Lui solo, il nostro sostegno – Mt 11, 28-30

Mt 11, 28-30 – Una esortazione amorosa di Gesù: Prendete il mio giogo

Mt 11, 29 – Imparate da me

Mt 11, 25-30 – Datevi a Dio e vivrete la sapienza

Mt 11, 25-27 – Vi dono una Parola per convertirvi

Mt 11 25-30 -“Venite a me, prendete il mio giogo, imparate da me”

da un’omelia di P. Francesco Chimienti, O.M.

GESU’ VIENE PER SALVARCI

DALLA FATICA E DAL DOLORE

(Mt 11, 28-30)

“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28).

I. I due mali che affliggono l’uomo sulla terra sono: il lavoro e il dolore

Io non dico che non vi sono altri mali, ma i mali principali sono il lavoro e il dolore. Non appena Adamo peccò, subito Dio venne sulla terra e lo punì. Gli disse: Lavorerai e guadagnerai il pane col sudore della tua fronte.

Il lavoro è diventato una fatica, perché il lavoro ci affatica; ma Gesù dice: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati”.

Il secondo male che affligge l’uomo è il dolore. Il dolore ci opprime. Ci sono dolori provocati da avvenimenti esterni e dolori provocati da avvenimenti interiori: i dolori dell’anima, ma anche del corpo. Il dolore opprime l’uomo.

Dio disse ad Eva: Partorirai nel dolore; e ad Adamo: La terra ti produrrà triboli e spine.

Ecco perché esistono questi due mali: sono punizione del peccato. Il primo uomo ha peccato, e il primo uomo ha avuto la fatica e il dolore. Tutti gli uomini hanno peccato, e noi pecchiamo, e tutti gli uomini devono avere la fatica e il dolore.

Dice giustamente san Paolo: Se tu non lavori non devi nemmeno mangiare. Poiché dobbiamo tutti quanti mangiare ogni giorno per vivere, tutti dobbiamo lavorare. È una conseguenza logica del peccato, come pure il dolore è una conseguenza logica del peccato.

Col peccato è venuta la morte, è venuta l’infermità, è venuta la malattia; e alla malattia e alla morte è legato il dolore.

Se necessariamente l’uomo, vivendo, deve lavorare e deve soffrire, cosa deve fare? Deve accettare; è inutile che si ribelli, perché ora sono cose inerenti al suo essere uomo. Se vuole vivere deve lavorare, e quindi si deve affaticare. Se deve andare incontro alla morte, deve soffrire, perché la sofferenza che cos’è? È una lenta morte.

II.  Che cosa deve fare l’uomo per avere un sollievo, un ristoro, un conforto

Sono parole di Gesù: “Venite a me e troverete ristoro per le vostre anime”. Non dice: vi toglierò la fatica e il dolore; ma: vi darò un sollievo, un conforto. Noi oggi diciamo: ti darò un caffè, perché il bar è il ristoro dell’uomo: si ferma per un momento, si prende una bibita, si rinfranca e riprende il cammino. Questo è il ristoro.

Per avere il ristoro l’uomo deve fare tre cose:

 Andare da Gesù

Venite a me! Imparate da me!, dice Gesù. “Venite a me”. Gesù è colui che insegna, è colui che fa. La prima cosa che l’uomo deve fare è mettersi alla sua sequela. Difatti i cristiani sono confortati, sono sollevati, sono ristorati; ma chi non accetta il cristianesimo, chi non si mette alla sequela di Cristo è un disperato. Io questa differenza la noto. La croce al Cristo nessuno gliel’ha tolta; la croce, la sofferenza al buon ladrone nessuno gliel’ha tolta, e al cattivo ladrone nessuno gliel’ha tolta. Il sollievo dipende tutto dal saper accettare la croce, ecco perciò Gesù dice: Venite a me; mettetevi alla mia sequela, diventate miei discepoli, fate come io vi dico.

Ho sempre davanti agli occhi le tre croci del Calvario. Tutti e tre soffrivano. Uno accettava e redimeva il mondo, era il santo, il Cristo; l’altro era peccatore, ha accettato ed è morto in santa pace; l’altro invece soffriva ed è morto da disperato.

Che significa andare da Gesù? Diventare suo discepolo, mettersi alla sua sequela, agire come lui ha detto, secondo il suo insegnamento, secondo il suo vangelo.

Prendere il proprio giogo

Bisogna mettersi sotto la carretta, mettersi sotto la croce; accettare sia la fatica che il dolore; accettare la croce della giornata, non rifiutarla.Dice il vangelo che aveva due figli maschi: Rufo ed Alessandro. E Gesù, poiché il padre aveva preso la croce con gioia, fece a questi due figli, Rufo ed Alessandro, la grazia di diventare Vescovi. Furono i primi vescovi del cristianesimo nascente.

Bisogna prendere il giogo, mettere le spalle sotto la croce, non rifiutare la croce.

Noi sappiamo che Simone di Cirene, quello che noi chiamiamo il Cireneo, quando fu costretto dai soldati a prendere la croce era un disperato, non voleva. Diceva: ma perché devo prendere la croce di un’altra persona, che c’entro io? Lui è un delinquente, io non sono un delinquente. Quando però lo sguardo del Cireneo s’incontrò con lo sguardo di Gesù, e capì che quello era innocente, era un povero sventurato che andava alla croce non perché aveva commesso del male, ma soltanto per aver fatto del bene, ne ebbe tanta compassione che volentieri prese la croce e la portò fino al Calvario con gioia. Non fece nessuna resistenza.

Imitare Gesù

La terza cosa che deve fare l’uomo per avere il sollievo, il conforto, è imitare Gesù. Fate come io ho fatto, dice Gesù, prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore.

La mitezza. Ogni mattina dovete farvi il segno della croce e andare al mercato a fare la spesa; ritornare, lavare, pulire, fare la cucina. Santa pazienza! Questa è la mitezza. È mite colui che non si arrabbia, colui che non si adira, colui che accetta, colui che ha pazienza. Deve lavare? Lava. Cucinare? Cucina. Andare a fare la spesa? Anche se fa freddo, pazienza!Devo lavorare perché il lavoro è un bene che Dio mi dà per mangiare e per dar da mangiare agli altri.Guai se la donna non avesse i dolori del parto, non darebbe mai alla luce il figlio. Guai se l’uomo non avesse lo starnuto, non saprebbe mai di avere un raffreddore. E voi sapete che dopo il raffreddore arriva la bronchite, la polmonite e la morte.Ecco perché il Signore ci dice di accettare tutto con umiltà, come una cosa che ci è dovuta. Hai peccato? Lavorerai. Devo lavorare perché ho peccato. Non è che posso andare a dire a qualcuno che non ho peccato.Voi dite: Hanno peccato Adamo ed Eva, quei disgraziati! No, anche tu con tutta la grazia di Dio hai peccato, non solo Adamo ed Eva. Anch’io ho peccato, quindi anch’io devo soffrire.

Ormai lo sappiamo, questa è la vita dell’uomo sulla terra: è una lotta, è un combattimento, dice la S. Scrittura. E allora devo lottare e devo combattere, giorno dopo giorno. Nessuna meraviglia, quindi, se c’è della gente che mi fa del male, e nessuna meraviglia se mi devo affaticare per poter vivere la mia giornata. Del resto, guardandoci attorno, esiste un uomo che non lavori e non soffra? Non c’è. I fannulloni, quelli che non fanno niente, sono quelli che stanno peggio di coloro che lavorano. Infatti tutta la sofferenza dei pensionati, è quella di avere la forza e di non poter lavorare. Vorrebbero lavorare, e dicono: non trovo lavoro! E quando possono, prendono altri lavori perché dicono: che devo fare a casa mia senza lavorare? Il fannullone soffre di più di colui che lavora, non sa che fare ed è sempre scontento; mentre chi lavora si ritira a casa contento, dorme, mangia ed è felice.  I frutti sono due:

L’uomo per avere un sollievo, un conforto, deve mettersi alla sequela di Gesù, quindi fare come lui ha detto: prendere il proprio giogo, la propria croce e poi imitarlo e fare come ha fatto lui, che è stato mite e umile di cuore.

L’umiltà di cuore è avere la convinzione che ciò che mi sta accadendo, nell’anima e nel corpo, è una cosa dovuta alla mia condizione di uomo, al mio essere peccatore. Non è una ingiustizia, come diceva Giobbe, che era disperato. Quando si calmò e accettò la sofferenza? Quando seppe dal Signore che quella sofferenza era una prova.

Hai peccato? Soffrirai, morrai.

Ogni malattia che ci fa tanto soffrire, è sempre preceduta dal dolore. Se io non ho il dolore ai reni, non mi accorgerò mai di avere i calcoli renali; per cui se ho la colica è un bene, perché attraverso questo dolore emetto il calcolo, mentre se non ho il dolore il calcolo si ingrandisce, occlude l’uretere da dove deve uscire l’urina e io muoio per avvelenamento di sangue.

La sofferenza è un bene che Dio mi dà, perché possa accorgermi di avere un male. Se noi non avessimo il dolore non sapremmo di avere un male. Difatti si muore di cancro perché quando viene questo male l’uomo non se ne accorge; se ne accorge quando non c’è più niente da fare.

L’umiltà di cuore. Umiltà di cuore significa accettare ciò che Dio attraverso la giornata ci dà come un bene a noi dovuto.

Dobbiamo imitare Gesù, fare come lui ha fatto. In modo particolare dobbiamo imitarlo in due virtù, perché è lui a dirlo: la mitezza e l’umiltà di cuore.