Amiamo per non temere – Lc 21, 25-28

Lc 21, 20-28 – La fine del mondo

da un ritiro ai catechisti tenuto da P. Francesco Chimienti O.M.

Grottaglie, 01.12.1985 

 

IL GIUDIZIO FINALE

(Lc 21, 25-28)

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Il fatto certo di cui ci parla Gesù è questo: “alla fine del mondo vedranno il figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande” (Lc 21, 27)

Per me la fine del mondo sarà quando morrò, e anche per voi, perché non sappiamo se vedremo la fine del mondo. Quindi per me la fine del mondo sarà la mia morte e allora per me questo mondo certamente finirà e incomincerà un altro mondo.

Quando morrò, dice Gesù, vedrò il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Questo è il fatto certo: Io vedrò il Cristo. Non lo mettete in dubbio, perché vi potreste trovare male!

Ma chi è questo Figlio dell’uomo? Il profeta Daniele, secoli prima che venisse il Cristo, ebbe una visione. Vide il cielo aperto, una grande luce, e degli angeli prendere un trono e metterlo al centro del cielo. Su questo trono era seduto Dio, mentre miriadi di miriadi, cioè miliardi di miliardi di angeli lo assistevano e lo servivano.

Il paradiso è tutto luce; al centro c’è un trono, su cui c’è Dio in una luce abbagliante. Da questo trono escono torrenti di fuoco.

San Giovanni ci ha spiegato che il fuoco è il simbolo della carità. Dio è carità e comunica questo fuoco divino agli uomini.

Io sono venuto a portare un fuoco sulla terra, dirà Gesù, e non vedo l’ora che divampi e trasformi tutte le anime. Sono venuto per ricevere un battesimo e non vedo l’ora di riceverlo.

Il desiderio di Cristo è quello della carità universale. Il profeta Daniele dice che miliardi di angeli assistono e servono Dio. San Giovanni nell’Apocalisse dirà che stanno con la faccia per terra dinanzi al trono di Dio: pregano, adorano, ringraziano e cantano. Isaia poi dirà che, tendendo l’orecchio per sentire le parole che cantavano gli angeli, udì: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo, i cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli! Questo è il canto degli angeli.

Il profeta Daniele dice che sulle nubi va incontro a Dio il Figlio dell’uomo. Questa è la prima volta che nell’Antico testamento si parla del Figlio dell’uomo.

Chi è questo Figlio dell’uomo? È il Cristo, il figlio di Dio, che è vero Dio e vero uomo. Egli si avvicina al trono di Dio, e Dio gli dà la potenza, la gloria e il regno. In altri termini gli dà la sua stessa potenza. Il Cristo è onnipotente, nulla è impossibile a lui; ha la stessa gloria del Padre, perché è uguale al Padre, è Dio come il Padre e avrà il regno, infatti Dio lo ha costituito Re dei re e Signore dei dominatori.

San Giovanni nell’Apocalisse dice che ha visto il Cristo su di un cavallo bianco, con un mantello intriso di sangue e con sulla coscia questa scritta: Re dei re e Signore dei dominatori. Dalla sua bocca usciva una spada, la sua parola, e dove arrivava colpiva, trafiggeva, uccideva e faceva risorgere.

Ecco chi è il Figlio dell’uomo: ha la stessa potenza del Padre, ha la stessa gloria del Padre ed ha il regno. Tutte le creature che furono, che sono e che saranno, saranno tutte soggette a questo Figlio dell’uomo, cioè al Cristo.

Quando Gesù, dopo essere stato incatenato fu presentato dinanzi al tribunale del sinedrio, Caifa, sommo sacerdote, gli chiese: Nel nome di Dio dimmi la verità: Sei tu il Figlio di Dio? Gesù rispose: Tu lo hai detto. Io verrò sulle nubi e siederò alla destra del Padre per giudicare i vivi e i morti.

Gesù ha affermato di essere il Figlio di Dio. Questo pensiero suscita in me il timore di Dio, che è uno dei sette doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio. Bisogna avere in testa il concetto preciso di chi è Dio, di chi è il Cristo; e se non lo vogliamo amare lo dobbiamo temere.

Il timore è un dono di Dio per mezzo del quale non compiamo il peccato. Io non commetto il male per due ragioni, prima di tutto per non dispiacere a Dio, per non offenderlo. Spesso noi non facciamo a casa nostra una determinata azione per non dispiacere alla mamma o al papà. Non è bene avere questo timore?

La seconda ragione per cui non compio il male è sapere che offendendo Dio, lui mi punisca con l’inferno. Ecco le due ragioni del timore di Dio: non offendere Dio e, nel mio interesse, non offenderlo per non andare all’inferno.

Bisogna avere un’idea precisa di Dio. Voi ed io siamo abituati a considerare Dio buono, misericordioso, Dio amorevole, Dio Padre e pensiamo di poter fare tutto quello che vogliamo nei riguardi di Dio, poiché lo offendiamo dalla mattina alla sera, senza che ci succeda niente.

Io vi ripeto le stesse parole della S. Scrittura. Dice Dio: Figli miei carissimi, non confondete la mia pazienza con l’impotenza. Io sono paziente, longanime, misericordioso, tardo all’ira, forte nell’amore, perché mi siete figli e vi voglio salvare, ma la mia pazienza si esaurisce nel tempo della vostra vita. Dopo vi presenterete dinanzi a me ed io, da padre e da fratello sarò il vostro giudice. Allora non avremo avvocati e non potremo imbrogliarlo, perché dinanzi a lui tutto è scoperto, tutto è nudo e tutto è presente. Tutto ciò che pensiamo, che diciamo e che facciamo è scritto nel libro della vita. È tutto registrato, e quando morremo e ci presenteremo dinanzi a lui ci chiederà conto della nostra vita. Se hai fatto il bene, avrai il premio; se hai fatto il male, avrai il castigo.

Dio non sarebbe giusto se premiasse i cattivi e condannasse i buoni. Giustizia vuol dire dare a ciascuno il suo: a chi ha fatto il bene, il premio; ma a chi ha fatto il male, il castigo.

Quando morremo vedremo Dio così com’è, non più come padre e fratello, ma lo vedremo come giudice, che ci giudicherà e ci darà quello che ci tocca.

Quando ho letto queste parole: “Vedremo il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con potenza e gloria grande”, ho pensato a Gesù Sacramentato. Il Figlio dell’uomo di cui parla Gesù, è qui nel tabernacolo?

Oggi nell’umiltà e nel nascondimento egli non fa vedere la sua gloria, la sua potenza e il suo dominio, perché se li vedessimo rimarremmo atterriti; ma veramente è presente. Qui voi lo pensate solo, ma non è solo, perché qui c’è il paradiso, qui ci sono miliardi di angeli che lo assistono e lo servono. È solo nei riguardi dell’uomo, cioè spesso in questa chiesa non c’è nessuno che prega, che adora, che lo ringrazia, però non nei riguardi del cielo. Se noi lo potessimo vedere, lo vedremmo circondato dagli angeli e scapperemmo subito, tanto sarebbe lo splendore! Rimarremmo accecati, annientati, nel vedere la grandezza, la bellezza e la grandiosità del Cristo adorato, ringraziato e servito da miliardi di angeli. È per questo motivo che il Cristo si nasconde. Però è questo stesso Cristo che noi incontreremo nel giorno della nostra morte, per essere da lui giudicati. È meglio amarlo adesso, è meglio servirlo adesso, anziché temerlo domani!

Il fatto certo è questo: noi morremo e ci incontreremo col Cristo. Lo vedremo certamente ed egli ci darà il premio o il castigo.

Questo pensiero era talmente presente al Cristo, che lo ha detto infinite volte nel vangelo: State attenti, perché verrò e voi renderete conto a me. Non fatevi sorprendere, perché verrò come un ladro di notte.

Gesù ha sempre parlato della sua seconda venuta, tanto è vero che gli apostoli hanno fatto della sua seconda venuta un motivo centrale della loro predicazione, e i fedeli pensavano che il Cristo dovesse arrivare da un momento all’altro. Gli apostoli hanno dovuto scrivere delle lettere per correggere questa loro idea, affermando: Il Cristo verrà, ma non ci ha detto l’ora, né l’anno o il giorno. Dobbiamo vivere la nostra vita, ma quando verrà renderemo conto a lui della nostra vita. La sua venuta non è imminente, perché mille anni dinanzi a Dio sono come il giorno di ieri che è passato; duemila anni sono come due giorni dinanzi a Dio; per fare tre giorni dobbiamo aspettare altri mille anni. Pensate che cosa sono gli anni dinanzi a Dio! Lungo il corso dei secoli la Chiesa ha sempre trasmesso ai suoi fedeli il pensiero che ci incontreremo col Cristo e che le nostre parole, i nostri pensieri e le nostre azioni dovranno essere giudicate. Con la riforma del 1965, ha preso questo concetto di Gesù, ripetuto dagli apostoli e dalla Chiesa primitiva, e l’ha introdotto nella S. Messa, in modo che i cristiani ricordino la verità della seconda venuta del Cristo. Infatti alla consacrazione il sacerdote dice: “Mistero della fede”, e voi rispondete: “Annunziamo la tua morte o Signore”, perché con la morte il Cristo ha distrutto il peccato, e adesso per noi c’è la salvezza.

“Proclamiamo la tua risurrezione”. Prendiamo una tromba e diciamo a tutti, a coloro che sentono e a coloro che non sentono, a coloro che vogliono sentire e a coloro che non vogliono sentire, che il Signore è risorto, cioè diciamo a tutto il mondo che, oltre a questa vita, esiste un’altra vita, perché se il Cristo che era un uomo come noi è morto e poi lo abbiamo rivisto in vita vivere la seconda vita, anche noi morremo ma risorgeremo e vivremo un’altra vita.

“Nell’attesa della tua venuta”. La vita di oggi la vivremo nell’attesa della venuta del Signore, che quando verrà ci giudicherà e ci dirà: Vai a vivere in cielo, perché hai fatto il bene; oppure: Vai a vivere nell’inferno, perché hai fatto il male!

Ecco il pensiero dal quale dobbiamo essere presi ogni giorno: Renderò conto di questa azione, di questo pensiero e di questa parola a Dio! Nulla sfugge al suo sguardo.