povertà economicaè la premessa dell’umiltà, della povertà in spirito. Il Cristo infatti da Dio, scelse la povertà, la povertà in spirito, l’umiltà. “Non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8).

Il vero povero in spirito è stato Gesù, che pur essendo ricco si fece povero: nacque in una grotta e visse da semplice lavoratore, umiliò se stesso facendosi ubbidiente, perché l’obbedienza è lo spogliamento dell’intelligenza, è l’annullamento del proprio essere.

Qualcuno dice che la povertà economica è la conseguenza della povertà in spirito. Può anche essere, non dico che non sia vero, ma io non sono di questo parere, perché è più facile essere umili quando non si hanno i soldi, che quando si hanno. L’insegnamento del Padre a voi è: che la povertà economica è la premessa della povertà in spirito. Non è la conseguenza, è la premessa!

La povertà in spirito è la povertà spirituale, cioè l’umiltà. Lo dice san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1 Cor 1, 27-29).

“Perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore” (1 Cor 1, 31).

I poveri in spirito, secondo san Paolo, sono gli stolti, o chi si fa stolto per Cristo. Sono i deboli, o chi si fa debole per Cristo. Ecco l’orfano e la vedova di cui si parla nel Vangelo! Sono l’ignobile, cioè colui che non è nobile, non colui che compie azioni cattive. Il povero in spirito è il disprezzato per il suo modo di parlare, per il suo modo di agire, di pensare, di vivere. È il perseguitato, ossia colui che soffre per gli altri per amore di Cristo.

Tutte queste cose si sono avverate in Gesù. Nessuno, guardandolo, pensava che quell’uomo fosse la sapienza increata e infinita; nessuno pensava che fosse l’onnipotente; nessuno pensava che provenisse da una famiglia nobile. Pur venendo da una famiglia regale, nessuno lo sapeva e a nessuno l’ha detto. Il Cristo non si è imposto per la sua nobiltà di stirpe, è stato il disprezzato, colui che è nulla. Si è ridotto all’impotenza, al nulla. Questi sono i poveri in spirito. Su questo dobbiamo fare il nostro esame di coscienza.

  1. Come si diventa povero in spirito

Si diventa povero in spirito in tre modi:

  • Riconoscendosi peccato, miseria, nulla

Secondo san Paolo, sempre seguendo la prima lettera ai Corinzi, riconoscersi nulla significa riconoscersi peccatore, riconoscersi miserabile, cioè pieni di miseria, e non come pensate voi, pieni di virtù. Siamo pieni di miserie, pieni di peccati! Ogni giorno facciamo dei propositi, e ogni giorno non riusciamo a mantenerli. Vogliamo diventare santi, ma santi non lo siamo, e questo lo constatiamo giorno per giorno.

  1. Vivendo confidando in Dio

Così si diventa umili, perché da Dio viene la sapienza. San Paolo dice: “è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1, 30).

Dobbiamo aver fiducia in Dio, perché Cristo è un sapiente dal quale viene la potenza, la forza, la grazia, la forza spirituale e la sapienza divina per capire i misteri di Dio.

La forza è la grazia. La grazia di Dio dà la forza di vivere santamente.

Il Cristo, dice san Paolo, è diventato per noi giustizia, cioè ci ha giustificato dinanzi a Dio; ma non siamo noi i giusti, né siamo i sapienti. È lui che ci dà la sapienza. Ecco perché bisogna avere fiducia in Dio. Siamo nulla, siamo miseria, siamo peccato, però ci dà la sapienza, la sapienza divina; ci dà la forza, cioè la potenza divina di vincere tutte le tentazioni; ci fa santi. È lui che ci ha giustificati e, giustificandoci, ci ha dato una forza particolare per vincere le battaglie dello spirito. Da lui viene la nobiltà di spirito, che è la santità, perché il Cristo è diventato per noi santificazione. Questa è la vera nobiltà: diventare santi.

Bisogna inoltre confidare in Dio, perché da Dio viene la salvezza. Non ci salviamo per i nostri meriti, ma per i meriti di Cristo. Ecco perché san Paolo dice che per noi è diventato redenzione. Il Cristo ci ha redenti, e quindi ci ha salvati.

Per essere poveri in spirito dobbiamo prima di tutto riconoscere i limiti del nostro essere: siamo nulla e nel nulla ritorneremo, quindi siamo peccato e siamo miseria; poi dobbiamo confidare in Dio, perché da lui viene la sapienza, la potenza, la forza, la grazia, la nobiltà, la santità e la salvezza.

  1. Attribuendo tutto a Dio

Ogni bene viene da Dio, e lo dobbiamo attribuire a Dio. Da lui proviene l’essere e l’operare, dice san Paolo. Quindi il bene viene da Dio, e l’agire nel bene o il perseverare nel bene viene da lui.

Questo è il povero in spirito: colui che si riconosce quello che è e vive confidando in Dio, dal quale viene ogni cosa, e attribuendo a lui ogni cosa.

“Chi si vanta si vanti nel Signore”, dice san Paolo (1 Cor 1, 31). Il povero in spirito non potrà mai vantarsi, non potrà mai dire che lui è stato capace di fare qualche cosa.

CONCLUSIONE

A conclusione di questa meditazione chiediamoci:

  1. Vi siete mai lamentate di essere deboli, stolte, di non essere di famiglia nobile, di essere disprezzate? Vi siete mai lamentate di essere nulla, di essere miseria, di essere peccatori, di non combinare niente?

Questa è la condizione di essere umili in spirito, perché le parole che ha detto Gesù sono vere. C’è una felicità sulla terra e c’è una felicità nel cielo. Gesù non ci ha mai ingannato. Ciò che ha detto è vero, e se è vero, tanto scemo voglio essere io nella mia vita da non accettare questo insegnamento che mi fa felice sulla terra e nel cielo?

Non è da scemi sapere che la vita eterna si consegue con l’umiltà, e non essere umili? Io ho visto i grandi uomini, li ho visti sul letto di morte, non valevano uno sputo. Avevano bisogno di tutto, come ho bisogno io di tutto. Avevano fatto tremare i cieli e la terra, e poi? Quello siamo noi, quello che saremo nell’ultimo giorno, quando la vita comincia a lasciarci e vediamo tutti i limiti del nostro essere umano, e tutti i limiti del nostro essere spirituale, della nostra santità. E allora accettiamo questa condizione di miseria e di peccato e offriamola al Signore, perché così si diventa santi.

Ripeto, non è da stolti sapere che la povertà economica dà la povertà spirituale, e questa dà la felicità, e non impegnarsi ad essere poveri economicamente e poveri spiritualmente? Non è da stolti sapere che con la povertà economica e spirituale, ossia con la povertà e l’umiltà si consegue la vita eterna, e non impegnarsi ad essere poveri e ad essere umili?

Gli insegnamenti di Gesù si accettano così come sono. E voi avete accettato questo insegnamento così com’è? O trovate mille scuse per non accettarlo? Siate sincere, e sappiate fare il vostro esame di coscienza.

Chiedete perdono a Dio, e soprattutto sappiate impegnarvi oggi a fare quello che ieri non avete fatto, perché il Regno di Dio, ha detto Gesù, è vicino. È molto più vicino di quando nascemmo. Se allora ci volevano settant’anni adesso ce ne vogliono dieci. Se allora ci volevano cinquant’anni adesso ce ne voglio due. Se allora ci volevano sessant’anni adesso ci vuole un mese, perché già siamo arrivati a sessant’anni! Secondo come Dio ha stabilito! Impegniamoci quindi.